Red Circus - Ouverture

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    Una miriade immota di occhi rapaci fissa il mondo e trattiene il fiato.
    Presto.
    Molto presto.



    Il sole pallido di un inverno non troppo rigido si è levato da poco meno di due ore sull'impero, gettando i suoi raggi ancora tiepidi sulle terre aspre di un feudo povero e scarsamente popolato del selvaggio entroterra nordoccidentale. Al centro di questa regione sorge la città di Grallam, un insediamento di duemila abitanti relativamente giovane e sorprendentemente spoglio ed insignificante, di cui probabilmente non sentirete la mancanza a breve, dal quale la Baronia è governata dal signorotto locale, che risiede nel proprio grigio ed austero palazzotto.

    Tale edificio vi è certamente familiare, visto che ieri ciascuno di voi ha discusso in una delle sue molte stanze con l'emaciato funzionario incaricato da Sua Eccellenza il Barone in persona di assoldare mercenari capaci di risolvere la recentissima crisi di Irmal, la sparizione di sei bambini in una minuscola comunità rurale che ha suscitato scalpore se non orrore in tutto il piccolissimo stato e che potrebbe danneggiare irreparabilmente non solo le famiglie degli scomparsi, ma anche il loro villaggio.

    Per questo motivo, per il dovere nei confronti del proprio dominio, per dimostrare ai propri più ricchi e potenti vicini che esso è ancora sicuro e capace di reagire nonché per orgoglio personale, l'ex-militare draconiano di nobili origini ed età avanzata che rappresenta l'autorità dell'imperatore in questo angolo sperduto dell'impero ha offerto una piccola fortuna come compenso ed ha messo a vostra disposizione un semplice carro, cocchiere e cavalli per agevolare il vostro viaggio, pur delegando i colloqui individuali con voi ad un sottoposto ed evitando di incontrarvi personalmente.

    E proprio tale sottoposto, il funzionario Weimar, il medesimo umano atlassiano sulla cinquantina, di bassa statura e dai lineamenti affilati con il quale avete già parlato, si trova in questo momento accanto al carro, pronto a darvi le ultime indicazioni, prima che affrontiate il viaggio di quattro ore verso Irmal. Per un momento, un'ombra attraversa gli occhi neri ed incavati, dopodiché l'uomo comincia a parlare con la sua voce sorprendentemente profonda, recitando un discorso evidentemente preparato e memorizzato in precedenza, forse questa notte: “Signori, siete già consapevoli della gravità della situazione: dei fanciulli innocenti sono scomparsi, un'intera comunità è in lutto ed inoltre i locali sono afflitti da incubi terrificanti a causa della perdita, contano...”. Si interrompe per un momento, riflette sulle proprie parole, soppesandole con attenzione. Accarezza il viso rasato. Sospira. “...contiamo tutti su di voi, e non serve certo un discorso elaborato per spiegarvelo. Da cittadino di Grallam, vi prego, fate tutto quello che potete per riportarli a casa sani e salvi” conclude, cambiando tono in maniera netta ed evidente.

    Si scosta, pronto a lasciarvi salire, ma, prima di darvene l'occasione, si arresta bruscamente e, per un attimo, gli occhi scuri dietro il naso aquilino si illuminano, mentre ricorda un ultimo dettaglio: “arrivati ad Irmal, dovreste per prima cosa parlare con padre Ladislaus Rilet, il sacerdote locale: è un uomo rispettato che vive lì da molti anni e che conosce praticamente tutti gli abitanti del posto”. Detto ciò si allontana definitivamente, aspettando che partiate ed osservandovi in silenzio mentre vi allontanate.

    Il cocchiere, un altro atlassiano, all'apparenza grassoccio ed impacciato e vestito molto umilmente, si limita a borbottare qualcosa ai cavalli mentre dirige il carro, lanciandovi, di tanto in tanto, qualche occhiata tutt'altro che furtiva, senza riuscire a nascondere la propria preoccupazione e senza parlare di propria iniziativa, mentre il mezzo si avvia lungo la strada, attraversando velocemente la brughiera la cui uniforme vastità è interrotta solo da qualche sporadico masso ed arbusto. Così, vi ritrovate a viaggiare per diverse ore nella distesa verde, con nulla da guardare se non il cielo, che, lentamente ma inesorabilmente, abbandona il grigiore del freddo mattino per colorarsi timidamente d'azzurro, mentre il sole si avvicina al proprio trono nel centro della vastità cerulea, circondato da una corte di nuvole bianche.

    Fortunatamente, il viaggio procede senza intoppi, per quanto il veicolo non sia dei più confortevoli, e, dopo poco meno del previsto, riuscite finalmente a vedere Irmal, che è esattamente come vi era stata descritta e come una tra voi la ricordava: un agglomerato composto da una trentina casupole in legno, dal tetto in paglia e dalle fondamenta non troppo solide, costruite attorno ad una piccola piazza centrale, poco più che uno spiazzo circolare con un pozzo sul quale si affaccia una modestissima chiesa in pietra che spicca tra gli altri edifici e che riuscite a distinguere da lontano senza troppe difficoltà.

    Vi accorgete che c'è qualcosa di sbagliato poco prima che il carro raggiunga il villaggio, mentre i cavalli lo trascinano lungo l'ultimo tratto di strada, costeggiando i campi coltivati dai locali, un autentico tesoro in questa terra altrimenti poco fertile. In particolare, il primo ad accorgersi della stranezza della situazione, tra voi, è il caltrisiano, che, sensibile alle deformazioni del reale operate per mezzo dell'arcano, subito percepisce un velo occulto, oscuro, l'impronta perversa di una magia potente e dimenticata, forse un'evocazione, forse negromanzia, forse una qualche divinazione blasfema, il cui eco, certamente recente, risuona ancora, come il grave rintocco di una grande e tetra campana, il cui tanfo innaturale pare permeare l'intero insediamento ed i suoi immediati dintorni, e, se per coloro che non comprendono i misteri dell'ultraterreno e dell'oltremondano la cosa si traduce in un mero brivido freddo che scivola con straziante lentezza lungo la schiena, chi è solito lanciare incantesimi è ben consapevole che qui è avvenuto qualcosa di innaturale.

    Quando ormai meno di cento metri vi separano dal centro di Irmal, non potete non notare le grandi occhiaie dei pochi abitanti che si vedono in giro, tutti caratterizzati da un pallore malsano e da lineamenti scavati da un'afflizione fisica e mentale. Perfino i pochi, pochissimi animali che circolano, perlopiù pollame, ma anche un paio di cani, sono inquieti, ed i cavalli stessi danno segni di nervosismo che paiono preoccupare sempre più il cocchiere. Nondimeno, alla fine, nonostante le evidenti difficoltà di chi lo manovra, il carro frena: siete arrivati.

    Vi ritrovate davanti al tempio, circondati da pochi dei malridotti cittadini, che vi scrutano, alcuni speranzosi, altri evidentemente scettici e rassegnati in viso, mentre il cocchiere continua a fare del proprio meglio – con scarsi risultati - per calmare i cavalli.

    Passa un lunghissimo e silente attimo, poi, finalmente, con un poderoso cigolio, la porta di legno del luogo di culto, decorata con i simboli sacri della branca locale della religione del Divoratore e circondata da bassorilievi i cui motivi circolari tanto perfetti da essere a tratti alienanti rappresentano la gargantuesca ed imperscrutabile divinità su tutto il supercontinente, si aprono per rivelare un uomo alto, magro e canuto, avvolto da semplici e lugubri paramenti neri.

