those who rend asunder

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    helishev

    pov. Caposquadra Helishev Geloeletta,
    Dacassia, uffici di reclutamento.

    La chiamavano Geloeletta, come quegli atlassiani che, per una ragione o per un'altra, erano stati scelti dal Gelo affinché ne facesse nuovi uomini e donne gelidi.
    In lei, il cambiamento non era ancora completo, ma era lo stesso facilmente intuibile dagli occhi, che brillavano di una luce sinistra, che ricordava i riflessi del ghiaccio. Cambiamento che lei non aveva alcuna ragione di nascondere e che sfoggiava come motivo di forza ad ogni ancata, mentre ad una esasperante settimana dell'incontro con l'odioso Lord Atalcais, ispezionava finalmente le prigioni alla ricerca di rifiuti umani bastevoli alla loro causa. Davvero non capiva, il signore di Dacassia, che erano lì al solo sopo di difendere lui e tutta la sua gente? Come poteva essere così cieco? Il Capitano le aveva dato le sue spiegazioni, certo. Semplicemente, non era rimasta soddisfatta dalla risposta.
    Dal canto suo, aveva freddamente proposto ad Haidar, qualche giorno prima, di portare con loro qualche... amabile resto da mostrare. Una donna, o forse un bambino, mutilati dalle creature delle faglie, da gettare ai piedi degli attempati nobiluomini che avessero incontrato. La paura avrebbe fatto il resto. Il Capitano non s'era detto d'accordo: non è terrorizzando qualche signorotto di campagna che otterremo il loro favore, diceva, e lei non aveva particolari elementi per affermare il contrario, dopotutto. Persino l'hederati Dorvast le aveva indirizzato una di quelle sue occhiate sconcertate e tacciata di poca umanità e meno ancora cuore, frasi a cui ella aveva replicato. Non è col buon cuore che ricacceremo quelle bestie nel loro abisso, aveva detto. E lei davvero sentiva che era così. Per questo motivo, qualche omicida o criminale poteva essere loro utile. Preferibilmente vivo.

    Aveva insistito col capo-squadra più anziano di scendere da sola nelle carceri e lui aveva infine bonariamente acconsentito. Per qualche bizzarra ragione, erano entrambi più accondiscendenti l'un l'altro senza qualcuno, come il Capitano, a fare da paciere per eventuali battibecchi: lui li aveva lasciati la sera prima, subito richiamato al fronte. Qualcosa non stava andando per il verso giusto e anche Dorvast avrebbe abbandonato Dacassia a breve. Questo l'avrebbe lasciata da sola, da capo-squadra di recente nomina, a guidare uomini che aveva scelto lei, fatto che disturbava l'hederati. A differenza del compare caposquadra, Helishev non aveva un criterio consolidato da anni di esperienza. Più gelidi che atlassiani, diceva il gigante. Mai dalgoniani, che in effetti sarebbero stati un gran bel vedere nel gelo del Nord, mai ladri, di cui non ti puoi fidare. Più un'altra mezza dozzina di ordini di valutazione che lei non sentiva di dover rispettare.
    Si lasciò guidare dall'istinto, cella dopo cella. Un'occhiata, aveva deciso, era sufficiente: se quegli uomini non le avessero dato una buona impressione all'istante, li avrebbe lasciati lì a marcire. E dal momento che un soldato non poteva essere tenero di cuore, né facile da impressionare, il suo personalissimo modo di scartare gli indegni era di piantare i suoi occhi estranei su di loro, come una spada che ferendo agghiacciava. Alcuni di fatto raggelavano, membra e spiriti troppo molli. No, a lei servivano uomini che avessero conosciuto la paura, perché le creature che si apprestavano a combattere non ne avevano. Alla fine, alleggerirono il peso delle carceri di Dacassia di otto dei suoi peggiori mostri. Almeno tre di loro avevano condanne a morte da lì a pochi giorni, e l'idea di calzare pur solo per qualche tempo i panni di un Campione, beh, della feccia portava loro gli scudi e puliva loro gli stivali, non era così male, dopotutto. Se questo poi avesse allungato le loro ridicole vite, tanto meglio. Altri, al contrario, su cui non pendeva la falce della morte, avevano rifiutato, terrorizzati all'idea di finire inghiottiti dagli aberranti, di cui non si erano mai curati. Comprensibile, s'era detta, dal momento che quella era effettivamente la fine che avrebbe spettato a molti di loro, ma assolutamente stupida, poiché se non li avessero fermati, qualunque cosa essi fossero, quei mostri avrebbero presto raggiunto la città e finito con l'uccidere tutti quanti. Se dei Campioni del Gelo non erano riusciti a fermarli, che speranze potevano avere i mal addestrati, mal equipaggiati soldati delle mura di Dacassia?

    Tornarono negli uffici che era ancora mezzogiorno, i carcerati della città che erano diventati di loro proprietà, ancora legati alle loro catene. La processione, dalle prigioni alle casupole predisposte al reclutamento dei volontari, non fu particolarmente trionfale. Alcuni, in città, accolsero i Campioni, le loro divise bianche e azzurre, i loro farsetti stretti e gli stivali lunghi al ginocchio col rispetto che era loro dovuto, inneggiando alle loro gesta. Altri, però, sembravano più interessati a schernire i prigionieri e per qualche ragione questo infastidiva a morte Helishev, che era tutta occhiate e smorfie.
    I prigionieri non erano più al suo seguito, però, su suggerimento di Dorvast, che li scortò in stanze private per far loro qualche discorsetto, che prevedeva forse sonore legnate allo scopo di cancellare loro il risolino dato dalla ritrovata, seppur alquanto relativa, libertà. Non è saggio mostrare ai cittadini liberi la feccia che li avrebbe accompagnati, aveva detto. La donna s'era trovata d'accordo, ed attendeva ora nel padiglione principale col resto della sua squadra, che contava, fra gli altri, un numero straordinariamente piccolo di Campioni del Gelo, anche per essere appena stata promossa. Erano appena tre. E sapeva perfettamente il motivo. Persino le milizie regolari del Regno che li avevano accompagnati erano poche e tutti quanti osservavano la donna con sospetto.
    Per lei, però, questo non era importante. Sapeva che la città, i villaggi vicini, le taverne più remote erano state tutte tappezzate dei cartigli di reclutamento, che indicavano la città di Dacassia come meta per quanti volessero abbracciare la loro causa e difendere l'Hederath dagli aberranti di Nash Andii.
    Con le sue mura in pietra grigia e la sua posizione sopraelevata, arroccata su una assai inusuale e ripida formazione rocciosa, le mura di Dacassia svettavano facilmente nelle pianure smorte e sempre uguali delle steppe ed era semplice da trovare, persino per chi non avesse mai calcato quelle terre. La città non era particolarmente conosciuta: non aveva mai vissuto un periodo di reale splendore, assai distante dalla più celebre Theral attorno al quale si accumulavano le ricchezze di Nash Andii, e chiusa come essa era da una tenaglia potenzialmente mortale di aberranti e uomini non pullulava certo di stranieri né mercanti. Lo stesso, le sue strade erano tenute in una condizione pressoché impeccabile per ordine di Atalcais e i suoi abitanti non sembravano intenzionati a rimanere sigillati nelle loro casupole, che solo man mano che ci si avviava al centro della città erano di pietra.
    Helishev attendeva fiduciosa nel palazzotto destinato ai Campioni, uno degli edifici più robusti situato proprio a lato della colorata piazza principale, che mercenari o semplici volontari si presentarono agli uffici di reclutamento. La donna si muoveva avanti e indietro portando alla bocca nella maniera meno femminile possibile piccoli pezzi di corteccia di neroviglio, una pianta delle paludi di Veh Dreyva che assumeva quando masticata la consistenza e l'aspetto di un mosto viola.
    «Nome, generalità e possibilmente storia in armi.» L'atrio non sarebbe stato esattamente gremita di persone, lo stesso, si sarebbe rivolta a loro come ad un grande pubblico, a voce chiara, alta, che fuoriusciva raschiante dalla bocca impegnata dallo stimolante. Avrebbe usato le medesime parole con chiunque avrebbe varcato quella soglia ed avrebbe spolpato vive le reclute con gli occhi.

    »QM Point



    Edited by Blackthorn - 16/11/2019, 21:21
     
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    Those who rend asunder

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    Quando si preannunciano eventi catastrofici si tratti di guerre, cataclismi o epidemie, i gruppi civili si agitano apparendo persi senza un reale piano di azione e reazione. I potenti invece, quelli che solitamente muovono le pedine entrano in scena rassicurando il proprio popolo, dando anche la parvenza che gli importi davvero qualcosa di quei bambinetti accompagnati dalle loro decrepite nonnine e quegli straccioni di contadini che sgobbano ogni giorno della loro esistenza senza nemmeno avere il tempo di pensare dove realmente si trovano e perché la loro vita faccia così pena se comparata a quella dei pochi, ricchi potenti. Se forse si fermassero a pensare, se almeno ne avessero il tempo capirebbero che tutta questa preoccupazione per loro, per le vite contenute in quella sperduta cittadina nel bel mezzo dei ghiacci perenni non è certamente per le persone che vi abitano, per quel bambinetto che gioca con la nonna, o per lei piena di acciacchi, nemmeno per il fattore che sgobba dal dì alla notte rallegrandosi per un'albero attecchito. I potenti non ragionano in relazione alla vita, ma in relazione all' interesse che questa può portare al loro personale tornaconto quale forza lavoro, produttività e il capitale che un certo luogo può dare. Ma in questo caso visto che questo ammasso di mura sperduto nel nulla non incide poi tanto nell'economia del paese si agisce per un altro ''nobile'' intento; la volontà di possesso. I regni come si sa cercano sempre di espandersi, per farlo ci sono tantissimi metodi e strategie ma se vogliamo farla semplice possiamo dividerli in due modi: il primo è quello di espandersi e conquistare luoghi vergini, quei luoghi dunque dove la civiltà non è ancora approdata, liberi quindi da ogni giurisdizione civile. Il secondo invece, assai più gettonato al giorno d'oggi è quello che prevede la conquista di un luogo, con qualsiasi mezzo inclusa ovviamente la violenza, e così si va per razzie di ogni genere, abusi sulla popolazione e violenze protratte dal carnefice che deve necessariamente piegare il luogo conquistato. Ed è proprio per questa volontà di possesso che i potenti del Regno del Nord si trovano a difendere una cittadina dalla imminente minaccia degli Aberranti, la si difende quindi oltre che per l'utilità necessaria o inesistente che sia soprattutto per il desiderio di possesso, per non perdere un territorio perché l'umanità ha sempre avuto quella presunzione di poter piegare la natura, di potersi ribellare anche a quelle creature che sono state concepite direttamente dalle viscere del pianeta, dal ventre stesso del divoratore.
    Il ragionamento adottato dal Regno lo trovai e lo trovo tutt'ora del tutto comprensibile, dopotutto è quello il compito dei potenti: avere potere.
    Il potere è rappresentato dalle armate, la forza lavoro e soprattutto il territorio e se questi vengono a mancare, allora il regno si indebolisce.
    Quando venni avvertita da un caro amico della accademia di Alioth studioso delle creature dell'oblio che un nuovo caso di aberranti si era manifestato al Nord, mi contattò senza porsi remore in quanto al corrente che durante il mio periodo di pellegrinaggio per accrescere i miei poteri m'imbattei in una di quelle creature, sconfiggendola. L'impresa fu a dir poco titanica e devo ammettere che la fortuna giocò largamente dalla mia. La mia esperienza per lui e per gli altri studiosi dell'oblio fu fonte assai redditizia ma la cosa che mi spinse a partire non fu la mera ricerca, o la volontà di sconfiggere quelle creature che sono caos puro, ma ben sì quella di entrare a contatto con il sistema del nord. Non ho mai ammirato il nord nè tanto meno sono mai stata interessata ad averci legami, fino a quando dieci anni orsono la mia casata fu distrutta per mano dell'impero di Qytir, considerando il fatto che il Baluardo è storicamente il primo rivale dell'impero per la quale provo un profondo astio, mi è sembrata la giusta occasione per aiutare il Nord ed iniziare a tessere la tela di alleanze che mi aiuterà a riportare la mia casata in vita. Mi sono già fatta notare dalle forze marittime di Lothringen (tieniti stretti gli amici ma ancor più stretti i nemici come si suole dire) con la mia ultima avventura nella quale ero guidata da una scialba capitana che pare al suo recente sbarco presso un'isola sperduta ai confini del mondo conosciuto(al quale ho assolutamente rifiutato di parteciparvi) sembra non abbia mai più fatto ritorno, era una vera incapace non mi stupisce che abbia fatto una brutta fine.

    6e8qPIw


    Dopo un lungo viaggio arrivai presso i ghiacci perenni del Nord, mi ritrovai innanzi ad una gelida alta e fiera dagli occhi di ghiaccio, giusto per essere svenevolmente scontati. Ovvietà a parte capì subito che la luce emanata da quegli occhi era di chi stava iniziando una transizione da umano a campione del gelo, vengono anche chiamati galeotti o nel suo caso sarebbe più consono definirla come Galeotta. Certamente per lei doveva essere un motivo di lustro, dopotutto era una prescelta dal gelo, si vede che il gelo non bada alle buone maniere, il modo insistente e sgraziato in cui masticava quella poltiglia nera mi faceva letteralmente accapponare la pelle.
    «Nome, generalità e possibilmente storia in armi.»
    Riecheggiò la voce severa della gelida in quell'edificio scarno dalle spesse mura di pietra.
    Feci rintoccare in due schiocchi il bastone sul pavimento, il suono riecheggiò per la sala e soltanto dopo essermi accertata di avere attirato l'attenzione della gelida proferii parola.

    -''Ho fatto un lungo viaggio... prima di partire da Alioth mi sono presa la briga di mandare una lettera presso l'indirizzo di questa cittadina. Ho comunicato già lì tutte le mie competenze.
    Ad ogni modo le presentazioni sono un'obbligo formale imprescindibile.
    Mi chiamo Cassandra Marinella Galatea della casa Caltier, sono in grado di manipolare l'arcano in molte delle sue sfaccettature.
    In passato ho avuto modo di aver a che fare con quelle creature che vengono definite per nome e di fatto aberranti, sono riuscita a sconfiggerne uno ma non nascondo il fatto che sia stata un'impresa ardua. Purtroppo credo che la mia esperienza non sarà fondamentale, studi compiuti da colleghi dell'Accademia di magia affermano che quelle creature siano catalogate come esemplari a sé stanti, ogni aberrante quindi è tendenzialmente differente.
    L'unica cosa che hanno in comune è il famelico istinto.''

    -''Siamo stati ben messi a parte del vostro arrivo, Cassandra della casa Caltier.
    Il capitano si è raccomandato più volte di tenervi in vita, o qualcosa del genere. Dal canto mio, spero vivamente non siate qui in gita di piacere. Ma di questa terribile minaccia che sta per abbattersi su tutti noi parleremo a breve.
    Ho letto il rapporto riguardo l'incidente. Non di meno, approfondiremo la vicenda in privato.''

    Ricordo come se fosse ieri non solo il suo aspetto, non soltanto i suoi denti neri che masticavano ossessivamente quel mosto, ma anche la sua voce era sgraziata. Il suo atteggiamento invece, anche se celato dimostrava ostilità. Mi chiedevo se fosse davvero così inetta oppure volesse soltanto provocarmi quando insinuò che la mia ipotetica partecipazione potesse essere mossa dal pretesto di una ''gita di piacere''. Notai allora la sua condizione, quando scandì quelle parole sul suo volto è come se si fosse materializzata una cornice rivelandomi un ritratto ben conosciuto che raccontava della sua condizione esistenziale: una galeotta appartenente ad un ceto sociale inferiore. La società è fatta di caste e queste sono necessarie poiché il potere deve essere necessariamente nelle mani di pochi, purtroppo questo causa malcontento che si tramuta in astio nei confronti di ciò che in questo caso lei non potrà mai essere. Questa meccanica può essere applicata a così tante sfaccettature della vita , chi invidia la bellezza è perché non ne è in possesso e così per qualsiasi cosa non si possegga. Tutti noi bramiamo ciò che non abbiamo, è la condizione di infelicità alla quale siamo condannati. Fortunatamente io partii nel mio percorso con una buona dose di talenti e questi mi sarebbero assai serviti.

    -''Gita di piacere dice? Di certo soltanto uno stolto per puro divertimento verrebbe qui nel bel mezzo dei ghiacci a per combattere gli aberranti. No, io sono qui per proteggere questa sperduta cittadina del grande Regno del Nord. I territori vanno difesi, e per difenderli c'è bisogno di forza ma a quella alle donne e gli uomini del Nord non manca certamente, io porto le mie competenze quali conoscenza e maestria, è stata quindi una vocazione etica a portarmi fin qui.''


    Le risposi senza cogliere il suo astio, ma evidenziando comunque la stupidità delle sue parole.

    -''Faremo dunque in modo di mettere a frutto tali competenze.''

    Rispose lei.
    Distolsi lo sguardo, ormai i convenevoli erano stati onorati ed io non volevo continuare a guardarla ruminare come un mulo.


    ⚜ Salute incolume
    ⚜ Mana 100%
    ⚜ Energia Gialla
    ⚜ Equipaggiamento: Manipolazione dei Capelli {Arma Naturale Livello I - Armatura Naturale Livello II}

    Abilità Passive

    Carisma Ipnotico
    Cassandra è una donna eloquente e schietta, la sua sicurezza traspare sia dal suo illustre portamento che dal suo modo di esprimersi. Cassandra ha l' aria di una personalità importante al pari di un re o un' imperatore. La sua presenza è in grado di attirare l' attenzione delle folle attraverso la sua immagine longilinea sicura e raffinata, il suo sguardo superbo e sicuro di sè ha un aurea ipnotica, in grado infonde soggezione a chi la mira. Ma è quando ella parla che tira fuori il meglio di sè, grazie alla sua vasta cultura e il suo modo di mettere in riga le persone dà l' idea di essere una perfetta leader, una persona che vale la pena ascoltare tanto per la sua autoritaria presenza, quanto per la sensazione di sicurezza che ella riesce ad infondere nelle persone. La sua grande sicurezza e la conoscenza della psiche la porta ad non essere incline ad influenze altrui.
    {Malia di carisma + Anti malia}

    Arcani Poteri
    Cassandra è un'umano antico, essi dispongono di un grande potenziale magico che ella ha saputo coltivare in maniera assai approfondita, detiene infatti un perfetto controllo dei suoi grandi poteri.
    I suoi poteri durante il corso degli anni sono accresciuti in maniera sempre più grande, diventando una potente maga. Ella è in grado di manipolare l' arcano fuoco primordiale, l' energia delle saette e il gelido ghiaccio, che in combinazione con il fuoco può divenire acqua della quale è capace di controllarne la temperatura.
    Un' altra delle sue abilità è legata alla manipolazione dei capelli, infatti può usare la propria chioma come un' arma dotata di grande resistenza.
    I suoi poteri non si limitano alla sfera elementare, grazie alla sua predisposizione naturale e lo studio di arcane scritture ella è stata in grado di apprendere e sviluppare i segreti dell' arte del controllo della psiche. Queste speciali abilità le permettono di manipolare i sensi altrui e di creare potenti illusioni nella mente dei propri avversari.
    Le sue capacità mentali sono così avanzate che potrebbe ipnotizzare folle intere di persone o creature se solo lo volesse.
    {Potenziamento alle attive di tipo offensivo mentale + medio + Azioni offensive e supporto pieni ad area + Possibilità di scelta dei bersagli coinvolti in tecniche ad area + giustifica di manipolazione dei quattro elementi.}
     
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    Mondar - Nash Andii (Prima)

    I volatili che tendono ad andare via dal nido prematuramente incontrano sempre un tragico destino. Non avendo ancora imparato a volare - ad essere indipendenti - finiscono contro il terreno. Aveva rischiato di morire quando decise di avventurarsi presso un villaggio abbandonato alla ricerca di tracce di Entità. Aveva osato troppo e ora il suo corpo era diventato un monito della sua più bruciante sconfitta. Numerose cicatrici solcavano il suo corpo, ricoperto parzialmente dalle fasce sotto il vestiario. Esse giungevano sino al volto, prima d'ora pulito e perfetto, e ora deformato sul lato sinistro dalle scottature di alto grado.

    Era stata prelevata in tempo. Aveva ricevuto le cure necessarie, questo perché era sempre tenuta sotto osservazione. Aveva sempre qualcuno dietro che la copriva in caso di fallimenti. Quando ricevette la notizia della presenza di una delle Entità nella regione vicina d Nash Andii, non esitò a cogliere l'occasione di risollevarsi. I suoi pericolosi istinti dovevano trovare uno sfogo e più rimaneva immobile, più il suo respiro si faceva affannoso e man mano emergeva - come inchiostro nell'acqua - la malsana idea di fare una carneficina. Stavolta, si assicurò di non avere nessuno ad emulare le sue tracce.

    Purtroppo però le cose non vanno sempre come si vorrebbe, né tanto meno ci si può aspettare un esito così inimmaginabile. La creatura aveva posseduto i corpi e le menti di vari cittadini, e ciò non aveva fermato l'aggressività, l'irruenza e la sete di sangue della giovane cacciatrice. Per lei, non c'era ostaggio capace di fermarla. Non aveva le capacità per fermare un simile potere, né tanto meno la fuga di chi si era nascosto per anni in quella cittadina, sfruttando una società che non gli apparteneva - che non apparteneva ad entrambi, giacché preda e predatore sono sempre legati indissolubilmente da un filo rosso. Garantendo imparzialità e parità di colpa a entrambe le parti.

    Provata, non poté opporre resistenza quando le guardie la trovarono sporca del sangue degli abitanti, innocenti ai loro occhi, ma non per lo Sparviero Silente che reputava loro colpevoli di essersi fatti ingannare e comandare come marionette. Tuttavia, non poteva dimostrare diversamente, o almeno non sul momento. Non poteva parlare - non che avesse mai sentito la necessità di farlo - né dimostrare in alcuni modo che si stavano sbagliando. Non l'avrebbero creduta, e anche se fosse, non erano così facile rilasciare una sentenza decisiva per una situazione del genere, apparentemente ingiustificata. Per questo venne trattenuta e rinchiusa.

    Dacassia - Nash Andii (Ora)

    Un giorno, senza preavviso, una donna dai capelli corvini raccolti in una coda alta si fermò davanti la sua cella. Non le aveva fatto una proposta, ma le aveva rivelato il suo prossimo destino. Parole al vento, giacché senza la sua spada, nessuno potrebbe con gentilezza far smuovere il suo viso e attirare il suo sguardo del colore della speranza. Una speranza di odio e rancore, la quale con arroganza non incrocio gli occhi di ghiaccio di Helishev Geloeletta, segnata sull'altro lato del viso, per motivi ignoti e poco interessanti.

    Dovettero usare la forza per farla uscire da quella gabbia. Poco tempo lì e si era già abituata, adattata alle nuove regole. Era passata da una prigione gigantesca ad una minuscola, e più rimaneva lì, più cresceva il desiderio di uccidere. Al tempo stesso, sopito e strozzato dall'impossibilità di riavere la sua libertà. Ma ora aveva un'occasione e per quanto si agitasse per non voler sottostare agli ordini di quelli che ora erano da considerare "più forti" di lei, desiderava con tutta se stessa tornare a respirare l'aria esterna e avere l'occasione di sfogare i suoi più macabri e oscuri istinti.

    Energia: Verde
    Salute: 75%
    Energia: 100%

    Equipaggiamento:
    - Becco dello Sparviero Silente [Katana (Livello 1)]
    - Manto dello Sparviero Silente [Armatura (Livello 1)]

    Passive:
    - Preda e Predatrice [Bonus: +1 Precisione]
    - Lo Sparviero Silente [Bonus: +1 Maestria Spada (Difensiva), Percezione Pericoli, Percezione Intenzioni, Anti-Malia][Malus: -25% Salute]
    - Brivido della Caccia [Anti-Auspex Uditivo]
     
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    Lux Crownguard

    ~Dacassia


    Q
    uando Lux lasciò la fortezza di Swordstone, iniziò a viaggiare in lungo e largo per il nord e le sorelle, aiutando ogni bisognoso che incontrava sul suo cammino. Li aiutava con la sua magia ma anche con le sue conoscenze e con la sua fede, cercando, in ogni occasione, di far conoscere al prossimo la storia del Dio della luce. Era a lui che doveva buona parte dei suoi poteri e per questo lo ringraziava, perché era lui che le permetteva di continuare quello che aveva sempre voluto fare da quando aveva lasciato prima Demacia e poi l'accademia di magia.

    Per quanto la regione delle sorelle fosse piena di gente bisognosa, Lux preferiva volteggiare a nord, dove i pericoli parevano maggiori e dove, per questo, l'aiuto e il calore del signore della luce serviva.

    Libro ... dici che un giorno riusciremo a riparare queste terre chiudendo le fratture con qualche incantesimo? Sai ... sarebbe davvero carino.
    Si risolverebbero tanti problemi.

    Sì ... lo so che è difficile ... hai qualche incantesimo per aiutarmi?

    Come non sono ancora pronta? Uhhhh ... allora c'è!

    Daaaai ... dimmelo ...

    Vabbé, in futuro.


    Lux era solita parlare con il suo libro magico, un tomo che le volteggiava attorno e che solo lei poteva sentire.
    Sì, qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse parlando da sola ma lei non ci faceva particolarmente caso.
    La giovane Crownguard si trovava in quelle lande dopo aver trovato un volantino qualche giorno prima, una richiesta d'aiuto per affrontare quelle creature del signore dell'oscurità e della notte.

    Da Cassia ... Da Cassia, avevano detto da quella parte, vero?
    Chissà chi è Cassia.

    Eh? Ahhh Dacassia, sìsì ... ero pensierosa.


    Il viaggio non era stato particolarmente lungo per Lux che per lo meno aveva la compagnia di Libro.
    Era il primo pomeriggio quando finalmente le mura di Dacassia svettarono davanti alla ragazza. Le mura di quella fortezza erano davvero alte, come quelle di Demacia ma al contrario di casa, dove erano bianche come le nuvole, quelle invece erano grigie e decisamente più rozze.

    Entrata nella sala al cospetto della semifredda, Lux rimase in silenzio in un angolino ad osservare la maga rossa che era decisamente più potente della giovane bionda. La lasciò parlare, scoprendo con una certa felicità che era una nobile e che soprattutto era anche lei delle sorelle.
    Finita la sua presentazione, fu la Crownguard ad avvicinarsi sorridendo arrivando al fianco di Cassandra ma tenendosi a distanza di qualche passo.
    Come sempre, il suo libro volteggiava alle sue spalle, dicendole di stare tranquilla ... tutto sarebbe andato bene. Beh, lo sussurrava nella sua mente, lei era invece concentrata a fare bella figura davanti a tutti, voleva esser presa ... voleva aiutare.

    Salve a tutti,
    Io sono Lux Crownguard di casa Crownguard di Demacia.
    Città stato Delle Sorelle.


    Esordì inchinandosi gentilmente. La donna davanti a lei non ispirava certo il calore che tanto lei andava disperdendo in giro con la sua magia ... era fredda come quelle terre.

    Sono stata studente dell'accademia di magia dove ho imparato le basi degli incantesimi curativi.
    Ho anche studiato presso la fortezza di Swordstone dell'ordine del Frammento di cui sono ora sacerdotessa.
    Non ho mai combattuto ma ho imparato numerosi incantesimi grazie al mio Dio per assistere gli altri,
    sono sicura di poter dare una mano nella battaglia contro le creature impure!


    Aggiunse in fine con un po' troppa foga chiudendo gli occhi.
    Lo sguardo della "semifredda" la metteva a disagio ma non voleva darlo a vedere.

    Energia: 100%
    Condizione fisica: Buona
    Condizione mentale: Tesa
    Riassunto: - - -

    Abilità Passive
    ~ Siamo fatti così!
    [Metagioco][1 Slot][Abilità di Conoscenza (Anatomia)]

    ~ Voto di protezione
    [Metagioco] [6 Slot]
    [Annulla dimezzamento effetti ad area di supporto, difesa e danno]

    ~ Giovane Lady
    [Abilità di Malus][Alto di Salute][+6 Slot]

    ~ Bellezza solare
    [Caratterizzazione][1 Slot][Passiva Malia di Carisma]

    ~ Concentrazione assoluta
    [Metagioco][Scelta dei bersagli ad area][1 Slot]



    Code by TsundereBoy



    Edited by TsundereBoy - 29/7/2019, 10:05
     
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    helishev

    pov. Caposquadra Helishev Geloeletta,
    Dacassia, uffici di reclutamento.