    Costui, incurvato a causa degli anni e della stanchezza e con andatura lentissima, si avvicina a voi ed accenna con le labbra secche e sottili un sorriso abbozzato che non riesce a nascondere la tristezza degli occhi circondati da spaventose occhiaie violacee che, unitamente alla fitta ragnatela di rughe sul viso, accentuano l'anzianità dell'uomo, come se non fossero sufficienti i capelli candidi e lanosi. Infine, con voce ridotta ad un sussurro, si limita a dire: “Signori, benvenuti a Irmal, sono certo che avrete... molte domande


    NdN



    Benvenuti nella quest Red Circus – Ouverture, grazie per aver partecipato e in bocca al lupo!
    Come da bando, la quest vera e propria comincia solo dopo il vostro arrivo ad Irmal, per cui questo post introduttivo si limita ad esporvi le modalità in cui siete stati ingaggiati ed in cui avete raggiunto il villaggio, ma, ovviamente, sentitevi liberi di utilizzare il supporto per eventuali discussioni con il funzionario Weimar, con il cocchiere o tra i vostri personaggi durante il viaggio.

    Passando all'azione vera e propria, vi chiederei di usare il supporto anche per la conversazione con Ladislaus Rilet, che è, di fatto, la vostra prima pista, nonché il leader de facto della comunità.
      ~stardriven: Sen Dolet, in virtù del proprio auspex passivo, riesce immediatamente a percepire che ad Irmal è stata utilizzata della magia, magia nera e potente, che aleggia ancora nell'insediamento, ma, non potendo accedere direttamente alla fonte della stessa, non è in grado di discernere esattamente la sua natura.

      Honey Queen: Data la gravità della situazione, nessuno dei locali ha ancora discusso con Cosette di ciò che le è stato lasciato in eredità dal suo defunto padre. Nonostante ciò, ricordavagamente il sacerdote, Ladislaus Rilet, che ha conosciuto durante la propria infanzia, e lo riconosce, per quanto sia terribilmente invecchiato. Lui non ha lasciato intendere in alcun modo di averla riconosciuta, ma, se si presenta, probabilmente si ricorderà di lei.

      Mordred.: Nulla di particolare da segnalare a questo giro.

    Scadenza: 08/03

     
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    ——— continua da: Rami secchi

    Le labbra si mossero da sole. « Sen Dolet. » Avevano risposto tante, tante volte a quella domanda sempre nella stessa maniera. E come tante altre volte, aggiunse meccanicamente « da Caltrisia »
    La donna avvenente che sedeva al suo fianco, presentatasi come Cosette, parve stranita. « Caltrisia... ? Non ne ho mai sentito parlare » - come ogni atlassiano, d'altronde - « cosa è, un paesino limitrofo dell' impero ? » Una risposta più accurata di quanto non pensasse. Anche se l'impero che confinava con Caltrisia, o ciò che ne rimaneva ormai, non era quello di Lothringen. Né uno che lei avrebbe saputo riconoscere, in ogni caso. Senza battere ciglio scrollò le spalle e sfornò la tipica risposta per l'occasione. « Est della valle dei fiumi, non è molto conosciuta »

    ---

    Se donna Emilia non gli avesse fatto leggere della ricompensa sul manifesto, difficilmente il caltrisiano si sarebbe dato la pena di ripensare. Qualcuno lo avrebbe definito insensibile, opportunista. In realtà il Dolet aveva sempre detestato aiutare gli altri: nel nome di una "solidarietà" che non aveva mai sentito appartenergli, sarebbe stato irragionevole per lui lanciarsi in soccorso del prossimo.

    Ma mentre il funzionario gli aveva descritto la situazione, la sensazione di stranezza che l'aveva pervaso la notte prima gli si era nuovamente palesata. La situazione era troppo, troppo esagerata per la mera scomparsa di fanciulli. Non poteva essere la prima volta che qualcosa del genere fosse accaduto. L'attenzione del baronato? E incubi collettivi? C'era di mezzo qualcosa di potente. Fu quella sensazione a spingerlo ad informare il funzionario che avrebbe preso parte della spedizione; con una clausola, tuttavia.

    ---

    « Comunque signor Sen, nonostante siate originario dei territori di Alioth non sento molto l' accento caratteristico di quelle parti... »
    La voce della donna - Cosette, rammentò, l'altra si era presentata seccamente come Zanna - lo riscosse dal momento di trance nel quale era caduto nell'osservare lo smeraldo umido che scorreva ai lati della strada tetra; la prateria scorreva sotto gli zoccoli dei cavalli, il calesse sul quale i tre più il cocchiere si trovavano sussultava ad ogni buca o dislivello, garantendo che non ci fosse davvero modo di assopirsi.

    Eppure ciò lo colpì: era raro che qualcuno facesse caso a qualche dettaglio che non collimava nelle sue risposte vaghe, o si prendesse la briga di notarlo. Fortunatamente la donna continuò a discorrere, permettendogli di svicolare dall'osservazione e rimanere appartato nel suo quieto pensare. Vi rimase finché non giunsero nelle vicinanze di Irmal, meta annunciata dal nitrire insicuro dei cavalli ora recalcitanti.

    Il cielo azzurro e il sole tiepido stonavano con l'atmosfera cadaverica del paesino, riflessa tanto nella popolazione dall'aspetto stremato quanto dall'aura permeante la via che portava verso la struttura più significativa del posto, la chiesa. Aveva sentito parlare di quei motivi curvi e intricati nel passato, ma era la prima volta che aveva l'opportunità di vedere coi propri occhi il culto del Divoratore. Al di là della mera curiosità che lo spingeva a voler comprendere cosa ci fosse dietro, però, il caltrisiano avrebbe decisamente preferito non avere a che fare con uomini e donne che professavano una religione così. I dragomanni di Ouroboros erano feccia, persino più degli idomeani ipocriti.

    Come ci si potesse prostrare di fronte al proprio distruttore, era qualcosa che giaceva all'infuori di ogni logica concepibile da Dolet. Tuttavia, l'aura che pulsava dal perimetron gli ricordò di restare cauto: il gelo nell'aria e l'aspetto smorto di tutto ciò che lo circondava erano solo un riflesso di quello che ai più sarebbe rimasto ignoto. Lui che si era immerso nell'etere, piuttosto che limitarsi ad esaminarne l'incresparsi della superficie e quanto vi fosse rispecchiato, poteva vederlo meglio di tutti.

    Si voltò quasi bruscamente prima verso Cosette, squadrandola dall'alto verso il basso, poi Zanna. Non era opera loro, sicuramente; difficilmente anzi avrebbero avuto un dono anche solo scarso nella manipolazione magica. No, quella era una magia potente e spaventosa, la cui intensità aveva irrimediabilmente distorto il flusso dell'etere. Gli era già capitato di vedere scenari del genere.

    Tornò a scrutare i dintorni, visibilmente cupo. « I bambini scomparsi saranno l'ultimo dei nostri problemi » disse a sé stesso, ma Zanna diede cenno di udirlo. « Perché lo dici? » Intercettò il suo sguardo per un breve attimo, per poi fissare nuovamente la strada che portava alla destinazione. Qualcosa nel modo in cui lo disse lo aveva inquietato. Avrebbe potuto spiegarle le sottigliezze con le quali i circuiti di etere costituivano le vene del mondo, e che quello che percepiva era qualcosa che non somigliava per nulla ad un circuito sano ma a qualcosa di innaturale, ma preferì non aprirsi. Per quel che poteva immaginare, le due donne avrebbero persino potuto non comprendere una sillaba di quello che avrebbe detto.