    Nel corso delle presentazioni, Helishev non ebbe proprio modo di dirsi impressionata. Sul grosso dei volontari, per lo più mercenari più o meno consumati, furono addirittura due laendreliane a spiccare di più e per tutti i motivi sbagliati. Erano ambedue praticanti di magia di nobili origini, fin troppo attraenti per i canoni del Tövis, ed entrambe avevano in comune chi un presente, chi un passato nell'Accademia di Magia, ma null'altro le accomunava, nondimeno riuscirono nell'interno di turbarla proprio allo stesso modo. La geloeletta non le aveva notate fino ad allora, se non per il loro abbigliamento inusuale, perché di quanti avevano manifestato l'intenzione di unirsi alla spedizione Cassandra Caltier e Lux Crownguard non erano le più prestanti, né probabilmente le più educate alla guerra. Ciò che entrambe soprattutto difettavano era una certa gravità dello sguardo che potesse differenziarle da quanti, di loro, sognavano invece di onore e gloria, e benché nessuna delle due avesse ammesso così a gran voce un tale intento, la caposquadra rimaneva perplessa.
    Fu per quello che non protrasse troppo i convenevoli, ma non sorrise neppure, così come non aveva fatto con nessuno di loro. Lasciò invece baluginare una volta di più qualche sospetto sulla loro reale motivazione, quando non proprio sulle loro competenze.
    Andò avanti, interrogando con fare sbrigativo un'ultima coppia appena entrata di non più giovanissimi che, però, profumavano ancora di latte tanto doveva essere la loro esperienza in armi. Calzavano indumenti semplici da garzoni ed avevano braccia e gambe molli, addestrati male ed armati peggio, chi mostrando con orgoglio l'ascia del padre e chi mulinando una lama che non aveva visto tanto esercizio, tanto linda da sembrare finta. Li rispedì entrambi dalle loro madri, poco comprensiva, ammonendoli di assicurarsi la maggiore età, «...prima di andare in giro a morire come degli idioti!» Sbottò in maniera feroce, il chiaro intento di disilludere i meno navigati che pure non aveva rifiutato.
    «Quanto a voi, mi aspetto le vostre intenzioni siano diverse dalle loro.» Disse rivolgendosi all'intero corpo di volontari. «Non siamo interessati a nessuno che non abbia ricevuto un addestramento e che non sappia che farsene dell'arma che porta, perciò valutate bene le vostre capacità. Misurate bene i vostri talenti. I più codardi possono restarsene qui a grattarsi il culo e pregare la divinità che più gli piace per un aldilà migliore, perché lo sa il cielo se avrete da vivere alla fine del mese, se uomini migliori di voi non faranno qualcosa.
    Il vostro compito è permettere loro di farlo, e se non siete ancora stati cacciati a calci come quei bambini là fuori è perché penso che potete riuscirci. Avere un briciolo di utilità per questo paese. Ora potrete servire l'Hederath e alcuni di voi potrebbero restare persino vivi abbastanza da sperperare la loro paga in troie, cibo o calzari nuovi, o magari andare al Baluardo per ricevere un addestramento serio e mettere a frutto la propria vita, divenendo così qualcosa di utile al pari di quelli qua dietro.
    »
    Si lanciò un'occhiata alle spalle verso la mezza dozzina di Campioni del Gelo che la precedevano e in misura minore verso i poco più numerosi soldati delle milizie regolari assiepatisi all'uscio di un corridoio.
    «Di cosa deciderete non potrebbe fregarmene di meno, ma finché sarete qui, farete capo ad Helishev.» Si presentò sbrigativa, battendo i polpastrelli della mano sinistra sul petto devastato. «Ogni cosa che farete mi riguarderà. Piscerete e cacherete quando lo dirò io, berrete e mangerete quando avrete il mio permesso. Servirete i Campioni del Gelo e farete da scudo per le città di Nash Andii affrontando l'ennesima minaccia che le voragini hanno deciso di vomitare. Sarete considerati soldati votati alla nostra causa - e nulla più di questo. Non più nobili, non più conti, né qualunque sia il vostro maledetto titolo, perché il vostro nome non vi servirà a nulla quando loro arriveranno e non è sostitutivo delle vostre capacità. Dovrete fare affidamento solo su quelle, sui vostri compagni e obbedire gli ordini. Verteranno su di voi tutte le regole dei Campioni, ma nessun loro beneficio salvo diversamente concesso - da me e me sola o da chi io designerò.
    Perciò ammazzerete quando io vi dirò di ammazzare e morirete quando io vi ordinerò di morire.
    »
    Si mosse indifferente alle preoccupazioni che poteva aver suscitato nei cuori più deboli.
    «Non temete: è mia precisa intenzione rendervi tutti utili fino alla fine della spedizione.» Fece, stentorea, il fare leggermente canzonatorio ed un risolino che proprio non aveva conforto nell'intenzione, né nella pratica. «In breve, il vostro compito sarà quello di agire da ultima difesa nei confronti di alcuni villaggi troppo vicini ad alcune faglie critiche. Quante il grosso dei campioni non è in grado di difendere, per capirci: dovrete alleggerire il loro peso. Sfollerete gli insediamenti, li fortificherete e infine respingerete - ci auguriamo - gli aberranti, che riteniamo prossimi ad un attacco, pregando che i vostri e i nostri sforzi siano abbastanza per non vedere altri morti. Per favorirci, Dacassia ha fornito alcune provviste ed equipaggiamenti supplementari. Recuperate già adesso quanto vi spetta.»
    Si mosse quindi verso un cantuccio della stanza, apparentemente indifferente al tempo che i coscritti ebbero per assimilare le informazioni, avvicinandosi ad alcune casse di legno lì accatastate. Sollevò alla svelta i coperchi di alcune fra quelle e svelò il contenuto in vettovaglie ed equipaggiamento. «Se avete domande, questo è il momento giusto.»

    twradivider2


    dorvast_2_

    pov. Caposquadra Dorvast Euver,
    Dacassia, quartieri militari.

    L'hederati torreggiava sulla sala a misura d'uomo occupando una porzione di spazio per lui chiaramente troppo contenuta affinché potesse essere ritenersi a proprio agio, purtuttavia se ne stava assorto col suo fare placido, l'animo sereno nonostante i connotati corrucciati del suo volto, scolpiti rigidi nella pietra. Un osservatore attento avrebbe potuto cogliere una compostezza del suo sguardo, che non lasciava presagire alcun male, oppure ancora le sue movenze, benevolenti e bendisposte persino verso i prigionieri. Li aveva condotti fin lì, scortato da alcune guardie di Dacassia e qualche militare del Tövis, il tragitto per la città piuttosto breve consumatosi sotto gli sguardi dei cittadini, quali rabbiosi e quali di puro scherno per i prigionieri e la loro nuova condizione. A riguardo, i prigionieri avevano ricevuto le loro dovute delucidazioni da Helishev già nelle loro gabbie, ma l'hederati non pareva intenzionato a lasciare che alcun dettaglio dell'operazione fosse figlio del caso. Si era ripromesso di parlare a tutti loro ed attese pazientemente che tutti sfilassero davanti a lui, affinché prendessero posto nella sala dal lato opposto all'entrata, prima di dar fiato ai suoi pensieri. Le sue intenzioni erano buone, ma la sua voce graffiava nella pietra viva della sua gola.
    «Campioni del Gelo. Saranno questi i vostri padroni fino alla fine della spedizione.» Esordì come senza preavviso, le labbra intagliate del tutto immobili. In quanto hederati non ne aveva bisogno per comunicare, ma si rese presto conto del moto di sorpresa che assalì alcuni di loro e riprese così a muoverle come un premuroso automa. «La sua buona riuscita non comporterà l'automatico sollevamento delle vostre condanne, che non è dipendente da noi, ma le allevierà di un periodo dai due ai cinque anni per meriti militari su decreto regio. Naturalmente, alla fine di questa coscrizione obbligatoria vi sarà concesso di convertire la pena restante in un servizio permanente fra i Campioni del Gelo, se questo è nelle vostre corde. Già un paio di voi hanno manifestato interesse a riguardo.
    Se così non vorrete, tornerete nelle carceri che avete adesso abbandonato. Non sta davvero a me dirvi quale delle due opzioni sia la migliore: potete ben sperimentarlo voi stessi durante questo periodo.
    »
    Spostò i suoi occhi, due preziosi incastonati fra arcate sopraccigliari e zigomi marmorei su ciascuno dei prigionieri, senza soffermarsi troppo su alcuno di loro e senza cogliere realmente le loro reazioni, in un blando tentativo di manifestare un interesse che in realtà non gli apparteneva.
    «Data la vostra particolare condizione, tuttavia, ritengo necessario chiarire alcuni punti.» Prese a muoversi, la forma titanica che adombrava la sala ad ogni passo. «Il vostro stato non comporta alcun trattamento di favore, lo capirete. Sarete considerati a tutti gli effetti una proprietà dei Campioni, più che un loro seguito. Una proprietà utile, ma non essenziale. Se oserete disobbedire ad un nostro - di noi Campioni - ordine diretto, sarete giustiziati. Se cercherete di fuggire, sarete catturati e giustiziati. E così via per qualunque crimine di guerra o civile vi verrà in mente per tutto il tempo che sarete con noi. Dimenticatevi le regole di Dacassia, di Nash Andii, del Tövis. Sottosterete principalmente al volere dei Campioni. Non è qualcosa che potete sognarvi di cambiare.»
    Lasciò loro del tempo per abituarsi all'idea che la loro vita era nelle mani di uomini che realmente combattevano per la salvezza di tutto il Tövis e che alcuna leggerezza sarebbe stata condonata. Non v'era stata alcuna nota di cattiveria nella sua voce fino ad allora, ciononostante si sforzò di assumere un aspetto meno severo, più affabile, prima di riprendere. Mise loro al corrente dei compiti che, come squadra, avrebbero dovuto portare a termine insieme ai soldati volontari che l'hederati si premurò di sottolineare avrebbero avuto maggiori benefici rispetto ai loro, ma probabilmente non maggiore rispetto né premure, a giudicare da chi li avrebbe condotti. Chiarito che ebbe anche quest'ultimo punto, passò infine a notizie più liete, che sospettava avrebbero attirato l'attenzione di alcuni di loro, in larga parte omicidi o i criminali più efferati.
    «Durante il vostro periodo di prigionia siete stati ovviamente privati della totalità dei vostri possedimenti. Non abbiamo potuto verificare le vostre preferenze in anticipo e naturalmente non ci è possibile recuperare dalle armerie di Dacassia quanto vi è stato confiscato, purtuttavia ci è possibile fornirvi di un equipaggiamento che sia in linea con le vostre doti e richieste. Vi sarà sufficiente indicarmele e sarà mia premura farvi avere quanto richiesto per la partenza. Come ho detto, sarete una proprietà utile. E sarete tanto più utili quanto più sarete in grado di servire il paese.»

    Passò ad esaminarli uno dopo l'altro e dopo che ebbe finito, istruiti alcuni campioni alle necessità dei carcerati, aggiunse: «Adesso seguitemi. Quando la vostra caposquadra sarà pronta, vi riuniremo al gruppo di reclute regolari e sarete condotti ai vostri alloggi.»

    twradivider2


    helishev

    pov. Caposquadra Helishev Geloeletta,
    Dacassia, quartieri militari.

    «Ora seguitemi.» Ordinò la gelida dopo che ebbero finito, senza particolare cortesia, giacché lo scambio che aveva avuto con le due nobili aveva contributo solo ad aumentare la sua indisposizione. Li condusse a passo fermo per un breve corridoio dal quale fece capolino Dorvast, che aveva appena finito le sue mansioni. Si salutarono con un cenno del capo non troppo rassicurante per nessuno dei due, quindi allungarono lo sguardo verso i due gruppi alle rispettive spalle: la gelida sui prigionieri che aveva reclutato di persona, l'hederati sul gruppo eterogeneo di reclute di cui ancora non sapeva alcunché. Gli occhi di giada di Dorvast incontrarono presto quelli delle giovani donne ed indugiarono a lungo alla ricerca di un loro possibile seguito, che non individuò. Helishev intuì alla svelta quanto fu facile al Campione anziano capire l'origine dei suoi problemi, mentre dal canto suo, la gelida solamente poteva sospettare di Arya, la prigioniera che si era comportata al modo stesso di un animale in cattività alle carceri, al momento di farla uscire. Helishev la guardò interessata, ma non ebbe modo di confermare le proprie teorie. L'hederati destinò infine un'occhiata criptica alla donna, che però non raccolse, limitandosi ostinatamente a contemplare il passaggio e lui si fece così da parte per farli passare tutti, tanto imponente era da occludere la via, senza proferire parola.

    Proseguirono fino al secondo piano, salendo per scale alte mentre alcuni di loro ruppero il silenzio per certi commenti sulle proporzioni del gigante di pietra, scatenando una certa ilarità nei prigionieri, che si mescolarono alle reclute sotto l'occhio vigile del gigante. Oltrepassarono camere spoglie occupate da altri Campioni, soldati o reclute indifferenti al loro passaggio, quindi entrarono in una stanza ampia, idealmente al di sopra dell'anticamera li aveva accolti, per nulla diversa dagli ambienti che avevano appena superato: le aree comuni, le brandine rigide e le poche comodità che le componevano erano l'espressione di uno stile decisamente marziale che ricordava da vicino una caserma del Baluardo.
    «Dormirete qui finché non partiremo. Saremo l'ultima squadra a farlo, perciò cercate di non infastidire le altre reclute. Mangiate. Riposatevi. Vi aspetto nel cortile interno dell'edificio alle quattro. Non abbiamo molto tempo e dobbiamo prepararci. Se avete domande, mi trovate al terzo piano, ma potete anche rivolgervi ai Campioni o ai soldati di questo.»
    Così disse, prima di dare un ultimo sguardo a tutti loro e congedarsi, infastidita dal pensiero di averne persi forse più di quanti avrebbe dovuto. Ne aveva cacciati personalmente due, ed altri tre erano tornati sui loro passi imboccando la via d'uscita qualche tempo dopo, quando l'intera vicenda si stava facendo per loro troppo reale, cosa che aveva acuito il suo malumore. Le rimanevano una dozzina di uomini con un briciolo d'onore e coraggio, due nobili di cui nutriva dubbi, otto reietti, cinque Campioni e una decina di soldati. Questi erano i numeri della sua squadra.
    Osservò una ad una le reclute cominciare a riporre le proprie cose. Loro erano gli uomini
    che avrebbero sacrificato le proprie vite per i popoli di Nash Andii.

    »QM Point



    Edited by Blackthorn - 16/11/2019, 21:19
     
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    Da vera zotica quale era la galeotta fece subito sfoggio del suo essere autoritaria. Ovviamente non penso che questa dote sia un difetto, lo diventa quando per esercitarla si ha bisogno di essere fastidiosamente burberi e volgari in maniera caricaturale, in questo caso il massimo che si può trasmettere a persone come me era soltanto un'impressione alquanto naife se non patetica.
    Alzai gli occhi in gloria dopo aver udito una tale manfrina, minimamente curandomi che lei potesse o meno notare il mio atteggiamento. Mi avvicinai verso il banco ove erano riposti gli armamentari, decisi di prendere due boccette di Illium blu e un pane del Laendriel ben conscia di quanto questi prodotti potessero fare la differenza in situazioni sconvenienti.
    La vocetta stridula della biondina attirò, pardon, irritò la mia attenzione. Parlava di essere buona e gentile ma era pronta ad eliminare coloro che il suo dio non ritenesse puri. Parole che sembravano uscite dalla bocca di un fanatico pronto ad ammazzare chiunque non sia contemplato nella sua dottrina nel nome di un dio che nemmeno esiste.
    Certamente non ritengo e non ritenevo allora gli aberranti creature degne di una qualsiasi forma di pietà, non ci vuole un genio per capire che loro sono una minaccia, e non ci vuole tanto meno il pretesto di un Dio immaginario per giustificarne la lotta. La giustificazione della fede nella storia è stato l'alibi preferito dai più sanguinari monarchi per mettere a tacere chi era sconveniente. La fede a scapito di un popolo ignorante è un'arma assai più pericolosa di un qualsiasi aberrante. Distorce la morale e non fa altro che creare ignari sanguinari, perfino la biondina poteva esserlo se ciecamente indottrinata. Ma in fin dei conti era fin troppo svampita per essere una sanguinaria, dava comunque a prima vista l'impressione di essere una pedante monachella. Tuttavia con una tipetta tanto mansueta e umile da porsi in una maniera tanto gentile (quanto svenevole) faceva decisamente una figura ben più performante che un branco di zoticoni guidati dalla più grande zotica del baluardo. La replica della Galeotta non si fece smentire da ciò che la sua apparenza trasmetteva. Schernì la biondina in maniera alquanto meschina. Insomma prendersela con lei è una dimostrazione di forza tanto quanto picchiare un'inerme. Volli allora testare il suo grado di diplomazia, insomma fino a quel momento non si era ancora azzarda di mancarmi apertamente di rispetto, aveva soltanto velatamente espresso il suo evidente disdegno verso chi ha una posizione sociale non ché educazione più alta della sua.

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    ''C'è una labile differenza dall'essere franchi all'insultare gratuitamente qualcun altro, specie se una fanciulla dalle nobili origini. Certamente ha potuto cogliere al balzo l'occasione visto che normalmente se qualcuno senza titoli si azzardasse a farlo incorrerebbe in situazioni alquanto spiacevoli...''

    Dissi tranquillamente cogliendola in fallo.

    ''Certamente la signorina Lux saprà replicare da sola, ma le posso assicurare ben chè rispetti il suo ruolo di comandante non intendo essere trattata in maniera sconveniente in simil modo è appena accaduto alla signorina Lux.''

    La fissai con scherno, fino a quando dalla sua bocca non sputarono parole.

    -''Siamo in un esercito. Siamo in Nash Andii. E stiamo per scendere in guerra contro gli Aberranti, ma la vostra unica preoccupazione attuale sembra essere quella di sottolineare una volta di più quanto siete nobili - o quanto diversamente dovreste essere trattate per questo. Da soldati - beh, da reclute.
    Molto bene. Prendo atto.''

    Disse lei palesando ovvietà sul luogo in cui ci trovavamo e la missione che ci eravamo impegnate a compiere. Le avrei risposto per le righe ma quando udii quel '' prendo atto'' capii subito che aveva afferrato il compromesso.
    Sorrisi sarcasticamente, compiaciuta.

    -''Ovvietà a parte molto bene prenda atto, sarà meglio.''

    Mi limitai a ribadire il concetto d'un tono altero e sprezzante, non c'era bisogno di altre argomentazioni ero abbastanza convinta avesse capito che con me non c'era da alzare la cresta.
    Mi voltai verso la biondina guardandola con aria perplessa, se ne stava lì impalata con tutte quelle torce sottobraccio. Se ne restò lì come una babbiona fissarmi con quegli occhioni da angioletto che si ritrovava fino a quando la gelida non ci congedò portandoci in una grande stanza ove avremmo dovuto passare la notte in attesa della partenza dell'indomani.
    Inutile dire che ero abbastanza schifata dal posto, ma quantomeno era una esperienza migliore di quella volta in cui dormii nella stiva di una nave... Presi i lembi del mio vaporoso abito nero, un piccolo gioiello di sartoria alothiana d'un velluto tanto morbido e caldo da non farmi patire minimamente il freddo di queste sperdute regioni.
    Piazzai una brandina nella posizione più isolata possibile dagli zoticoni che mi circondavano, uscii fuori dall'edificio che si affacciava alla piazza principale della città, mi recai presso la locanda ove avevo deposto i miei bagagli, pagai una ammenda al proprietario esigendo che li conservasse con cura fino al mio ritorno, non potevo dopotutto portare tutta quella roba sarebbe stata d'intralcio. Mi limitai a prendere una cappa di zibellino e qualche altro oggetto utile per soddisfare le esigenze di una donna, per poi fare ritorno all'edificio ove passai un sonno mediocre. Alzatami per tempo dopo essermi rinfrescata arrivai puntuale come lo scoccare delle campane nel cortile dell'edificio.

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    ⚜ Energia Gialla
    ⚜ Equipaggiamento: Manipolazione dei Capelli {Arma Naturale Livello I - Armatura Naturale Livello II}

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    Carisma Ipnotico
    {Malia di carisma + Anti malia}

    Arcani Poteri
    {Potenziamento alle attive di tipo offensivo mentale + medio + Azioni offensive e supporto pieni ad area + Possibilità di scelta dei bersagli coinvolti in tecniche ad area + giustifica di manipolazione dei quattro elementi.}
     
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    L
    a presentazione di Lux non ebbe alcun effetto evidente. Non ci furono risposte, mugugni o chissà cosa e questo non faceva altro che mettere in tensione la giovane bionda che avrebbe preferito sentire qualcuno dire qualcosa ... qualunque cosa.
    Per fortuna Libro era là accanto a lei, svolazzante a rassicurarla sulla riuscita del suo lavoro e pensà tra sé e libro

    Speriamo bene.


    La Semifredda passò quindi oltre, andando a maltrattare dei giovani pieni di buona volontà, anche loro, forse, attirati dalla voglia di aiutare la loro gente ... ma evidentemente la donna era di un pensiero diverso. Preferiva pochi uomini buoni a tanti vogliosi di dare il loro meglio. Peccato che probabilmente quelli talentuosi erano là per la fama mentre quelli chiamati dal dovere erano quelli che stava respingendo.

    Quei ragazzi potrebbero essere futuri eroi un giorno ... non credi?

    Chiese a Libro che si inclinò su e giù come per asserire.
    Ma il tempo delle chiacchiere stava volgendo al termine, o per lo meno quelle chiacchiere rivolte alla presentazione.

    Il Briefing fu abbastanza breve, la semifredda descrisse parte per parte ogni cosa da fare e quindi, vicino alle casse con le provvista chiese se ci fossero state domande.
    La giovane Lux rimase silenziosa e perplessa per qualche attimo, quindi si avvicina alle casse, osservandone i vari contenuti ... v'erano tante cose che potevano interessarle, certo ... il pane era una risorsa utilissima, soprattutto il pane di Laendriel ... ma aveva una proprietà che certo non sarebbe servita molto con già la presenza di Lux: La cura.

    Che dici Libro? Io penso che il pane non serva molto, alla fine posso curarli anche io

    Mh? Sì infatti ... va bene, va bene ne prendo uno. Può sempre servire.

    Uhhhh ... ecco cosa può servirci! Le torce!


    esclamò indicandole con l'indice con fare allegro. Quelle sarebbero servite tanto, ne era certa ... ma ora era il momento di fare una domanda alla semifredda, visto che aveva dato loro la possibilità di farlo. Si avvicinò a lei, tenendo ben strette tra le braccia le sue provviste, come una bambina che stringe tra le braccia un orsetto.

    Lo so che posso sembrare debole ma io e libro vogliamo aiutare ... mio fratello è un grande guerriero e solitamente cercherebbe subito di rompere il ghiaccio per creare quello strano legame tra guerrieri ma ... ecco. Non vorrei che dicendolo davanti a voi ghiacciati possa sembrare un'offesa e si insomma


    Emh, no, non era una domanda ... voleva solo rassicurare la semifredda, visto che non le era parsa particolarmente convinta.

    Sì insomma signora Geloetta spero che riusciremo a collaborare per il bene di Atlas, così da estirpare tutte le razze impure da queste terre e riportare il calore del signore della luce.
    Riuscirete a collaborare con me senza sottovalutarmi perché solo una nobile superiore alla plebe?


    Le domandò in fine con un sorriso allegro e innocente.
    Sorriso che scomparve lentamente alle risposte scontrose della gelida che cercò in tutti i modi di metterle i piedi in testa e di pulirsi le suole degli stivali sulla sua chioma bionda.
    Non replicò, eppure tenne le guance gonfie d'aria come una bambina che mette il broncio, probabilmente avrebbe detto qualcosa in futuro.

    Arrivata nella sala dove si sarebbe messa a dormire, prese la sua brandina e cercò di metterla vicino a quella della sua compatriota ma non troppo vicina, per non disturbarla, ma abbastanza per sentirne il profumo ... sembrava proprio quello di casa. Ma comunque ben presto, quando si fu tolta l'armatura rimanendo con solo l'abito di sotto ... e parve che far queste cose davanti ai soldati non le desse fastidio, iniziò a ciarlare con Libro

    E' stata scortese, vero?

    Umh, sarà arrabbiata perché ha dovuto abbandonare la sua purezza per combattere le creature del signore della Notte.
    Ma deve capire che un giorno sarà ricompensata dal Dio della Luce che con il suo calore e il suo fuoco la purificherà nuovamente.


    Sorrise allegramente mentre si metteva a pancia in giù sulla brandina iniziando a sventolare i piedi nudi al cielo mentre Libro si metteva davanti a lei.

    Hai ragione. Devo ricordargli qual è il suo posto.
    Loro sono qua per volere della nostra nazione e dell'impero. Noi non siamo reclute, siamo alleati.

    Che vuoi che ne capisca una persona semplice, Libro.
    Qua al nord sono così selvaggi.


    Commentò storcendo il labbro.
    Data la buonanotte al libro, Lux si mise a dormire, pancia in giù, faccia rivolta verso la rossa e braccio destro che dondolava giù dalla branda arrivando a sfiorare il pavimento con le dita.
    Chissà se Cassandra aveva sentito le sue chiacchiere. Beh, la notte passò normalmente ... Lux, appena svegliata iniziò a fare stretching come sempre, senza preoccuparsi del fatto che stava sventolando il sedere verso gli uomini appena svegli, quindi, quando fu abbastanza sciolta, si mise i pezzi dell'armatura incantata e si diresse al cortile dell'edificio ben prima che le campane suonassero. Era fresca e allegra come sempre e quello era il momento migliore per attendere che il sole sorgesse, così da poterlo Lodare.
    Continuò a pregare fino a quando non arrivarono tutti gli altri ai rintocchi delle campane.

    Energia: 100%
    Condizione fisica: Buona
    Condizione mentale: Allegra

    Riassunto: Ho lodato il sole!

    Abilità Passive
    ~ Siamo fatti così!
    [Metagioco][1 Slot][Abilità di Conoscenza (Anatomia)]

    ~ Voto di protezione
    [Metagioco] [6 Slot]
    [Annulla dimezzamento effetti ad area di supporto, difesa e danno]

    ~ Giovane Lady
    [Abilità di Malus][Alto di Salute][+6 Slot]

    ~ Bellezza solare
    [Caratterizzazione][1 Slot][Passiva Malia di Carisma]

    ~ Concentrazione assoluta
    [Metagioco][Scelta dei bersagli ad area][1 Slot]



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    Mondar - Nash Andii (Prima)

    Un altro dei Cacciatori della sua "famiglia" l'aveva recuperata in tempo. In realtà, lei aveva capito di esser stata seguita da prima di quello scontro contro quel piromane - un sinistro individuo che celava qualcosa di oscuro, tanto da spronare la giovane Arya a combatterlo fino alla possibile morte di uno dei due. Il suo salvatore vestita abiti molto simili ai suoi, erano legati non dal sangue, ma dai ricordi e da un percorso non tanto diverso. Il suo buon cuore era un'offesa per lei. Non aveva da ringraziare, giacché eseguire gli ordini e le richieste del Cacciatore di Corvi - nonché punta gerarchica - erano doveri. E a questi sono sufficienti le ricompense.

    Così gli fece capire con la sua spada di non voler essere più scortata a distanza. Egli non s'oppose, mostrando passi esitanti mentre anima e mente si scontrarono per decidere cosa fosse meglio fare in quel frangente. Rispettò la scelta dello Sparviero Silente e tornò indietro per fornire il rapporto, o almeno questo è quello che dava a vedere. La sensazione di solitudine, tanto ricercata e amata, non trovò spazio nel suo cuore. Non come un tempo. Non era ancora certa di averlo mandato via.

    Dacassia - Nash Andii (Ora)

    Ed ora aveva mille altri occhi puntati addosso. Dorvast ci tenne a precisare, in maniera professionale, che loro erano considerati sotto i Campioni del Gelo - i padroni - ma ad Arya tutte queste precisazioni erano inutili, comprese le attenuanti come guadagno di servizio, obbligatorio peraltro. Se intendevano ostacolare le sue decisioni, avrebbe messo in discussioni il loro titolo. Li vedeva tutti uguali. Avrebbe trovato l'occasione giusta per andarsene via, a tempo debito.

    Conclusosi il discorso di Dorvast, attese immobile e paziente il suo turno ritenendo necessario - seppur con malgrado - dover accettare le condizioni imposte. Molti la consideravano più un'arma che un essere umana, lei compresa. Tuttavia, come fosse qualcosa di innato, sentiva sempre un desiderio di libertà. Combattere per i Campioni era l'occasione più prossima a uscire di lì.

    Quando toccò a lei, il silenzio regnò incontrastato creando per alcuni un certo imbarazzo mentre per altri confusione, probabilmente non ancora resosi conto della sua mancanza. Un segno semplice e deciso col braccio e le dita della mano tese e unite. Partendo dal fianco opposto, un singolo movimento curvo dell'arto conclusosi fronte al viso, per sottolineare la fluidità ed eleganza in una prospettiva di violenza e forza dettate dalla risolutezza di giudizio. Una katana, la sua e di nessun altro.

    No, non voleva una spada ricurva qualunque - come pareva aver erroneamente inteso Dorvast. Non voleva una scimitarra del Lesathar: voleva la sua katana, la sua arma, la sua forma di espressione più sicura. Lo Sparviero Silente si esibì nuovamente nel gesto, stavolta più frettoloso e agitato, lasciando percepire una nota di nervoso. Impaziente, avanzò pericolosamente verso Dorvast. Due passi solamente, ma gli occhi minacciosi parevano proiettarla più in avanti. Batte più volte il suo petto con un pugno, tentando di far capire il riferimento ad una sua proprietà. Si dice che l'anima dei guerrieri risieda nella propria arma. Se doveva guadagnarsi la libertà combattendo, se volevano i suoi servizi, era meglio se lo faceva con i suoi mezzi migliori. Per il bene di tutti.