    Accennò col mento al paesaggio brullo e sconsolato. « Incubi. Persone scomparse. Sembra che l'aria stessa sia malata. Coincidenze sfortunate? » Scosse il capo e si voltò nuovamente verso la donna seduta di fronte a sé. I suoi capelli di un vermiglio intenso scorrevano lungo le spalle. Anche se capace di incantare uomini più giovani, o dai bassi impulsi più pronunciati, la bellezza di Zanna era sfigurata da una cicatrice che le attraversava l'occhio sinistro, conferendole un aspetto minaccioso che non gli permetteva di restare a suo agio. « Oltre al bisogno umano di stabilire ad alta voce l'ovvio, non so che ragione impiegare » Lei scrollò le spalle, lasciando perdere l'argomento. Cosette, invece - una lingua troppo lunga per i gusti del caltrisiano - riprese a parlare.

    « La storia dei rapimenti è capitata per caso, ho visto che in ballo c'era del denaro e allora mi sono unita alle danze. Voi invece perché avete deciso prendervi carico di questo lavoro? »

    ---

    « Quindi intendete accettare l'incarico » Sen Dolet annuì, aggiustandosi gli occhiali stancamente. « Voglio che sia chiara una cosa » Il funzionario lo fissò guardingo, la penna arrestata nell'atto di tracciare una lettera, il suo graffiare la pergamena ancora riecheggiante. Il mago aprì le labbra secche per dir qualcosa, esitò un momento. « Questa...situazione. Non è normale. I bambini possono sempre sparire, per inettitudine dei genitori o per altre sciocchezze che non starò qui ad elencarvi ». Esalò un respiro profondo « Gli incubi, d'altro canto...è chiaro che abbiamo davanti qualcosa di diverso. Gli incubi sono sintomo di turbamento non necessariamente emotivo. Posso capire alcuni fra loro, ma tutti? » Weimar ricambiò lo sguardo stanco del caltrisiano con uno grave, ma non proferì parola. Non seppe dire, lì per lì, se l'atlassiano stesse nascondendo qualcosa o se davvero stesse comprendendo. « Non intendo garantire nessuna riuscita. Su nessun fronte. Se non dovessero arrivare notizie di qualunque sorta, tenetevi alla larga da Ilmar. Per sempre »

    ---

    « Per i soldi »
    Aveva recitato più volte questa risposta. Una delle confidenze del maestro Maurdrey, quando il Dolet gli comunicò il suo voler essere mercenario piuttosto che un mago da guerra nell'esercito dell'Impero, fu quella di accettare incarichi solo per i soldi. Mai per altro. E mai, e poi mai, un mercenario dovrà dichiarare ad alta voce di essere interessati ad altro che i soldi. Anche Zanna rispose alla stessa maniera, forse sincera, oppure anche lei educata in questa maniera.

    Un brivido lo percorse, facendogli riaggiustare il mantello a coprirsi meglio. Se si fosse trattato di una maledizione, spezzarla non sarebbe stato affatto semplice. Ciononostante, Sen Dolet non avrebbe lasciato che questa permanesse e potenzialmente si propagasse altrove. Gyasfalk gli aveva insegnato altrimenti.

    « Guardate un pò, siamo arrivati. » Finalmente il calesse si fermò, e con esso anche l'inarrestabile ciarleria della giovane Cosette. Il primo a scendere fu Sen Dolet, non senza l'ormai abituale sforzo della gamba zoppa che gli fece sfuggire un grugnito. L'ossidiana uscì dalla tasca della giacca scivolandogli nella mano ancora coperta dal mantello. La strinse nel palmo tanto per scaldarlo quanto per destare la coscienza del famiglio, per poi infilarlo nuovamente nella giacca. A quel punto si trovarono dinnanzi alla porta della chiesa, imponente e sinistra. Questa si aprì, lasciando uscire dalle sue mura in pietra una figura canuta e stanca persino più del Dolet. La tonaca nera e ampia lasciò subito intendere di chi si trattasse, perché il funzionario aveva raccomandato loro di far contatto con lui per primo.

    « Signori, benvenuti a Irmal, sono certo che avrete... molte domande »
    Ladislaus Rilet abbozzò loro un sorriso flebile e si avvicinò loro. Il caltrisiano seguito dalle due donne lo raggiunse, rispondendo al sorriso con un cenno del capo sbrigativo. « Dici bene. Iniziamo subito: quanti fra voi praticano magia? » chiese immediatamente. L'uomo lo fissò, probabilmente intuendo la sua natura di stregone, prima di replicare « Brav'uomo, se qualcuno di noi fosse nelle condizioni di permettersi una istruzione formale nella magia, il nostro villaggio starebbe meglio. Non vivono maghi ad Irmal » Lo stregone annuì lentamente. Evitò di polemizzare che non sempre la magia era un volontario ed istruito esercizio: anche fosse stato quello il caso il vecchio non lo avrebbe saputo dire. O non glielo avrebbe detto. Se avevano qualcosa da nascondere, e il sospetto non poteva non esserci, avrebbero dovuto scoprirlo da soli.

    « Ha senso. Allora quanti, non fra voi, hanno praticato magia nelle vostre terre? » Nuovamente il sacerdote parve stranito dalla domanda. Forse, e solo forse, non sapeva davvero cosa stesse accadendo. « Mh... non si vedono maghi ad Irmal da almeno trent'anni, buon uomo, quando chiedemmo al Barone... al precedente Barone, intendo, aiuto per una malattia, ed un incantesimo di guarigione di un suo sottoposto che praticava si rivelò la soluzione più facile. I maghi e gli altri viaggiatori importanti si fermano a Grallam, normalmente: non siamo abituati ai forestieri qui »
    Il Dolet rimase qualche momento in silenzio, assottigliando lo sguardo. « E in questi trent'anni nulla, voglio sperare » mormorò, ma prese la parola a quel punto Cosette.

    « Siamo partiti subito in quarta eh.. comunque mi chiamo Cosette Lautrec. » Gli passò davanti per stringere la mano a Rilet e presentarsi. In circostanze diverse avrebbe reagito scostandola senza troppe cerimonie per continuare il discorso, ma la stanchezza del viaggio e il freddo gli impedirono di reagire in tempo prima che lei ricominciasse a parlare. « Piacere di fare la sua conoscenza. Mio padre viveva in questo villaggio... Sicuramente è stato lei a celebrarne il funerale. » A quel punto Sen ricordò. Nel mezzo del tediosissimo viaggio lei effettivamente aveva menzionato di esser nata lì. Rimase passivamente ad ascoltare il vecchio, ritornando attento quando iniziò a descrivere quello che era successo. « Quella notte, tuttavia, molti hanno raccontato di aver fatto esperienza di incubi spaventosi. La notte successiva, lo hanno riferito praticamente tutti, anche io. E tutti abbiamo sentito, in questi incubi, una voce mostruosa che diceva cose altrettanto mostruose. L'unica che non mi ha detto nulla è la vedova Bryss. Povera donna, si è trovata a crescere da sola due figli ed ora sono scomparsi entrambi. Non parla dalla sparizione, pare completamente apatica... » Zanna intervenne. « Quali cose mostruose? »

    Ladislaus si fece nero in volto, prima di elencare e descrivere una serie di apparizioni macabre e spaventose. Dolet divenne pensoso. La maledizione sembrava ora un'ipotesi meno plausibile. Uno stregone senza legami col villaggio non poteva lanciare una maledizione, quindi era semplicemente venuto per testare qualche magia? Era un luogo abbastanza lontano e sconosciuto da destare poca attenzione. In fondo stando a Weimar il barone non avrebbe nemmeno messo il bando, non fosse stato preso da una botta di orgoglio. Un'altra possibilità era una creatura potente, ma fosse stato quello il caso, le scarse conoscenze del caltrisiano in quella materia non sarebbe stato d'aiuto...