    Non vi erano certezze, giacché non avrebbe dovuto dipendere completamente da lui - come dichiarato - ma almeno non le aveva negato categoricamente. Non aveva altri desideri e così ritornò nella fila indifferente alla decisione di avere un interprete. Non avrebbe avuto nulla da dire a nessuno. Nemmeno uno sguardo a quei volti che riempirono gli alloggi dove venne condotta. Si ritagliò il suo angolo e lì attese cercando di isolarsi mentalmente ricercando dentro di sé il silenzio e la solitudine. Un luogo pieno di alberi dalle foglie rosse, nel mezzo di una foresta, pronta a respirare l'aria di adrenalina alla vista della prima preda.

    Energia: Verde
    Salute: 75%
    Energia: 100%

    Equipaggiamento:
    - Becco dello Sparviero Silente [Katana (Livello 1)]
    - Manto dello Sparviero Silente [Armatura (Livello 1)]

    Passive:
    - Preda e Predatrice [Bonus: +1 Precisione]
    - Lo Sparviero Silente [Bonus: +1 Maestria Spada (Difensiva), Percezione Pericoli, Percezione Intenzioni, Anti-Malia][Malus: -25% Salute]
    - Brivido della Caccia [Anti-Auspex Uditivo]
     
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    helishev

    pov. Caposquadra Helishev Geloeletta,
    Dacassia, quartieri militari.

    «Bentrovati.» Esordì lei una volta che si furono radunati tutti, ma non il tono, non l'espressione mostravano la stessa cortesia delle sue parole. L'aspetto era lo stesso del congedo di ore prima: l'uniforme stretta e severa, neroviglio ancora in bocca, la folta chioma nera gettata all'indietro e stretta come un animale incatenato. Quando già le prime reclute furono arrivate, la donna stava ancora scambiando alcune battute, in brevi sussurri, col campione Hederati che loro avevano già visto. Si decise a introdurlo.
    «Il caposquadra Dorvast Euver» I più accorti avrebbero forse ricondotto quel nome alle nobilissime origini di chi lo portava, fatto che lei non diede però a tutti il tempo di realizzare. Si mosse svelta ad attraversare il cortile brullo, che tanto era ampio da lasciare un certo margine di manovra nonostante il nutrito gruppo di ospiti, soprattutto campioni, che assiepavano lungo le mura per non essere d'intralcio. Li indicò alle sue reclute con un gesto del capo, non di più. «Ci assisterà quest'oggi con alcuni dei suoi, prima di anticiparci al fronte.»
    Quegli annuì, come riconoscente a nome suo e dei suoi uomini in una maniera che contrastava col suo aspetto di statua semovente, che superava la donna non meno della sua stessa altezza e quasi altrettanto era largo. Non proferì parola e andò a prendersi un cantuccio lontano a passi pesanti, ma la sua sola presenza irradiava una certa sicurezza, almeno nei più impressionabili.
    Dal canto suo, dopo che tutti ebbero preso posto, la donna cominciò a muoversi in circolo, trafficando con un sacchetto alla cintola. Vi estrasse una ignota polvere nera, che lasciava scivolare dalle dita affusolate, mentre parlava.
    «Ascoltate bene. Non abbiamo minimamente il tempo di fare le cose come si conviene, perciò dovremo farci bastare in larga parte quelle che sono le vostre attuali competenze. Verrete addestrati quanto basta per sopravvivere ad uno scontro con queste creature.» Ammise, il fare pratico, ben consapevole di ciò che stava loro chiedendo, in maniera simili a quanto Dacassia e l'intero Tövis si aspettavano dai Campioni. «Sarà sufficiente. Dovrà esserlo. Molti di voi saranno addestrati all'uso delle armi contro altri uomini, ma non sono banditi quelli che i Campioni andranno ad affrontare. Ciò che apprenderete in questi giorni sarà, soprattutto, pratico. Ed efficiente al nostro scopo soltanto.»
    Continuò a muoversi finché non ebbe circoscritto per intero un grosso cerchio che, a paragone, avrebbe facilmente contenuto le dimensioni ipertrofiche del gigante di pietra, quindi tornò nella posizione iniziale.
    «Dovrete tutti dare prova del vostro valore. Ho necessità di capire bene quali siano le vostre competenze e in che modo potrete contribuire alla nostra spedizione, anche nel peggiore dei casi possibili. Cassandra Caltier, in virtù del resoconto fattoci pervenire, è esentata da questo primo giro di esercitazioni pratiche, se lo desidera, ma non ad assistervi.»
    Alcune reclute, consapevoli dell'atto che di lì a poco si sarebbe consumato, già sussultavano irrequiete, fatto che lei era ormai allenata a notare. Continuò con una scrollata di spalle, e la polvere cominciò a scoppiettare e ad ardere di un fuoco sinistro.
    «Questo esercizio di stregoneria farà al caso nostro. Il modo migliore per spiegarvi cosa andrete ad affrontare, d'altronde, è mostrarvelo il prima possibile.» Chiarì, tanto a proprio agio quanto lo erano i Campioni, che osservavano la scena con assai inusuale tranquillità, quasi fosse un fatto normale ricorrere a certe pratiche, mentre lei proseguiva, il tono della voce improvvisamente sopra le righe, che dava risposta ad una domanda inespressa. «Di certo, avrete tenuto conto che la vita di campagna a cui eravate probabilmente abituati è finita.»
    I fumi viola che si sollevavano dalla pira circolare andarono ad addensarsi in un punto e presero ad assumere forme diverse, che ricordavano animali più o meno noti, che risultavano tuttavia difficili da identificare con esattezza. Forse canidi o felidi, probabilmente ungulati e cervidi, e insieme nessuno fra questi, avvolti come essi erano dai miasmi della magia. I contorni delle creature cominciarono a sovrapporsi fra di loro, e ciò che ne uscì fu qualcosa di terribile, che la natura rifiutava di fare vivo.
    «Non esaltatevi, è una copia. Attacca e ferisce come comandato, ma non è una creatura reale. Può ferire, ma le sue capacità sono solo una pallida imitazione di quelle reali.» Introdusse la Geloeletta, con la voce più bassa del solito.
    I fumi andavano dissolvendosi nell'aria, liberando dal loro giogo la creatura rivelata. Per essere una riproduzione che una qualche polverina da fattura aveva generato, pulsava e respirava come un corpo vero: quello di un grosso lupo cui un alchimista impazzito aveva deciso di fondere insieme corpi mutilati di altre bestie. Il risultato era un'aberrante, una creatura che davvero teneva fede al suo nome: stava su sei zampe distinte, da cui prendevano forma in maniera irregolare i teschi e gli scheletri di altre creature morte, là dove dove avrebbe naturalmente dovuto esserci una testa sola. Ciò che più attirava l'attenzione era l'involucro che teneva tutto insieme, una pelle traslucida dal quale facevano capolino di tanto in tanto gli scheletri in movimento e i fluidi che scorrevano in essa senza alcuna logica. Ad un individuo che avesse familiarità con quelle creature, la copia doveva sembrare una replica anche fin troppo fedele. Dopotutto, abituarsi alla vista di quanto di più spiacevole quelle creature potevano mostrare era, nelle intenzioni della Geloeletta, perfettamente in linea con l'addestramento.
    La creatura non sembrava particolarmente stabile sulle proprie zampe e larga parte del suo peso tendeva alla sua destra, lato le cui zampe sembravano sempre sul punto di spezzarsi. Non di meno, si dimenava come in preda ad un ritmo demoniaco, rigirando i propri teschi in atto di minaccia, indistintamente, prima alle reclute, poi ai campioni, finanche alla sua stessa creatrice. Ciascuna testa sembrava muovere per conto proprio e allungarsi per raggiungere un corpo sano di cui nutrirsi, eppure non sembrava capace di uscire interamente al di fuori del cerchio, che di fatto la confinava in maniera bastevole affinché le sue fauci non calassero sulla fila più vicina.
    «Aberranti. Assorbono corpi di altre creature e ciascuno di essi si muove per conto proprio, in maniera totalmente indipendente l'uno dall'altro. Il modo più semplice per affrontarli è accerchiarli e tenere ciascuna delle sue appendici... teste, impegnate.» Fece una smorfia, improvvisamente a disagio, prima di riprendere, il tono che acquistava vigore e lo sguardo severità. «Un Aberrante totalmente formato o, diremmo, in salute, è perfettamente in grado di affrontare anche quattro o cinque persone insieme. I più terribili di questa specie hanno combattuto un'intera squadra di campioni da soli.
    Sarete quindi addestrati a combattere in gruppi. Intendiamoci, nessuno si aspetta possiate ucciderne qualcuna per conto vostro, né vi chiediamo particolari atti eroici. Sarete sempre affiancati da uno di noi che si occuperà di ucciderle, ma dovrete tutti fare in modo di rispettare le condizioni della vittoria.
    Non è probabile ne affronteremo molte, ma è prioritario che sappiate come affrontarle. Cercheremo è ovvio, di sgombrare qualunque centro abitato prima del loro arrivo, ma le precauzioni che possiamo prendere valgono a poco, se poi vi pisciate nei pantaloni come le guardate.
    »
    Avvicinò la creatura con naturalezza, passandole ad un palmo di distanza, ampiamente all'interno del cerchio, muovendosi verso il suo gruppo.
    «Sarete disposti in gruppi da tre. Farete a turno e vi saranno consegnate armi da addestramento laddove sprovvisti.» Dichiarò, esaminando la sua squadra. Scelse allora quella Lux Crownguard, rea di non essersi ancora conquistata la sua approvazione, e uno dei fu carcerati, anch'esso donna, che rispondeva al nome di Arya Nightwing. «Affiancherete un sopravvissuto delle faglie, Kamil.»
    Il campione affiancò le due donne, biondo e fiero, con un'espressione che si sforzava di essere rassicurante sul volto. Svestì l'uniforme della giacca, lasciandosi in calzoni e in una pratica casacca bianca d'allenamento, di poi snudò la spada, ed incitò i nuovi arrivati a fare altrettanto.
    «Approcciate la creatura. Da ogni lato. Fatelo con la giusta cautela e fate attenzione a come risponde: è rapida, a dispetto della mole, e i suoi movimenti possono essere insoliti.
    Le reclute per prime.
    »

    »QM Point



    Edited by Blackthorn - 16/11/2019, 21:13
     
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    Mondar - Nash Andii (Prima)

    Il Moschetto Cieco. Questo era il nome con cui veniva conosciuto quest'altro cacciatore. Modesto né tra i primi che ti verrebbero in mente per affidare un lavoro. Tuttavia, le sue abilità si erano sempre mostrate sufficienti. La sua competenza, il suo senso di responsabilità - e quello comune - e la sua capacità di giudizio erano notevolmente sopra la media. Affidabile, ma poco incisivo. Arya spesso lavorava da sola, ma se doveva fare coppia con qualcuno, lui era la sua prima scelta.

    Lei stava davanti, mentre lui le copriva le spalle. E fu proprio per il loro legame professionale, il loro percorso comune, che non si fidava di averlo mandato via. La sua capacità di percepire la presenza di altri intorno a lei era inutile contro chi, invece, era capace di nascondere la propria. Tuttavia, ciò non era un motivo per fermarsi. Aveva un compito da portare a termine e avrebbe fatto di tutto. Se per lui era meglio scegliere altre opzioni, lei avrebbe sparso sangue pur di completare la caccia.

    Dacassia - Nash Andii (Ora)

    Radunati presso un cortile, tra alcuni Campioni e non, Arya rimase con l'espressione fredda e severa impressa sul volto senza fissare particolarmente nessuno. Pareva rancorosa, ma in realtà aveva già accettato la situazione e quello era semplicemente il suo modo di approcciare il mondo. Normalmente i suoi occhi venivano parzialmente velati dal suo outfit professionale. In quell'occasione, purtroppo per lei - ma non per chi ricercava i suoi occhi smeraldo - il suo viso era completamente nudo. Nonostante ciò, non mostrava segni di disagio.

    Helishev Geloeletta, accompagnata da Dorvast Euver, ritenne necessario istituire una breve e "sufficiente" riunione prima di arrivare al fronte. Come un'ulteriore prova, avrebbero dovuto imparare rapidamente le basi teoriche mancanti e mettere in pratica la spiegazione fornita. Dopodiché diede prova delle sue capacità di stregoneria per dar vita ad un incubo, quasi non dissimile da discendente delle Entità. Tra i fiumi sospetti, una mistura di forme animalesche s'aggrovigliò sino a che la fisicità non si rese concreta. Una creatura mai vista prima. Pareva un insieme di tre differenti bestie unite in modo macabro e casuale. Tre teste, diverse tra loro, ove i teschi erano ben visibili quasi la struttura interna - su alcuni punti - fosse concepita al contrario, con le parti interne all'esterno e viceversa.

    Schiuse le labbra per la sorpresa, lo Sparviero Silente. Anche se si trattava di una copia - come ribadito dalla strega del Gelo - l'orrenda creazione teneva fede al nome verso cui emulava l'aspetto. Aberranti. Arya era una cacciatrice di mostri, non avrebbe esitato a sfilare la sua katana per debellare il mondo da tale impurità. Tuttavia non sarebbe giusto confondere il suo operato con la giustizia di paladini e redenti né tanto meno per i soldi da mercenario. Per lei, era come una forma legale di supremazia. Una caccia morale, la possibilità di trucidare e togliere una vita. Sinistri e macabri erano i tormenti rievocati dalle voci della sua follia interiore. Ed essi muovevano il suo arto tagliente ad ogni pulsazione del suo cuore.

    Una di loro, Cassandra Caltier, aveva l'onore di esentarsi da tale esercitazione. Quando venne chiamata, la giovane cacciatrice non esitò a rispondere con un passo in avanti. Si avvicinò alla rastrelliera per scegliere quale arma da allenamento e di poca fattura potesse utilizzare. Avrebbe preferito di gran lunga avere la propria lama - non che fosse capace di maneggiare solo la spada - ma date le circostanze e la possibilità di costruirsi un vantaggio, optò per raccogliere una lancia alata. Con la distanza di sicurezza dalla sua, avrebbe avuto modo di studiare il nemico. Assieme ad una certa Lux Crownguard e al campione di nome Kamil, circondarono il falso aberrante pronti a fare la prima mossa.

    Osservò bene i movimenti ondulanti e insoliti della creatura, studiandola al meglio. Aveva l'impressione che da un momento all'altro avrebbe potuto reagire. Dopo aver preso posizione, come suggerito da Helishev - accerchiando la creatura assieme ai due compagni - si mise in posizione di guardia e scattò portando repentinamente l'asta di lato, con l'asse dietro la schiena. L'arma d'allenamento - sporca di imperfezioni - era più pesante della sua katana, ma pur sempre maneggiabile. Un affondo lungo e piazzato, alla base del collo di una delle teste, con una sola mano per coprire una distanza di sicurezza maggiore. Dopodiché avrebbe sfilato l'arma verso l'alto tracciando un arco e sfruttando il corto taglio della punta con le irregolari ali, con l'intento di aprire il suddetto capo in due.

    La velocità di contrattacco fu sorprendente, come se seguisse un'ignota regola di reazione, ma non certo più della prontezza di Arya. Ebbe modo di vedere il danno inferto al corpo gelatinoso solo per pochi attimi, un morso portato dalla mascella scheletrica minacciò il collo della donna. Schegge dell'asse della lancia volarono via, segnando la debole resistenza dell'arma. Nemmeno un assaggio, goloso e affamato, lo pseudo aberrante si allungò e dalla ferita inferta fuoriuscì la gabbia toracica con la quale tentò orribilmente di tranciarla in due.

    Ancora una volta sfruttò l'asta come difesa, tenendola con due mani. La punta su un lato della "dentatura" ossea mentre la parte centrale fermava l'altra estremità. Una mano ben stretta vicino alla lama - in pericolo se nel mentre quella cosa fosse stata in grado di spaccare il bastone - mentre l'altra a palmo aperto sull'esterno opponendosi alla forza di spinta assieme alle gambe piegate e i piedi striscianti il terreno. Trattenne il respiro e si svincolò tirandosi indietro osservando la potenza a vuoto di quelle cesoie, riportando però una ferita da taglio alla spalla sinistro. Senza curarsene, per chi poteva vedere oltre quasi parve circondarsi di un'aura demoniaca intorno alla sua figura giungendo il culmine gli occhi vendicativi e la lama, girò su se stessa divaricando le gambe e facendo ruotare l'arma astata per sferrare una lama energetica sul corpo del mostro.

    Energia: Verde
    Salute: 68.75%
    - Ferita alla spalla sinistra (Basso Fisico)
    Energia: 78%

    Equipaggiamento:
    - Lancia Alata d'Allenamento [Lancia (Livello 1) - Durabilità 2/8]

    Passive:
    - Preda e Predatrice [Bonus: +1 Precisione]
    - Lo Sparviero Silente [Bonus: +1 Maestria Spada (Difensiva), Percezione Pericoli, Percezione Intenzioni, Anti-Malia][Malus: -25% Salute]
    - Brivido della Caccia [Anti-Auspex Uditivo]

    Attive:

    Estrazione Fulminea
    Apportata una posizione con la spada infoderata, analizzerà l'obiettivo per rintracciare un eventuale punto scoperto per poi focalizzare le sue energie in un colpo fulmineo portato attraverso un movimento di estrazione. L'esecuzione può venire accompagnata da un scatto cui la distanza può essere in proporzione alla potenza dell'attacco.
    [Variabile][Offensiva][Fisico]

    Riflessione Magica
    Un'azione composta in due fasi incarnando l'essenza del suo stile di combattimento basato perlopiù sulla risposta. Dopo aver effettuato una difesa sfruttando le sue energie interiori per rivestire il suo corpo o un tramite - come la katana - per comporre parate o momentanee barriere invisibili energetiche individuabili da piccole correnti d'aria, può assorbire le energie residue sparse per preparare un'offesa. L'energia acquisita può rivestire una parte del suo corpo - come un braccio - o la sua arma per poi scaricarla sotto forma di lama energetica contro un bersaglio.
    [Medio][Difensiva-Offensiva][Fisico-Magico][Multi-Effetto][Multi-Gruppo][Prima Abilità]
    [Medio][Difensiva-Offensiva][Magico-Magico][Multi-Effetto][Multi-Gruppo][Seconda Abilità]
    [Alto][Difensiva-Offensiva][Fisico-Magico][Multi-Effetto][Multi-Gruppo][Terza Abilità]
    [Alto][Difensiva-Offensiva][Magico-Magico][Multi-Effetto][Multi-Gruppo][Quarta Abilità]


    Riassunto:

    Prima Fase Offensiva:
    - Usa Estrazione Fulminea [Medio] per infilzare la creatura alla base del collo
    - Concatena un Base [+1 Precisione] per tracciare un arco verso l'alto con l'intento di aprirne il capo in due

    Prima Fase Difensiva:
    - Si difende dal Base [Livello 1 e +2 Velocità] nemico come morso mirato al collo con la Lancia Alata d'Allenamento [Livello 1]
    - Mitiga l'Offensiva [Alto Fisico] con il primo effetto di Riflessione Magica [Medio Fisico] e con la Lancia Alata d'Allenamento [Basso+Lieve (Basso)], subendo graffi alla spalla sinistra [Basso]

    Seconda Fase Offensiva:
    - Usa il secondo effetto di Riflessione Magica [Medio Magico] per colpire l'aberrante-copia


    Edited by Gekoro - 29/10/2019, 10:59
     
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    Arrivai puntualmente all'appuntamento in quello che era a tutti gli effetti uno pseudo giardino, perché di alberi, piante o qualsiasi altra specie vegetale non ve ne era l'ombra, più che un giardino sembrava una specie di lager. I galeotti non mancavano e nemmeno gli stupidi. Rivolsi il mio sguardo verso Lux Crownguard, schernendola con un sorriso beffardo.

    La Geloeletta intanto spiegava a quel branco di fetenzie cosa fossero gli aberranti, come si muovevano, il loro tipico comportamento e alcuni consigli su di come affrontarli in battaglia. A scopo divulgativo queste spiegazioni potevano essere utili, ma dette ad un gruppo di galeotti che probabilmente alla sola vista di un aberrante se la sarebbero data a gambe levate, mi sembrava quasi che ella stesse solo perdendo tempo. Quando però evocò tramite un'evocazione la mimesis di un aberrante dovetti ammettere che la sua per quanto elementare fosse, era una utile trovata. Abituare gli sguardi ad una visione tanto macabra permetteva alla troupe di avere nervi assai più saldi per quando un vero aberrante si sarebbe posto innanzi a loro. L'archetipo riprodotto era anche straordinariamente fedele, tre teste di cui una chiaramente di lupo, le altre teschi con ancora brandelli di carne attaccata, un corpo in decomposizione dalla quale spuntavano fuori arti informi appartenenti a diverse specie di animali. Era quasi del tutto fedele ad un aberrante, tranne che per una cosa: il fetore. Un aberrante emana un tanfo di morte quasi insopportabile, fortunatamente quella replica risparmiò a me e ai presenti la sgradevolezza di tale aspetto, barattare la fresca aria del mattino con il tanfo di un aberrante non sarebbe stato affatto gradevole.

    Geloeletta spiegò ai presenti che quella evocazione la avrebbero dovuta affrontare, come allenamento prima di partire per la reale missione, io ovviamente fui l'unica ad essere esentata da tale compito poiché la mia esperienza in materia era già nota.
    Decisi di sedere su di una panca di pietra, accavallai le gambe poi scossi i lembi del lungo abito di velluto nero incrostati di nevischio e ghiaia. Poco distante dalla mia postazione la piazzola dove Lux e altre due figure si accingevano a combattere il falso aberrante.
    Non avendo nulla di meglio da fare mi concentrai sul gruppo, sarebbe stato utile dopotutto aver la conoscenza di chi mi avrebbe affiancata in quella pericolosa missione. A colpirmi fu una donna in particolare, dalla chioma argentea e gli occhi d'uno sgargiante verde, dal suo volto non trapelava l'ombra di alcun tipo di espressività come ben s'addice ad un sicario, a giudicare dai cenci di cui era ghindata doveva trattarsi di un'avanzo di galera. Durante la lotta ella dimostrò una certa maestria con le armi da taglio, era agile e dai riflessi pronti, riuscì a danneggiare la copia con estrema consapevolezza di ciò cui andava a mirare. Per quanto riguarda gli altri non fecero nulla di particolarmente degno di nota, al cospetto di un vero aberrante sarebbero stati carne da macello.

    ⚜ Salute incolume
    ⚜ Mana 100%
    ⚜ Energia Gialla
    ⚜ Equipaggiamento: Manipolazione dei Capelli {Arma Naturale Livello I - Armatura Naturale Livello II}

    Abilità Passive

    Carisma Ipnotico
    {Malia di carisma + Anti malia}

    Arcani Poteri
    {Potenziamento alle attive di tipo offensivo mentale + medio + Azioni offensive e supporto pieni ad area + Possibilità di scelta dei bersagli coinvolti in tecniche ad area + giustifica di manipolazione dei quattro elementi.}
     
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    helishev

    pov. Caposquadra Helishev Geloeletta,
    Dacassia, quartieri militari.

    Osservò impassibile il gruppo abbattersi sull'aberrante, come in attesa di quegli errori che avrebbe potuto e dovuto correggere in ciascuno di loro, affinché fossero pronti ad un combattimento vero, alla guerra terribile che stava consumandosi a ridosso delle faglie. Alla guerra cui presto avrebbero dovuto prendere parte.
    Degli sforzi profusi dal gruppo nell'atto di affrontare la copia, solo quelli della donna che lei aveva sottratto alle celle di Dacassia furono tali da meritare le giuste attenzioni, forse persino il plauso di alcuni fra gli spettatori. Arya diede prova di sé e il suo scontro si risolse in un baleno, a discapito dell'unico suo strumento di sopravvivenza, la povera lancia di allenamento, che ella aveva finito col ridurre alle proporzioni di uno stuzzicadenti. La prova andò peggio per la nobilotta Lux Crownguard, che si distinse solo per una desolante mancanza d'iniziativa.
    Infine, Helishev si soffermò su Kamil. Non era stato il più rapido a risolvere lo scontro con la creatura, né il più brillante, e a dispetto di quanto ci si aspetterebbe da un uomo in lotta per la vita contro la più immonda delle creature, le sue azioni erano state ordinate, persino al limite dell'ordinario. Quando lo scontro finì, però, risultò quello meno affaticato dei tre ed egli mosse alcuni passi alla destra della creatura, un atto spontaneo, non ragionato, l'arma puntata ai resti. Nei suoi occhi, fissi sul corpo sconfitto della creatura si accese allora come un barlume d'intelligenza.
    Improvvisamente, le tre teste dell'aberrante, orribilmente mutilate, ripresero a muoversi, con lentezza, ma inarrestabili. Col benestare della Geloeletta - un cenno fu sufficiente - fu Kamil stesso a prendere parola, anticipando ulteriori azioni.
    «Può sembrare strano,» si rivolse alle due reclute, la voce poco espressiva: «ma nessuna delle molte teste di un aberrante contiene il suo cervello. Con esse non pensano, guardate a loro come delle armi.»
    Nei pressi delle ferite della creatura, le ossa esposte presero a rientrare e rinsaldarsi, così come l'involucro a rimarginarsi.
    «La rigenerazione non è altrettanto rapida in tutte loro.» Riprese allora la capo-squadra, mentre aggirava di nuovo la creatura. «Tutte, però, ne sono capaci, perciò cercate di fare attenzione, soprattutto in prossimità di cadaveri, che non esiteranno a consumare per riacquistare energie e materia prima. Una volta che ne avrete sconfitta una, assicuratevi che non muova più neanche un passo. Infierite, se credete giusto. Non attardatevi troppo a cercare il loro nucleo: sono in grado di modificare il loro intero corpo a piacimento, perciò non fate troppo affidamento che vi venga rivelato in fretta. Ma possiamo - no, dobbiamo prenderli per stanchezza.»
    «Quanto a voi,» e si rivolse specificatamente al gruppo scelto, caricando le parole di una certa enfasi «Siete riusciti a non farvi ammazzare da una copia. Eccellente. Ora rifatelo.
    Cureremo le vostre ferite solo quando realmente gravi, e vi riposerete solo quando realmente esausti.
    »
    E continuarono così, alternando un gruppo dopo l'altro, scambiando uno dopo l'altro i membri, su quella stessa, singola creatura, che solamente al fine dissolse in cenere, come un vecchio ricordo. Un ricordo che avrebbe dovuto renderli tutti egualmente pronti.
    Pronti ad affrontare un esercito di creature immonde che avanzava inesorabile.

    twradivider2

    barracks_0

    pov. Cassandra & Arya, alloggi delle reclute


    I giorni che seguirono furono dei più movimentati. L'addestramento sfibrava il grosso delle reclute nel corpo e nello spirito e sotto voce andò diffondendosi, fra loro e i soldati regolari, qualche malcontento per i metodi poco ortodossi della vostra caposquadra che giorno dopo giorno si inasprivano, sotto l'urgenza di una partenza sempre più imminente cui non tutti erano preparati. Le notizie che giungevano dal fronte più acceso del conflitto erano sempre meno confortanti: Helishev non mancava di aggiornarvi tutti quando lo riteneva necessario, per sua propria iniziativa, il più delle volte... o ancora per costrizione esterna. Fu il caso di un rifiuto alla porte di Dacassia di fornire ospitalità ad un pur disastrato convoglio, proveniente da uno dei villaggi più esposti, su ordine esplicito di Lord Atalcais, in occasione del quale cominciò a diffondersi sospetto e panico in tutta la cittadina. Voci, queste, che filtrarono fin dentro la caserma e che resero allora impossibile tacere la verità. L'indomani, il nobile Dorvast Euver si congedò con il suo seguito, abbandonando Dacassia nel cuore della notte in fretta e furia, quando voi, esausti per i duri addestramenti che stavano coinvolgendovi, ancora riposavate. Solo al mattino il suo addio fu reso noto a voi e alle altre reclute, senza alcuna nota di apprensione nella voce della caposquadra. Nessuna informazione supplementare fu fornita a nessuno, né per situazioni di interesse comune, né di carattere privato.

    Lo spettro della contestazione raggiunse infine anche le orecchie di Helishev e benché ancora non fosse abbastanza consistente da attirare le sue ire - e così le sue punizioni - il suo atteggiamento si fece più guardingo ancora nei vostri confronti. Ciò che davvero importava, però, sussisteva in maniera palpabile nei frutti di quel duro lavoro, in grado di non far più tremare come foglie i più fifoni, o almeno quanti di loro rimanevano. Il numero dei vostri camerati si assottigliò, per qualche distratto e poco abile a causa di una ferita troppo grave che i guaritori di Dacassia non potevano sanare abbastanza in fretta o per chi, come nel caso di Lux Crownguard, decideva di tornare in patria. Evento che la caposquadra nemmeno osava degnarsi di prendere in considerazione nei giorni seguenti.
    Gli insuccessi dei meno capaci, tuttavia, rafforzavano la convinzione di quanti rimanevano e in almeno un paio dei vostri camerati, i più acuti cominciarono a riconoscere materiale da Campione - per quanto grezzo quello potesse essere.
    Un tipo di considerazione giunse anche a voi, e chi in un gruppo, ovverosia Cassandra fra le reclute e i soldati regolari, e chi nell'altro, nella figura di Arya e in misura minore fra i carcerati e i campioni, cominciaste a raccogliere consensi, quando non addirittura rispetto. Non potevate saperlo, ma in coincidenza di tutte queste rivelazioni, la caposquadra avrebbe di lì a poco preso due decisioni. Una sola delle quali si sarebbe premurata di rendere nota.