    « A questo punto la pista dei banditi è da escludere, visto che da quanto il funzionario del barone mi ha riportato non ci sono state nemmeno richieste di riscatto, o mi sbaglio? »
    Sen fece un passo in avanti, visibilmente scocciato. « Certo che non stiamo parlando di banditi, dannazione » tagliò corto. Si riaggiustò gli occhiali, e con essi il tono aspro utilizzato poc'anzi. « Sarebbe meglio che ci racconti tutto quello che sa. Dall'inizio » Indicò con un cenno del capo la chiesa. « Possibilmente in un luogo più caldo, o sulla via verso la vedova. Cosette » Ruotò appena il capo per incontrare il suo sguardo. « Se la conosci, preferirei fossi tu a prendere la parola » Ma lei negò. « Oh no di certo, non metto piede in questo villaggio dall' età di quattro anni, e padre Ladislaus lo sa bene...non so nemmeno quale sia la casa che mio padre mi ha lasciato in eredità! Comunque sia se non ve la sentite parlerò io con lei, mettiamola così credo che tra di noi io sia la persona più rassicurante, se così si può dire » Il Dolet preferì non replicare, scavando un piccolo buco con il bastone; il sacerdote parve di diverso avviso. « Sì, signori, se mi vorrete seguire nella chiesa, parleremo lì, farò accendere il fuoco; per quanto riguarda la vedova Bryss, vi pregherei però di non disturbarla: è stata colpita parecchio dalla vicenda, e comunque ha perso la voce. Non vogliamo che finisca come il povero Hammond... »

    Con gli altri si avviò nella chiesa, che si presentò come un luogo angusto nel quale difficilmente il Dolet sarebbe riuscito a pregare in pace. No, l'intera struttura pareva invece voler negare questa serenità e anzi legare con quei fili ondulati il caltrisiano. Gli occhi rimasero incollati tutto il tempo sul dipinto completamente nero che si stagliava in fondo, dietro all'altare. « Voi che volete fare, seguiamo padre Ladislaus oppure iniziamo a chiedere in giro? Ma a giudicare dall' orario credo sia meglio recarci in chiesa. Chi sarebbe questo Hammond? » Prima che il sacerdote potesse rispondere, Zanna ribadì « Potremmo fermarci giusto da Frau Bryss. »

    Si era giunti nelle stanze private del sacerdote, in cui un servo abbastanza giovane accese il fuoco ad un comando del vecchio prima di congedarsi. Ladislaus si voltò verso di loro, un'espressione ostile sul volto. « Temo di non essere stato chiaro. La vedova Bryss è molto, molto stanca, ed è stata un membro importante della nostra comunità per quarantacinque anni. A meno che non abbiate un motivo serio per disturbarla, vi devo pregare di non farlo » Il caltrisiano aggrottò le sopracciglia nel sentire il cambio di voce. Il sacerdote si rivolse dunque verso Cosette, meno irritato. « Hammond è un giovanotto di ventitré anni, un bracciante senza terra e senza moglie che vive da solo nella vecchia casa dei suoi genitori. Semplicemente, è sempre stato molto sensibile e fantasioso, e questi incubi non gli hanno certo fatto bene. All'alba ha delirato per qualche ora e sta accusando la stanchezza e l'insonnia peggio di molti altri. Ora, se permettete, » terminò ritornando a fulminare con lo sguardo Zanna e il caltrisiano. Quest'ultimo raddrizzò le spalle. « posso sapere cosa intendete fare? »

    Calò il silenzio. La tensione era palpabile, avrebbe potuto giurare di aver percepito il tintinnare dei pugnali di Zanna alle sue spalle. Ci fu un rapido scambio di sguardi fra i tre mercenari, quindi Sen Dolet fece un passo in avanti e si tolse gli occhiali fissando l'uomo dritto negli occhi. « Ciò che intendiamo fare è risolvere questa situazione » Dopo una breve pausa, aggiunse « e ritrovare i vostri bambini. » Misurò la stanza con ampi passi, oltrepassando il sacerdote e giungendo fino al camino facendo avanti e indietro. Il toc cadenzato del bastone per terra riempiva quei momenti di pausa. « Ma abbiamo bisogno del vostro aiuto, Rilet; di quello di tutti voi. » Esalò un sospiro, con il quale tradì la stanchezza del viaggio e dell'aria che respirava. « Non intendiamo disturbare nessuno, ma di fronte a queste...stranezze, bisogna aggrapparsi ad ogni dettaglio per trovare la luce. Questo significa anche parlare con individui come vedova Bryss e il giovane Hammond, dovete comprendere »

    « Suppongo... suppongo che sia così. Scusatemi, signori, se vi ho intralciati, ma voglio solo la sicurezza dei miei concittadini » La diffidenza lasciò spazio alla tristezza, e l'autorevole sacerdote tornò ad essere la persona vulnerabile che li aveva accolti. Il mago abbandonò la posa rigida che aveva involontariamente assunto poco prima e inforcò nuovamente gli occhiali in argento. La traccia di comprensività presente nello sguardo sparì dietro le lenti spesse.
    « Hammond vive praticamente al margine del villaggio, in una grande casa che suo padre costruì trent'anni fa. Cathelyn Bryss abita invece poco lontano dalla chiesa, e non avrete difficoltà a trovare casa sua perché c'è appeso alla porta un fazzoletto nero per il lutto. »

    Sen Dolet annuì, avvicinandosi nuovamente al gruppo. Tirò fuori dalla tasca l'ossidiana tiepida, rigirandosela nella mano. « In questo caso non abbiamo tempo da perdere » Lanciò la gemma e questa si schiuse in due ali nere, un cra lancinante riempì la sala nell'apparire di Faust. Il famiglio volteggiò sulle loro teste. « Io andrò dalla vedova. Qualcuno dovrebbe andare da Hammond. Qualora abbiate notizie importanti, il corvo vi farà da tramite. Andiamo ».


    7EHbsu1
    Salute: {100%} ? | Energie: {100%}

    Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

    ͽ ABILITÀ ATTIVE ͼ
    ________
    nessuna utilizzata .
    ________
    ________
    ________
    ͽ ABILITÀ PASSIVE ͼ
    ________
    ambivalenza elementale abilità di giustificazione
    rigore accademico auspex di effetti magici
    ________
    ________
    ________
    ͽ EQUIPAGGIAMENTO ͼ
    ________
    perla di muginn equip. magico offensivo
    occhio di hadrian equip. magico difensivo
    ________
    ________
    ________

    ͽ ABILITÀ RILEVANTI ͼ

    (passiva) rigore accademico {- }
    ———— [Auspex]
    Bisogna possedere un certo grado di manipolazione dell'etere (processo definito comunemente magia) per poter entrare in un'accademia che insegni e approfondisca quest'arte. Tuttavia non basta: per rimanerci, bisogna dimostrare attitudine verso l'impegno e lo studio che giustamente deve venire al primo posto. Il Collegio del Monolito ha un ricco passato costellato di stregoni di ogni sorta che hanno mandato avanti la filosofia e la cultura di questo settore e da cui sono scaturite molte correnti di pensiero, e lo stesso fondatore Hieronymus ha rivoluzionato il pensiero del tempo con i suoi trattati sulle radici di Idomea: tutto ciò detto, si può immaginare l'esigenza di un tale ambiente e il modo in cui la mente venga quasi letteralmente immersa nei tomi e forgiata dai continui tortuosi percorsi di apprendimento e applicazione delle nozioni. Ne consegue un grado superiore di comprensione e percezione dell'etere che lo circonda, permettendogli con disarmante naturalezza di riconoscere effetti magici nell'arco di 25 metri e poterne stabilire il tipo.


    ͽ NOTE ͼ
    ________
    Phew. È fatta. Il corvo verrà con chiunque vada da Hammond (se andrete da Hammond, in caso contrario si limiterà ad andare con il gruppo). A voi.

    T



    Edited by ~stardriven - 28/7/2018, 19:48
     
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    Turn off the lights and murder the dawn.

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    Viaggio per Irmal » Irmal



    Morg
    « Zanna.»
    Chinai lievemente il capo, salutando i miei compagni: Cosette e Sen Dolet; la prima cosa che notai la rima dei loro nomi pronunciati di seguito. La cosa più stupida, ma, ripetendoli nella mia mente per fissarli meglio in caso di necessità, era la più palese. Mi perdevo in certe facezie per non pensare, nel lungo limbo che separava il contratto e l'incarico, per tenere occupata la mente. Annose memorie riemergevano da una pozza nera, trovandomi al servizio di un draconiano come ai vecchi tempi.
    Di tanto in tanto mi guardavo intorno, con la scusa d'essere guardinga, come se temessi che Lui potesse balzare dalle buche della strada battuta, da dietro gli alberi smorti che passavano davanti nostri occhi al proseguire della nostra carrozza, finché non venivo nuovamente chiamata in causa dall'altra donna della spedizione.

    « È corretto, Cosette, sono nata nell'Impero e sì hai... hai sentito bene. Spero di esserlo, fräulein Cosette.»
    Le rivolsi un tiepido ed educato sorriso, fronteggiando la sua infinita parlantina con la mia disciplina. Doveva trovare divertente il mio accento, come se battesse al Nord o a Sud e non nell'Impero, come se le mie parole fossero impregnate di un'esoticità che solo lei era in grado di percepire; volsi gli occhi al desolante paesaggio delle periferie lungo le brughiere delle province dell'Impero draconiano al mattino, sentì l'umidità attaccare i miei capelli sulla nuca e sulla schiena.

    La voce del nostro compagno giungeva all'orecchio distante e meccanica, in una coreografia di parole e cortesie dette a mezza bocca, mentre l'altra metà stringeva tra i denti il bisogno di essere lasciato in pace. Era un bisogno che condividevo. Lo guardai meglio e mi chiesi se avrei dovuto proteggerlo - come già davo per scontato di dover fare con la ciarliera meretrice - o se avesse degli assi nella sua manica larga e decorata. Mi sembrava un individuo con ben poca pazienza, specialmente di fronte alla prorompente vitalità della donna dalla chioma corvina... conclusi che dovesse essere un mago, essendo lui aliothiano e così poco tollerante nell'avere i propri pensieri interrotti dalle quisquilie.
    ... e nel non poter conoscere la vita delle campagne dell'Impero. Non era colpa sua, non era ignoranza... forse era semplice buon senso, perché nessuno, sotto il cielo di Atlas, sarebbe dovuto essere costretto a nascere nel fango e vivere nell'ombra lunga di castelli e palazzi sin troppo alti. Mi sorpresi a scoprire che Cosette conosceva quella vita, quando rivelò con una leggerezza disturbante d'essere stata venduta come schiava dal padre. Come me. Il mio corpo si tese alla noncuranza di lei... come poteva prenderlo così alla leggera? Se non fossi così professionale, avrei potuto chiederle cosa le passasse per la testa... o come diavolo facesse.
    Forse perché suo padre era morto ed il mio no.

    Irmal era desolante.
    Poche case raccolte attorno una piazza, come anime perse d'Inverno attorno un focolare. Casupole che a malapena sarebbero sopravvissute alle stagioni più feroci. Eppure resistevano, anche se a malapena, come corpi massacrati dalla carestia, come gli abitanti che tutti attorno ciondolavano nelle loro occupazioni per inerzia, privi di qualsiasi scintilla di vitalità. Avevamo appena passato campi così rigogliosi da apparire da lontano come un'isola d'oro nel bel mezzo di un deserto devastato. Com'era possibile che spighe così d'oro fossero state coltivate da mani così debosciate? Accudite da occhi così spenti?
    La carrozza si fermò davanti al tempio.
    Fredda pietra che si innalzava verso un cielo che non esiste. Ai suoi piedi, si aggiravano occhi persi di chi non credeva più nella possibilità di raggiungerlo quel cielo, ma ancora ci sperava. Ai miei occhi erano solo possibili pericoli... ora che finalmente l'incarico aveva inizio. Tesi il corpo, pronto a scattare dinnanzi alla minima minaccia e scesi per ultima dalla carrozza guardandomi costantemente attorno, sul chi va là, anche quando il vecchio e stanco sacerdote del Culto ci diede il benvenuto nella sua cappella. Il mio pensiero, nel guardare quell'uomo consumato dall'età, tornò ai campi rigogliosi che come mura dividevano la desolazione di Irmal, dalla brulla brughiera... e continuavo ad essere infastidita dalla dissonanza tra le spighe accese ed i volti ingrigiti; una dissonanza così forte da far male agli occhi. Rimasi un passo indietro agli altri; ero pagata per sorvegliare e così avrei fatto, mentre carpivo dai discorsi dei tra quante più informazioni potevo sulla nostra nobile missione. Sapevamo coloro che erano stati colpiti più di altri dalle sparizioni... e non c'era motivo per dilungarsi ancora in chiacchiere.

    « Potremmo fermarci giusto da Frau Bryss.»
    Azzardai ed il sacerdote mi fulminò con lo sguardo, ergendosi al mio indirizzo, intimandomi in poche parole di lasciare in pace la povera donna. Affilai lo sguardo. Se pensava di farmi paura come era in grado di fare con i deboli succubi tutti attorno, avrebbe trovato un osso troppo duro per i suoi denti marci. Non l'avrei attaccato, ma Sen Dolet intervenne, mettendo in parole i miei pensieri meglio di quanto avrei saputo fare io. Lo lasciai fare... dopotutto era il suo ruolo quello. Il prete, per fortuna, capì e saggiamente propense per non intralciarci, arrivando persino a ringraziarci.
    Rimaneva ora solo la scelta su come agire e l'aliothiano avanzò per primo, sfatando gli oramai deboli dubbi sulla natura magica delle sue abilità, figli della magia. Un corvo evocato da una gemma nera come le sue piume... un'assicurazione che non bastava. Gli risposi con gli occhi fissi sul corvide.

    « Va bene.»
    Poi lo guardai attraverso quei fondi di bottiglia che portava appesi al naso.
    « Ma se ti succede qualcosa, sarà meglio che non mi dimezzino la paga, o troverò un modo per riguadagnarla.»
    ... e tornai a guardare il corvo librarsi sopra di noi. Non era una minaccia la mai, una minaccia è vuota e pomposa. Io asserisco solo fatti e faccio previsioni.

    ⚔ Zanna

    ⚔ Energia: 100%
    Condizione fisica: Ottimale (Critico + Alto)
    Condizione mentale: Quieta

    ⚔ Misericordie II lvl - Set di Daghe
    Draghetti III lvl - Coltelli da lancio
    Armatura in cuoio e acciaio II lvl

    ⚔ Night Shade: Agilità +50% - 25% salute
    Dulach Mästerin: Maestria coltelli + 25% / Precisione + 25% - Doppia passiva
    Sinister Blade: Antiauspex visivo / uditivo - Doppia passiva

     
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    Red Circus - Ouverture
    Tra eredità e bambini scomparsi.