    «Cassandra Caltier ed Arya sono chiamate a rapporto.» Esordì Kamil dinnanzi a tutti, fatto che gli apparteneva, al tardo pomeriggio di uno di quei giorni sempre uguali e sempre faticosi. Oramai lo riconoscevate in quanto secondo in comando di Helishev. Non era stato baciato dal gelo come lei, né altrettanto era burbero: tanto era bastato per rendersi simpatico agli occhi del grosso dei vostri camerati. Ma la caratteristica che faceva di lui un uomo notevole e un buon soldato stava nella sua resilienza: per quanto non brillasse in alcun modo per capacità, era infatti pressoché infaticabile, ed eravate sul punto di distinguere quanti addirittura lo avevano preso a esempio. «Sono attese dal caposquadra nei suoi alloggi privati.»

    »QM Point



    Edited by Blackthorn - 16/11/2019, 21:08
     
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    Dacassia - Nash Andii



    Inarrestabile si dimostrò la forza di Arya, tanto quanto la prevedibile rigenerazione della creatura. Non era impressionata, se aveva la capacità di fondersi con corpi e cadaveri, doveva sicuramente nascondere delle proprietà rigenerative. Un mostro con la possibilità di curare i propri danni è decisamente pericolo, l'unico modo per fermarlo era colpirlo così duramente da ucciderlo e non dargli modo di innescare il processo di guarigione. E questo era possibile solo previa collaborazione con altri o, nel caso fosse da sola, con un atto di maestria tale da fare un lavoro per tre. Lo Sparviero era senz'altro fiducioso. Conscia dei propri limiti, la guardinga, temeraria e giudiziosa Arya, non avrebbe rischiato di strafare in alcun modo. Le sue esecuzioni dovevano sempre essere perfette.

    Non per gli altri due andò allo stesso modo. Sebbene Kamil dimostrò costanza, Lux peccò d'iniziativa e la sua disattenzione lasciò lo spiraglio al mostro di riprendersi e, in contemporanea, la ritirata della chiacchierona. Non che potesse importare qualcosa a una solitaria come Arya. Espirò, lasciando ciò come riproduzione del suo disappunto di ripetere sino alla stregua. La durezza d'allenamento imposto da Helishev era basato sull'ovvia volontà di raggiungere il risultato migliore possibile. Nulla da obbiettare, ma il malcontento cominciava a dilagare e se ci fosse stata un'occasione per lei di abbandonare tutto - ma non prima di aver ripreso il proprio equipaggiamento - l'avrebbe fatto seduta stante. Era una cacciatrice che prediligeva particolari prede, gli aberranti potevano anche rientrare nella sua lista - seppur sino ad ora ne erano rimasti fuori - però non lavorava mai gratuitamente.

    A proposito di fughe, l'indomani Dorvast Euver si congedò con i suoi uomini. Tale notizia suscitò una silente - e quindi impercettibile - ira nella giovane spadaccina muta. Questo perché aveva preso accordi con lui sull'acquisizione della propria katana. Se il gigante non si sarebbe reso responsabile di portare a compimento l'accordo, ne avrebbe dovuto rispondere la strega del gelo, altrimenti Arya non avrebbe avuto nessun altro motivo per rimanere lì. Se ne sarebbe andata per poi tornare per conto proprio a recuperare ciò che aveva lasciato. Se non fosse riuscita da sola, avrebbe richiesto supporto dalla sua "famiglia", loro avrebbero provveduto a fornire una scusante - e forse anche denaro - per l'accaduto. Se così non fosse stato, e comprensibile per la severità degli altri riguardo le responsabilità di ognuno, si sarebbe messa l'anima in pace e si sarebbe fatta avere una copia identica.

    In qualche modo stava ottenendo rispetto dai carcerati e dai campioni, i primi probabilmente perché la vedevano come una figura capace di cambiare la propria condizione; i secondi, invece, per via delle sue dimostrazioni durante l'addestramento. Tenace e risoluta, Arya non aveva giovato solo in nozioni teoriche. Aveva ripreso vigore in corpo per via degli addestramenti sicuramente più completi ed efficaci dei più tenui ammazza-tempo in gabbia. Il tutto giunse all'apice quando venne convocata da Helishev. Kamil esordì la chiamata davanti a tutti. Lo Sparviero si voltò col capo, appena chino, e dentro di lei si riaccese la brama che l'aveva condotta a schiavizzarsi per i Campioni del Gelo. Abbandonò ciò che stava facendo, ignorando gli sguardi altrui, avanzando con costanza e decisione verso l'altro. Nemmeno quest'ultimo fu degno dei suoi occhi, aveva solo in testa di raggiungere la caposquadra al più presto per capire che cosa ne sarebbe stato della sua arma.

    Scortati da Kamil, Arya e Cassandra si presentarono all'ufficio di Helishev. Fatti entrare, la spadaccina - priva dei suoi mezzi d'interazione - semplicemente entrò e attese eretta e composta fissando la caposquadra negli occhi. Uno sguardo pungente coi pugni serrati, ma rilassati. Voleva sapere per quale motivo era stata convocata, ma sopratutto se vi erano notizie della sua arma prediletta. Da cacciatrice a preda. Questa era la condizione per riottenere la sua arma. Helishev aveva compreso che restituire la katana a Arya avrebbe aumentato la probabilità di successo della missione, d'altra parte voleva fare in modo che quella omicida non scappasse dopo aver ottenuto ciò che voleva. Un timore ragionevole, poiché erano davvero queste le intenzioni di Arya. La giovane dai capelli bianchi, però, non inseguiva la sua arma solo per motivi di combattimento. Dopo anni di uso, era quasi diventata parte di sé. Attese un momento, facendo credere di essere indecisa. Nulla la spaventava da tempo, nemmeno le mostruose creazioni del Divoratore. Distrusse così l'atmosfera avvicinandosi alla caposquadra. Afferrò senza indugio la pozione e, dopo averla odorata, la ingurgitò in un solo sorso. Allungò la mano per avere il compenso con uno sguardo freddo e pungente. Kamil alle sue spalle le consegnò l'equipaggiamento completo, armatura compresa, in un panno. Nessun sorriso, nessun ringraziamento. Riprese le sue cose e all'ordine di congedo, abbandonò l'aula lasciando dietro di sé solamente la scia prodotta dal liquido incantato.
    Energia: Verde
    Salute: 75%
    Energia: 100%

    Equipaggiamento:
    - Becco dello Sparviero Silente [Katana (Livello 1)]
    - Manto dello Sparviero Silente [Armatura (Livello 1)]

    Passive:
    - Preda e Predatrice [Bonus: +1 Precisione]
    - Lo Sparviero Silente [Bonus: +1 Maestria Spada (Difensiva), Percezione Pericoli, Percezione Intenzioni, Anti-Malia][Malus: -25% Salute]
    - Brivido della Caccia [Anti-Auspex Uditivo]
    - Mente Imperscrutabile [Passiva di Anti-Percezione Intenzioni]
    - Volontà d'Acciaio [Passiva di Anti-Fatica][Passiva di Anti-Dolore]
     
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    In quei giorni l'accampamento era tutto un vociferare di quanto i responsabili della città fossero stati scorretti nel non accogliere una truppa di civili che provenendo da villaggi vicini. Essi erano in cerca di asilo dall'imminente pericolo degli aberranti. Il malcontento e la sfiducia nelle istituzioni della città era evidente, i presenti si chiedevano da che parte stessero quelli di Dracassia e dell'Hederath in generale, il loro compito era proteggerli dopotutto, anche la spedizione contro gli aberranti aveva quel preciso scopo, allora perché non dare asilo a quei poveracci? Personalmente non potei che esprimere le mie perplessità in favore dei civili, sempre con nobile distacco ovviamente, ma anche a parer mio in un momento di simile paura non accogliere un branco di contadini in fuga è una scelta poco accorta politicamente parlando, la scusante era del tutto assente in quanto gli spazzi della città erano abbastanza ampi da ospitarli, anche se quei poveracci li avessero buttati in un qualunque fienile sarebbero stati a loro agio ugualmente, tanto provenivano tutti dalla campagna non avevano sicuramente bisogno di locande di lusso...

    Le estenuanti esercitazioni che Halishev ci somministrava portavano via gran parte della giornata, dal mio canto le affrontai con altera dignità, trattavo per la maggiore con le donne e gli uomini liberi, facendo sfoggio della mia magia e impartendo dritte al proposito del corretto posizionamento da assumere in battaglia contro quelle che, per ora erano pallide imitazioni di creature ben più potenti. Sia per la mia esperienza, che per il fatto di avere a che fare con dei sempliciotti non feci alcuno sforzo ad assumere una posizione di leadership, avvalorata dal fatto che anche la Geloetta malgrado il suo evidente astio per il mio status sociale era stata costretta ad arrendersi alla schiacciante evidenza delle mie indiscusse qualità arcane.

    Uno di quei giorni al calar del sole fui chiamata al rapporto sott'ordine della Geloetta.
    Mi presentai presso le sue stanze, al mio fianco Arya una donna taciturna distintasi per le sue abilità nel combattimento e Kamil un fidato soldato del nord. Io ed Arya eravamo le due punte di spicco di quella marmaglia di donne e uomini senza un'apparente scopo nella vita.
    Impettita e altera aspettai che Arya o Kamil aprissero la socchiusa porta della stanza ove la geloetta ci aspettava(non avevo la minima intenzione di abbassarmi ad aprire quella porta se c'era qualcun altro che poteva farlo per me),ne solcai la soia passando davanti ai due poiché questa forma di tacita precedenza mi spettava per diritto, e tutti lo sapevano consci o non consci del mio rango.
    - Immagino la partenza sia imminente, dico bene Helishev?
    Confermò la mia affermazione, dopo di chè avanzò espressamente una precisa richiesta:
    -«Benché ci siamo già disfatti delle più evidenti zavorre, avrete notato come alcuni uomini non siano felici: quel genere di cosa che accade quando un'unità è fatta per metà di straccioni male addestrati. Una volta che saremo là fuori, questa infelicità potrebbe condurre alla diserzione - che per legge marziale del Tövis conduce ad una inesorabile esecuzione. Preferirei non dover arrivare a tanto.
    Ebbene, tutti abbiamo notato in lei un davvero particolare talento nel costringere un uomo a fare ciò che chiede. Quando e se la situazione dovesse farsi critica, dovrà esercitare questo talento.»
    Non aveva tutti i torti al proposito di mal addestrati e straccioni, ironico come di questi ultimi lei ne era forse l'emblema. A conti fatti, comunque Halishev per quanto burbera ed ignorante potesse essere capì, lei o qualcuno della sua equipe la mia predisposizione alla manipolazione mentale, cosa della quale ancora non avevo fatto sfoggio. Ci aveva quindi osservati per bene durante quei tediosi allenamenti.
    - "La sua capacità di osservazione mi ha quasi sorpresa, Halishev."
    Dissi sprezzante
    -"Se negli uomini e le donne di questa spedizione dovesse germogliare il germe della diserzione state pur certa che alla prima avvisaglia me ne occuperò efficacemente."
    Il discorso proseguì, spostando l'attenzione verso la taciturna Arya, parlavano di una spada, o qualcosa del genere che comunque era stato confiscato alla galeotta dai capelli d'argento. La geloetta decise comunque di restituire tutto l'armamentario alla legittima proprietaria, ma per lei i suoi piani erano ben altri. Estrasse da uno dei cassetti della rustica scrivania una boccetta, si trattava di una pozione attira aberranti, che Arya dai capelli d'argento avrebbe dovuto ingerire per fungere da esca.
    Mi sentii quasi in pena per quella galeotta taciturna. Fulminai Halishev con lo sguardo d'un espressione di un misto fra scetticismo e apprensione.
    L'espressione "un'esca armata" risuona tanto rassicurante quanto un topo messo all'angolo che è costretto ad usare i suoi dentini per difendersi, specie se l'avversario doveva essere un aberrante. Riflettei e mi accorsi comunque che dopotutto i pro di quel piano superavano di gran lunga i contro, non accennai quindi ai rischi fin troppo ovvi che quella donna era costretta ad incorrere, dopotutto un'esca ci avrebbe permesso di portare la preda in un luogo consono per pianificare una imboscata.
    -"In codesto modo si potrebbe anche pianificare uno specifico luogo dove attirare la creatura, in modo tale da avere un vantaggio dato dall'elemento sorpresa, non ché un campo che possa permetterci di affrontare l'aberrante in maniera più agevole."
    La galeotta accettò senza fiatare tal compito, ingerendo quasi platealmente senza alcuna esitazione l'intero contenuto della boccetta.
    Halishev concordò le mie deduzioni aggiungendo dettegli interessanti quali le strane nebbie che accompagnano il territorio degli aberranti, e di quanto la presenza di un'esca potesse aiutarci ad eludere tale impiccio, dopo tali delucidazioni fummo congedate.

    saSD3fE



    ⚜ Salute incolume
    ⚜ Mana 100%
    ⚜ Energia Verde
    ⚜ Equipaggiamento: Manipolazione dei Capelli {Arma Naturale Livello I - Armatura Naturale Livello II}

    Abilità Passive

    Carisma Ipnotico
    {Malia di carisma + Anti malia}

    Arcani Poteri
    {Potenziamento alle attive di tipo offensivo mentale + medio + Azioni offensive e supporto pieni ad area + Possibilità di scelta dei bersagli coinvolti in tecniche ad area + giustifica di manipolazione dei quattro elementi.}
     
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    coming through the abyss,
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    helishev

    pov. Caposquadra Helishev Geloeletta,
    terre infrante, luogo non specificato.

    Sempre più audace. Doveva essere stata questa la voce diffusasi su di lei nell'accampamento l'indomani della loro partenza, così improvvisa che li aveva visti abbandonare Dacassia in piena notte. Parole che erano pregne di spregio o di fiele, pronunciate soprattutto dai carcerati, ora reclute indisponenti, o da quei volontari che peggio di altri tolleravano la vita militare. Helishev conosceva bene i Campioni con un passato burrascoso con la legge e sapeva che la giusta situazione e grandi necessità potevano produrre in loro miracoli, dando vita a uomini al fianco dei quali sarebbe stata onorata di morire. Sperava davvero che alcuni di loro seguissero un tale percorso, per quanto adesso la disprezzassero additandola come una persona fin troppo piena di sé che andava incontro alla rovina. La realtà è che la rovina aspettava tutti loro in ogni caso. La donna sentiva che se non avessero agito in fretta non ci sarebbero stati più villaggi da difendere né persone da salvare tanto più si fossero inoltrati nelle Terre Infrante. Il congedo da Dacassia era stato un campanello d'allarme: le famiglie a cui era stata rifiutata l'ospitalità erano accampate meglio che potevano sotto le loro antiche cupole di tende, che agli occhi di lei erano divenute autentiche cappe di terrore. Helishev era convinta che l'infame spettacolo delle mura, con i bambini e gli uomini assiepatisi dappresso le torri che spiavano la squadra nella notte con occhi colmi di lacrime, si sarebbe allora riproposto in ogni dove. Urla d'aiuto che altri come Lord Atalcais avrebbero lasciato inascoltate. Soprattutto, sapeva che nuovi convogli si sarebbero inoltrati nelle nebbie, in fuga o cacciati, andando incontro ad una fine certa. Una tale responsabilità verteva, con la giusta misura, sulle spalle di ciascuno di loro, Campioni del Gelo, reclute o alleati che fossero. Tergiversare oltre non era più una scelta. Per questo erano partiti: poco prima del levare delle nebbie, cosicché avrebbero marciato il più possibile.