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    ''Avanti avanti, fate presto prendete tutto quello che potete!''
    Dinnanzi a me si estende una immensa distesa di monete d' oro e gioielli di ogni tipo, sono circondata da una decina di persone, non so chi siano, non vedo i volti ma so di conoscerle. Cerco freneticamente di mettere quante più ricchezze all' interno della borsa.
    Mannaggia! la borsa è piena!
    Afferro con vigore un cumulo di gioielli e li metto frettolosamente nelle tasche, quando anche quelle sono colme comincio a mettere la refurtiva in mezzo alle tette, perfino dentro le mutande! Non appena faccio ciò la sensazione del gelido metallo che va a contatto con la pelle mi procura un fastidioso brivido.
    Con tutto questo oro sono a posto per tutta la vita! di Das Festmahl der Spinne ne compro anche due AHAHAHHAHAHAH !
    ''Dobbiamo raggiungere la porta entro l' alba oppure perderemo l' oro !''
    Esclama una voce da dietro alle mie spalle, alzo lo sguardo e mi accorgo solo ora di essere all' interno di una specie di cupola in marmo serpentino, posso vedere chiaramente che per metà è distrutta, da quella metà scorgo il cielo, l' alba sta arrivando.
    Comincio a correre verso la porta che si erge a una trentina di metri da me, devo riuscire a raggiungerla o perderò l' oro, e io non posso perdere l' oro !
    Con il fiatone e la milza dolorante mi dirigo verso la meta, arrivo quasi sull' uscio della porta, i miei sogni finalmente si stanno per avverare!
    Sono RICCA ! HAHAHAHHAAHHAHAH! Stento a crederci ma è così! Non mi resta altro che aprire questa porta!

    *Tock - Tock*
    *Tock - Tock*
    *Tock - Tock*


    La porta svanisce, tutto diventa buio. Odo un rumore che cresce, e si fa sempre sempre più forte...

    *Tock - Tock*


    Sempre più insistente...
    Apro gli occhi ancora tremendamente assonnata, in un attimo realizzo che non ho oro fra le dita ne tanto meno dentro le mutande. Assumo una espressione alquanto afflitta non appena realizzo che si trattava soltanto di un sogno...
    Intanto qualcuno dietro alla porta della rustica stanza in cui alloggio continua a bussare insistentemente. Infastidita da ciò senza nemmeno pensarci esclamo
    -''Chi diavolo è !''
    Una voce pacata e dimessa risponde, forse un po' intimorito dalla mia esclamazione.
    Scusi signorina, se non si alza arriverà in ritardo !
    A parlare è il padrone della locanda in cui ho passato la notte, ed ecco che ora comincio a connettere, proprio ieri infatti gli chiesi la cortesia di svegliarmi di buonora in quanto nel primo mattino devo recarmi all' appuntamento che mi comunicò ieri il signor Weimar, mi disse infatti di recarmi alle porte della città dove insieme ad altri avventurieri saremmo stati scortati presso la città di Irmal.
    Dopo aver realizzato tutto ciò quasi con tono mortificato rispondo al signore della locanda.
    -''Oddio! mi scusi, grazie per avermi svegliata!''
    Dunque alzandomi dal letto mi dirigo verso la vasca di latta, accanto ad essa vi sono due grandi secchi ricolmi d'acqua, con non pochi sforzi porto il primo secchio sopra il braciere situato dietro la vasca. Dopo aver acceso il fuoco aspetto che l' acqua raggiunga la temperatura di ebollizione, poi afferrando il grande secchio con le mani protette da due panni rovesciando l' acqua all' interno della vasca. Subito dopo porto anche il secondo secchio al di sopra del braciere, aspetto che l' acqua all' interno di esso raggiunga una temperatura tiepida, in modo tale da bilanciare la temperatura bollente all' interno della vasca. Una volta versato quest' ultimo secchio di acqua tiepida all' interno della vasca immergo un dito per vedere se ha la temperatura desiderata... Perfetta!
    Mi spoglio dalla veste da notte drappeggiata all'antica, mi immergo in men che non si dica all' interno della vasca. Il rilassante calore dell' acqua calda mi rilassa, davanti a me la finestra dalla quale posso guardare il paesaggio invernale, lo miro compiaciuta, come per voler irridere l'inverno con un bel bagno caldo.
    Ahh... Penso che se c'è un luogo al mondo fatto a posta per pensare questo è la vasca da bagno... Basta restare a mollo una decina di minuti, nell'acqua molto calda, e aspettare: i pensieri arrivano da soli, in punta di piedi e senza farsene accorgere...
    Ancora penso alla lettera che ho ricevuto pochi giorni fa da parte di uno dei funzionari del piccolo villaggio di Irmal, mio paese natale, in cui mi venne comunicato che quello schifoso uomo quale fu mio padre era morto. A dire il vero la cosa non mi toccò affatto, a stento ricordo quale sia la sua faccia visto che all' età di quattro anni quando mia madre morì mi vendette come schiava per una miseria. La cosa invece che mi colpì fu il fatto che in questi diciotto anni riuscì a concludere qualcosa della sua vita, abbandonando l'alcolismo e costruendosi una casa.
    Forse per senso di colpa forse perché era un uomo tanto deplorevole da non riuscire ad instaurare alcuna amicizia, fatto sta che mi ha lasciato in eredità la sua casa e tutti i suoi averi. Il tutto ammonta alla dignitosissima cifra di settanta monete d' argento, motivo che mi ha spinto a recarmi presso il paesello di Irmal. Una cosa che non avevo di certo preso in considerazione erano le misteriose sparizioni che di questi tempi sono avvenute all' interno di esso. Il capo del villaggio, allarmato dalla misteriosa sparizione di ben sei bambini, allertò l' intera contea alla ricerca di volontari disposti a ritrovare i pargoli e di consegnare alla giustizia i responsabili di tali rapimenti. In cambio di tutto ciò avrebbe sborsato una ingente quantità d' oro.
    Inutile dire che se è in ballo del denaro sono più che lieta di unirmi alle danze.
    Visto che ero proprio di passaggio presso la città di Grallam ove regna tutt'ora sua Eccellenza il Barone responsabile del territorio di cui Irmal fa parte. Mi presentai alle porte del suo palazzo, dove a ricevermi ci fu uno dei suoi sottoposti; un certo Weimar. Non c'è molto da dire sul suo conto, un uomo minuto sulla cinquantina come tanti se ne vedono oggigiorno. Dopo aver scambiato i dovuti convenevoli mi proposi audacemente come volontaria per scoprire che fine abbiano fatto i sei pargoli di cui si parla tanto. Il colloquio è stato condito da una presentazione nella quale ho audacemente enfatizzato le mie competenze.
    Sarà perché sono una brava oratrice, sarà perché sono una gnocca da paura... Fatto sta che Weimar mi assoldò senza fare molti problemi.
    Tra qualche ora dovrò recarmi presso il mio paesello natale, oltre a voler riscuotere le settanta monete d' argento dovrò anche indagare su di questi strani rapimenti... il tutto mi sembra molto inquietante, perché rapire proprio dei bambini? E da quanto ne so ancora non è stato chiesto un riscatto... Tempo fa avevo sentito sentito parlare di qualche scellerata strega che rapiva i pargoli e se li mangiava, ma credo che queste cose siano soltanto leggende metropolitane, insomma nessuno può essere così disumano!
    Ad ogni modo devo riuscire a scoprire il responsabile di tali rapimenti, mi sta troppo a cuore la ricompensa promessa dal barone!
    Bando alle ciance, se sto troppo a mollo l' acqua si raffredderà, devo ancora insaponarmi.
    Allungo la mano e afferro la spugna e la saponetta alla violetta, cominciando ad insaponarmi testa e corpo. Adoro le vasche da bagno, forse l' unico difetto è che quasi tutte lasciano le spalle e le ginocchia scoperte, ma come si suol dire niente è perfetto,tranne che l' oro! Quando sarò ricca farò costruire una vasca molto più profonda, si si.
    Dopo essermi asciugata per bene paro la valigia, decido quindi gli abiti da indossare quest'oggi, allora... un bel corpino nero, Mmm è il primo incontro con i miei futuri compagni, forse è meglio optare per qualcosa di più sobrio.. Ahahahahhah! ma che dico la vita è troppo breve per non essere notati!
    Per prima cosa indosso un lungo abito rosso dalla ampia scollatura che lascia le spalle scoperte, è fatto di pregiato velluto Alothiano, costellato ai bordi da volant in raso di seta nero, oltre ad aderire in maniera perfetta la mio bel corpo è particolarmente caldo, morbido e confortevole. Indossarlo mi da la stessa piacevole sensazione di stare all' interno della vasca, riportano persino un inconveniente in comune, ovvero quello di lasciare le spalle all' aria, ma questo fa parte della bellezza dell' abito, sono quel genere di donna che alla comodità preferisce la bellezza!
    L' abito si apre sul davanti, lasciando le gambe scoperte che, mi premuro di riparare dal gelo indossando delle bellissime autoreggenti dai bordi di pizzo, ai piedi calzo dei morbidi stivaletti in camoscio dal tacco alto. Per infine completare l'abbinamento con una morbida stola in visone.
    Mi pongo dinnanzi allo specchio, accingendomi ad iniziare uno dei rituali più arcani dell' intera umanità; il trucco. Prima di tutto passo una miscela idratante, per poi passare alla tinta, seguita dalla cipria a base di riso in modo da esaltare la mia bellissima carnagione diafana. Si passa così alla terra per ravvivare le gote e correggere i contorni del viso; infine è la volta della matita nera che fa da cornice ai miei grandi occhi dal taglio allungato, l' ombretto magenta e la matita per il contorno labbra, rossetto scarlatto.
    Termino il sacro santo rituale, mi accorgo che nel frattempo anche la mia chioma si è potuta asciugare. Indosso le fedi magiche e le mie inseparabili giarrettiere. Dopo essermi accertata di aver preso tutto con la valigia tra le dita esco dalla stanza. Mi fermo alla locanda giusto per una colazione veloce, nulla di eccezionale una sfoglia alla crema accompagnata da un bicchiere di estratto alla mela verde, dopo aver salutato il gentile locandiere mi avvio verso le porte della città.
    Dopo mezz'ora di cammino finalmente arrivo a destinazione. Vedo subito il signor Weimar affiancato da altre due figure, devono essere i miei nuovi colleghi di lavoro. Uno di loro è una donna, la prima cosa che noto oltre alla sua chioma rossa è l' abbigliamento: un completo in pelle quasi completamente ricoperto di lame di ogni sorta. Ne deduco che debba trattarsi di una esperta delle lame o qualcosa del genere... Insomma un tipetto pericoloso. A testimoniare quest'aria affatto rassicurante è la vistosa cicatrice che le solca il volto che va in netto contrasto con i grandi occhi verdi dallo sguardo vispo e attento. Povera fanciulla... se fossi in lei farei di tutto per nascondere quella brutta cicatrice...
    Vicino a lei un uomo occhialuto dalla chioma scura leggermente brizzolata, ad occhio e croce gli darei una trentina d'anni, forse portati un po'male. Vestito in maniera elegante, mi ricorda vagamente il mago alothiano che mi regalò l' anello magico. Mi decido così ad avvicinarmi, con la mia solita andatura ancheggiante e prorompente.
    Guardando negli occhi il signor Weimar esclamo con tono suadente:
    -''Saluti a lei signorl Weimar! Salve anche a voi...''
    Non appena scambiati i convenevoli Weimar comincia a parlare in maniera eloquente e seriosa.
    -“Signori, siete già consapevoli della gravità della situazione: dei fanciulli innocenti sono scomparsi, un'intera comunità è in lutto ed inoltre i locali sono afflitti da incubi terrificanti a causa della perdita, contano...''
    Si ferma per un attimo accarezzandosi il volto come per voler trovare le giuste parole, sospira per poi prosegue.
    -...contiamo tutti su di voi, e non serve certo un discorso elaborato per spiegarvelo. Da cittadino di Grallam, vi prego, fate tutto quello che potete per riportarli a casa sani e salvi”
    A questo punto Weimar ci fa cenno di salire sul calesse fornitoci dal barone per scortarci verso la città di Irmal, esso è trainato da due cavalli dal manto lucente. Mi accingo subito a salire a bordo, ma prima di farlo vengo frenata dal parlare del signor Weimar.
    -“Arrivati ad Irmal, dovreste per prima cosa parlare con padre Ladislaus Rilet, il sacerdote locale: è un uomo rispettato che vive lì da molti anni e che conosce praticamente tutti gli abitanti del posto”.
    Dopo quest'ultima informazione tutti e tre ci accomodiamo all'interno della vettura, così ha inizio il viaggio verso il mio paesello natale.
    Al mio fianco è seduto il quattrocchi, mentre di fronte a me vi è la donna dalla chioma rossa.
    Il calesse procede con andatura spedita, pian piano le ultime casupole di periferia scompaiono facendo strada alla aperta campagna. Un freddo venticello mi investe, e col vento l'umidità gelida penetra all'interno delle mie ossa, una polvere sottile, un odore d'erba bagnata; l' azzurro placido e smaltato del cielo rialza e fa splendere gli aspetti modesti della vegetazione.

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    Dopo aver mirato il bel paesaggio decido di interloquire con quelli che sono effettivamente i miei colleghi in questo lavoro.
    '' Devo dire un paesaggio niente male... Comunque mi scuso per non essermi ancora presentata; mi chiamo Cosette Lautrec, qual è il vostro nome?''
    Dopo aver concluso la frase, cambio postura incrociando lentamente le gambe, gesto disimpegnato dalla naturale carica erotica.
    La donna dall'aspetto poco rassicurante mi lancia una fugace occhiata.
    -'' Zanna. ''
    Mi pare di sentire, il rumore dell' avanzare del carro ha parzialmente coperto la sua voce.
    Subito dopo è l' uomo a parlare.
    -''Sen Dolet, da Caltrisia.''
    ''Caltrisia'' un posto che sinceramente non ho mai sentito nominare in vita mia. Ma posso supporre si tratti di qualche paesino nei pressi di Lothringer.
    -''Caltrisia... ? Non ne ho mai sentito parlare, cosa è un paesino limitrofo dell'impero ?''
    Chiedo incuriosita.
    -''Est della valle dei fiumi, non è molto conosciuta. ''
    Ora capisco molte cose, effettivamente già da primo impatto aveva un aria da Alothiano. Mi sembra un tipo serioso, provo a sdrammatizzare.
    -''Ah, bene quindi abbiamo un Alothiano in territori imperiali ahahah! Effettivamente la prima cosa che ho pensato sul suo conto è stata proprio che provenissi da quelle parti!''
    Invece per quanto riguarda Zanna, giusto è quello il tuo nome? Chiedo perché magari ho sentito male prima, comunque tu mi sembri una imperiale, insomma una tipa tosta come me!''
    Sbaglio ?