    Alla fine, come incuranti delle accortezze che Helishev e altri avevano avuto, incuranti delle sofferenze delle famiglie in fuga e dei dispersi, la nebbia era calata lo stesso, infestando le terre infrante del suo tanfo rivoltante e dei suoi pericoli.
    «Potremmo fermarci e ripartire alla prima schiarita.» Kamil era sempre stato molto cauto con le nebbie, anche se lei non aveva mai saputo bene il perché: certo, erano un problema naturale, già senza essere presagio di terribili sventure e aberranti, ma c'era sotto qualcosa di più, che non aveva mai voluto indagare. «Potremmo evitare qualche aberrante, in questo modo.»
    Il Campione aveva espresso le proprie perplessità liberamente, senza badare alla presenza di Cassandra e Arya sul carro con lui e la caposquadra, benché fosse stato proprio lui l'autore materiale della loro presenza lì. Helishev nutriva ancora un certo remore nei confronti della nobilotta, ma aveva comunque inviato Kamil a porgerle il suo invito, che immaginò proprio con le parole che lei aveva raccomandato: sua nobiltà è attesa dalla caposquadra per il viaggio, in perfetto ossequio alla mezza promessa che le aveva fatto di trattarla diversamente da qualunque altra recluta. Naturalmente, l'ordine recapitato ad Arya aveva in sé un tono canzonatorio, ora che erano lì entrambe, un sottile atto di scherno che non impedì alla gelida un'espressione sorniona per tutto il viaggio. Questo senza neppure considerare che il riposo dello sparviero era essenziale per i suoi piani e che il favore della maga le avrebbe giovato, in un futuro non così prossimo. Perciò avrebbe tenuto per sé il suo astio. Per adesso.
    «No, proseguiamo ancora.» Disse infine. «Le tue supposizioni sono giuste: uno scontro con così largo anticipo non è conveniente. Proprio perché non lo è sono preoccupata: non siamo ancora a più di un giorno di viaggio da Dacassia. Se quelle creature sono già qui, con tutte le premure che le prime linee avranno preso per impedirlo, è possibile che dovremo rivedere i nostri piani.
    Caltier, quali pensate che siano le nostre migliori possibilità, al momento?
    »

    Alla fine il convoglio aveva proseguito per oltre due ore, costeggiando guardingo le nubi più dense fino a che non ne fu interamente circondato, ed era calata la notte. Morsi così da nebbie e oscurità tutte attorno a loro e con una prelibatissima esca che era ancora troppo prematuro rivelare, la geloeletta aveva convenuto di erigere un accampamento alla buona, quando ancora mancava un terzo al loro cammino. Solo allora, nel mezzo del nulla, la donna si era data pena di fornire a tutti gli uomini, radunati per un pasto frugale, i dettagli della loro missione.
    «Signori, ci è stato ordinato di muovere presso la Faglia Bianca.» Non una delle faglie più note, convenne la donna dinnanzi gli sguardi perplessi di metà squadra, per quanto la sua accessibilità e l'abbondanza di alabastro delle sue cavità avessero ispirato più di un cantastorie a dedicargli le sue attenzioni. «Nei suoi pressi sono alcuni villaggi, ma nessuna vera e propria città: finché il fronte è ancora saldo a sufficienza, dovremo fare il possibile per evacuarli e fortificarli allo scopo di offrire un punto d'appoggio in più alle prime linee, qualora la situazione si rendesse insostenibile.
    Insomma, mentre uomini migliori si fanno ammazzare al posto nostro, noi dovremo tenere la casa in ordine.
    » Sputò per terra un grumo viola di mosto e saliva, palesando la sua apprensione. «Potremmo dover far fronte ad eventuali necessità, perciò state all'erta. Se tutto procede bene, già domani saremo alle porte di uno di quei villaggi. Farò io il primo turno di guardia. Seguirà Kamil.»
    La notte passò in fretta. Per quanto fosse loro difficile abbandonarsi alle poche comodità dei propri giacigli, nessun incubo prese vita fra le ombre per azzannarli a tradimento, cosa che in Nash Andii non era affatto scontata per nessuno. Ripartirono quindi l'indomani, alla prima schiarita, e al calare dello stesso giorno giunsero alla loro meta. Helishev lo avrebbe definito un autentico successo,
    se solo la loro destinazione non avesse raccontato di disperazione e morte...

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    village_nash_andii_1_

    pov. Zanna, Villaggio di Belchija
    sud-ovest della faglia bianca.

    La luce minacciava di spegnersi da un momento all'altro sulle ferite della steppa, né più confortava gli animi il cielo, tutto una teoria di vapori contorti e striature rossastre che davvero non prometteva altro non fosse una notte illune, scurissima e fredda. Il gelo giungeva da nord, come tutte le cose terribili facevano, lento e implacabile. Artigliava in forti brinate le alte erbe, i villaggi, le persone e si faceva tanto più furioso quanto più era vicino alle faglie e ai dirupi, dove il vento infuriava e infuriava, gelando ancora e ancora il terreno, che si spaccava. Fra i popoli nashi si era così diffusa l'idea che un giorno, lontano secoli eppure così visibile, oltre la metà di quella terra un tempo piana e tutta uguale sarebbe infine sprofondata nell'abisso per sempre. Una tale suggestione era giunta per vie traverse fino a te, ma di certo non era questo ad averti condotto fin lì.

    Poco oltre l'ultima linea di faglie e dirupi che cesellava le terre infrante stava Belchija, villaggio su cui il gelo non posava più le sue grinfie autentiche da anni, ma che in sere come quella ricordava ancora bene i lamenti del nord e si faceva freddissima e inospitale. Era un insediamento come tanti nelle terre infrante, piuttosto anonimi confrontati gli uni con gli altri ed egualmente capace di stupire, fin quando affascinare i visitatori stranieri più nuovi ai suoi costumi. Il villaggio era un insieme eterogeneo di familiari casupole di legno e alte, alte tende che i nashi costruivano da una moltitudine di generazioni con abilità: avevano l'aspetto di ampie, colorate cupole, le quali erano sorrette da pertiche assai elastiche e ben piantate nel suolo, curvate in alto e coperte infine di un feltro spesso. Probabilmente, avresti dovuto arrenderti all'idea di essere ospite di una di quelle tende per la notte. Dopotutto, spingerti fin nell'entroterra del nord ingovernato non era qualcosa di piacevole. Avevi il compito di recuperare un certo signor nessuno, una povera anima che qualcuno, dotato di importanti mezzi economici e di chissà quali desideri le sue fortune avevano reso possibili, voleva fortemente indietro. Belchija era l'ultimo posto che il ricercato aveva frequentato e in quanto tale una ricca fonte di informazioni. Era solo naturale che tu fossi lì.

    All'ombra di una di quelle tende cominciò ad emergere un pizzico di verità. Una verità che venne tuttavia strappata e sovrastata da un ululato terribile, improvviso, come un fischio che minacciava terribilmente i tuoi piani. Che fosse l'inizio di una bufera? No, no: quelle tende resistevano benissimo anche ai venti più impetuosi e naturalmente, catturati dalle faglie come adesso erano, i venti non ululavano più in Belchija. Erano gli Aberranti a farlo.
    Strutture così antiche, così variopinte non erano in grado di assolvere allo scopo nuovo di difesa contro tali entità. Purtroppo le terre infrante non avevano già sposato l'idea delle città fortificate e delle alte mura, né compreso appieno il loro significato fino ad allora: nulla difendeva il villaggio se non una palizzata di legno sorta tutt'attorno l'insediamento. Una palizzata che non era in grado di proteggere da loro. Non al modo in cui apparvero.
    Balenarono in Belchija annunciando le nebbie anziché celandosi fra di loro, trapassando corpi e ostacoli come fossero fatti di burro, seminando il panico nell'insediamento. Una di quelle creature, un mostro terribile che nell'aspetto ricordava da vicino una grossa pantera a due teste e portava nel suo ventre un bambino - un bambino vivo che si dimenava e soffocava - ti si palesò d'innanzi.
    Quando attaccò, gettandosi su di te senza curarsi affatto del piccolo abitante nashi che gli piegava innaturalmente il corpo, altro non fece se non dimostrare quanto la loro fame non conoscesse la sazietà. Proprio come le fauci dei suoi crani, anche le nebbie calarono in una presa mortale, gettando l'intero villaggio in un incubo bianco.
    Un incubo dal quale non era possibile uscire.

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    pov. Cassandra, Arya, Zanna.
    Villaggio di Belchija.

    La nebbia calò in fretta. Lo fece allo stesso modo per le reclute giovani come per i soldati consumati dall'esperienza che erano la squadra di Helishev Geloeletta, per gli alti nobili come per quanti non avevano avuto privilegi di nascita, quando alcuni di loro ebbero appena scorto in lontananza quasi un puntino presto scomparso fra i vapori e fattosi d'un bianco accecante, la caligine che soffiava in gigantesche dita scheletriche innalzatesi dal terreno a ghermire gli infelici. Lo fece, quell'infausta nebbia, con una tale fatalità che la reazione non fu repentina quanto quelli sotto le armi avrebbero sognato, inconsapevoli della gravità degli eventi che stavano consumandosi proprio davanti a loro.
    Se ne avvidero in seguito, ma non già quando dalle basse nubi emersero i primi grossi pennoni dai quali non sventolavano al vento le bandiere per segnalare il centro abitato, l'aria precipitata e fattasi immobile. La calamità fu chiara solo quando giunsero alle loro orecchie le urla. Quei lamenti spaventosi diedero la dimensione di quanto stava realmente accadendo, di quanto erano in pericolo le vite di quegli sventurati. Perché quella sagoma era Belchija e quelle nebbie portavano morte. Una consapevolezza che s'insinuò inesorabile in ciascuno di loro come una stretta che priva del fiato.
    «Alle Armi!» fu il grido che si sollevò, da tutti e da nessuno in particolare - e agirono, perché tale era il loro compito.
    I carri accelerarono trainati da animali che sapevano essere spronati fino all'esaurimento, l'ordine che questa volta sì, arrivava distintamente dalla caposquadra, attardatasi in compagnia delle reclute nello sforzo di stare loro vicino e lenire le turbolenze delle sere appena passate. Parlò a voce chiara e disse poche, concise parole. «Andremo in loro soccorso! Reclute, soldati, state nelle retrovie! Marciate in formazione! Davanti a noi è il Male di Nash Andii! Là è la nostra missione! Non dividetevi! State vicini, compatti!» La donna balzò in sella a uno dei cavalli e così fecero i Campioni, che subitamente si appropriarono degli animali liberi, ben lontani dall'essere in numero sufficiente per l'intera squadra. Loro, già addestrati, sapevano cosa fare.
    Al galoppo, la caposquadra si avvicinò allora ad uno dei carri. Tese una mano: «Arya, con me! Dovrai attrarre il grosso delle creature lontano mentre i soldati e Kamil compattano le retrovie! Ti lascerò il cavallo appena saremo vicini al villaggio! E tu.» squadrò la nobile. «Vedi un po' di renderti utile nel modo che Kamil riterrà opportuno.»
    Si distaccò velocemente, mentre le urla crescevano e la nebbia si faceva più densa e impraticabile.
    «In alto le torce!» Quindi ordinò e i Campioni obbedirono. Cinque fiamme avvamparono e fendettero le nubi, dissipandole come un incanto al loro passaggio e rivelando alcuni disperati in fuga, mentre le sagome delle alte tende di Belchija si facevano sempre più distinguibili. «Voi nelle retrovie! Radunate e proteggete i dispersi!»
    Così il convoglio si separò e cinque luci e un'esca si persero nelle nebbie nel tentativo di raggiungere al più presto il villaggio. Quella che doveva essere una semplice evacuazione divenne, per necessità e prestissimo, una missione di soccorso. Una missione per la vita.

    Anche dall'altro lato, fin dentro il villaggio, la nebbia calò celere. Lo fece allo stesso modo per i bambini come per gli anziani del piccolo centro abitato, per i suoi graditi ospiti come per quanti vi erano nati e vi sarebbero morti, quando ancora tutti loro dovevano ancora prepararsi alla notte e alle minacce della steppa, lontani dall'aver eretto le loro pur deboli difese nella relativa sicurezza che l'insediamento conosceva. Lo fece, quella maledetta nebbia, in puro spregio delle loro abitudini e delle loro speranze, come se fosse qualcosa di vivo, qualcosa odiava tutti loro e voleva vederli morti. Il villaggio sprofondò in un terrore profondo alla vista delle bestie, il cui loro numero, così come le loro fattezze, non era qualcosa di distinguibile sotto i fumi che le celavano e aiutavano.
    «No, non è possibile! Non possono essere qui!» fra le grida e le suppliche, l'incredulità dominava la folla in fuga, incapace di reagire. Le stesse guardie fecero fatica ad opporsi alla minaccia, troppo imprevista affinché uomini inesperti potessero rispondere con abilità: alcune di loro si avventarono sulle creature mosse da disperazione o brama e vi morirono, persino assimilate, contribuendo null'altro se non a renderle più grandi, forti e pericolose. In pochi restarono nelle proprie tende, che da quei mostri non offrivano riparo. Gli abitanti di Belchija invasero per la metà le strade in lungo e in largo, tale la loro paura che alcuni si infortunarono nella fuga e di quanti vi riuscirono, alcuni inevitabilmente si persero nelle nebbie che circondavano il villaggio, divenendo facili prede cieche del giogo e della fame degli aberranti. Alcuni gruppi si radunarono in modo quasi casuale al centro della piazza principale, da cui svettava la figura del governatore, un vecchio Nashi tutto d'un pezzo e oltremodo composto nel suo caffettano tradizionale tanto da non mostrare orrore alla tragedia che stava consumandosi attorno a lui. Sbraitava direttive, invitando gli uomini a muoversi, anziché stare fermi ad aspettare la morte.
    «Radunatevi in piccoli gruppi e per tutte le fratture, via di qua! Guardie, alle armi! Non diamogliela vinta!»

    La nebbia calò inesorabile su tutti quanti loro senza concedere alcuna alternativa. Dovevano combattere, o morire provandoci.

    »QM Point1
    »QM Point2



    Edited by Blackthorn - 6/12/2019, 02:39
     
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