    Concludo la frase guardando Zanna con aria disinvolta, rivolgendole un amichevole sorriso.
    -''È corretto, Cosette, sono nata nell'Impero e sì hai... hai sentito bene. Spero di esserlo, fräulein Cosette.''
    Zanna quindi mi rivolge a sua volta un velato sorriso.
    -''Fräulein Zanna.''
    Rispondo con tono quasi confidenziale senza la minima malizia, dopo un istante proseguo.
    -''Da quale quartiere di Lothringer provieni?
    Comunque signor Sen non ostante siate originario dei territori di Alioth non sento in lei l' accento caratteristico di quelle parti... vi dirò, è solo un bene! In genere qui nell' impero gli alothiani non sono visti di buon occhio, cosa che non ho mai capito. Ad Alioth siete tutti così ricchi... servirebbero più uomini ricchi in questo mondo. Anzi servirebbero più ricchezze per me ahahhahah ! ''

    Concludo con una sonora risata, spero che il quattrocchi apprezzi un po di umorismo.
    Intanto Zanna alza lievemente il sopracciglio, sembra per qualche motivo scocciata.
    -''Io... non penso lo conoscete.''
    Mi dice con uno strano tono, da qui capisco che entrambi i miei nuovi compagni non sono decisamente inclini alla conversazione, Sen non interviene nemmeno. Dunque rivolgo lo sguardo al di fuori della carrozza.
    Passata qualche ora il paesaggio cambia in maniera repentina oserei dire innaturale. Il grano appare smorto, il terreno arido e l'acqua ristagna, gli spaventapasseri appaiono come soggetti pieni di vita al confronto del paesaggio circostante.
    Un panorama così tanto sofferente che sembra quasi testimonianza diretta della sciagura che gli abitanti della piccola Irmal stanno vivendo.
    Uno strano brivido attraversa le mie membra proprio in questi istanti, pare un brivido di freddo ma non so spiegare esattamente il perché ma è come se fosse una reazione del mio corpo non tanto al freddo, ma alla desolazione che regna sovrana in questa terra desolata. Solo da questi scorci e senza nemmeno aver visto il villaggio mi ritengo fortunata per non aver passato la mia esistenza in questo posto.
    In questi istanti Sen proferì parola
    -''I bambini scomparsi saranno l'ultimo dei nostri problemi.''
    Parole sagge direi, credo proprio che il nostro principale problema sarà trascorrere il nostro tempo in questo angusto luogo, non oso pensare come sarà l'alloggio in cui dovremmo stare, sarà una topaia! Intanto zanna parve interessata dalle parole proferite dall' Alothiano, chiedendo spiegazioni.
    Visto che stare in silenzio mi annoia dannatamente ne approfitto per intavolare una nuova conversazione.
    -''Ha proprio ragione, questo posto è un mortorio... Pensare che è il mio paese natale, in un certo senso è stato un bene che quel bastardo di mio padre mi abbia venduta come schiava, mi ha risparmiato una misera esistenza in questa bettola.''
    Dopo una breve pausa proseguo.
    -''Brrr... ce molto più freddo o è una mia sensazione ?''
    Dopo il mio intervento Sen proferisce parola.
    -'' Incubi. Persone scomparse. Sembra che l'aria stessa sia malata. Coincidenze sfortunate? ''
    Si volta verso zanna.
    -''Oltre al bisogno umano di stabilire ad alta voce l'ovvio, non so che ragione impiegare. ''
    Zanna commenta le sue parole
    -''Dal tuo tono, pensavo ci fosse altro.''
    Dice in maniera secca, poi commenta le mie parole con un atteggiamento oserei dire quasi coinvolto.
    -''Non è nulla che non vedi in molte periferie dell'Impero... dove i padri vendono le loro figlie.''
    Ascolto le parole del signor Sen, mentre sono impegnata nel giocherellare in maniera civettuola con i capelli attorcigliandoli attorno all' indice, non riesco a capire a pieno il significato delle sue parole, mi ricorda il modo di parlare di alcuni miei clienti, in particolare quelli più colti e intellettuali che amano fare sfoggio del loro sapere con noi prostitute, forse per compensare il fatto di essere pessimi amanti, ma ognuno è ferrato per il lavoro che fa! Dall'altra parte Zanna commenta le mie parole.
    Decido, ben disposta di continuare il discorso.
    -''Vero, ma ciò che mi rincresce è il fatto che mi abbia venduta per una miseria. Insomma non posso nemmeno vantarmi di essere costata una fortuna!
    Ad ogni modo quello squallido uomo quale fu mio padre è morto. Sapete per ironia della sorte mi ha lasciato in eredità la sua casa e i suoi beni, difatti ero già diretta verso Irmal per ritirare l' eredità, posso dire almeno che una cosa buona nella vita l'ha fatta... morire.
    La storia dei rapimenti è capitata per caso, ho visto che in ballo c'era del denaro e allora mi sono unita alle danze.
    Voi invece perché avete deciso prendervi carico di questo lavoro?''

    Molte persone con cui ho avuto a che fare rimangono destabilizzati dalla leggerezza con la quale parlo del mio passato, alcuni mi hanno dato della superficiale, ma come posso affrontare in maniera non superficiale questo fatto? Sono stata venduta per qualche nichelino insomma! Mio padre mi ha abbandonata con tale leggerezza che se trattassi seriamente l' argomento non farei altro che dare importanza all'uomo che di importanza a me non ne ha mai data, e sinceramente non merita nemmeno il mio astio.
    La conversazione continua in maniera scorrevole, scoprendo che tutti noi eravamo accomunati dallo stesso nobile movente; I soldi.
    Zanna aggiunge di essere stata assoldata come maestra d' armi, bè nulla di sconcertante a giudicare dal numero di lame che porta con se.
    Sorrido compiaciuta, si vede che queste persone sono a me affini.
    -''Mmm.. allora siamo tutti legati dalla stessa ambizione. Il denaro insomma. Ah, vi dirò l'oro è il mio fardello !
    Zanna che tu fossi una maestra delle lame l'ho capito dal primo istante, insomma è evidente! Comunque anche io mi diletto nell' uso delle armi bianche, diciamo che ho dovuto imparare per forza maggiore, come saprai in certi quartieri di Lothringen è essenziale per una donna sapersi difendere.''

    Rivolgo lo sguardo al di fuori della carrozza realizzando il fatto di essere appena entrati all' interno del villaggio di Irmal.
    -''Guardate un pò, siamo arrivati.''
    Il calesse si ferma dinnanzi alla suggestiva chiesa del piccolo villaggio, mentre aspetto che Sen scenda dal calesse il cigolio della possente porta sacra attira la mia attenzione, da lì sbuca fuori un vecchio chierico avvolto da una tunica nera, ha un'aspetto stanco, le guance scavate e i capelli leggermente brizzolati, i suoi occhi sono solcati da profonde occhiaia nere tipiche di chi non chiude occhio da giorni... pover'uomo! Si vede che questo posto è stato dimenticato dalla dea bendata !
    Avvolgendomi nella mia stola di pelliccia scendo dal calesse; se qualcuno mi stesse guardando sicuramente noterebbe la mia classe senza eguali tipica delle donne di città, ma dubito che questo chierico possa cogliere tali modi.
    -''Signori, benvenuti a Irmal, sono certo che avrete... molte domande''
    Il primo a prendere parola è proprio lo strano alothiano.
    -''Dici bene. Iniziamo subito: quanti fra voi praticano magia?''
    Dice in maniera diretta e sicura.
    Il chierico prima lo guarda con sguardo benevolo poi prende parola.
    -"Brav'uomo, se qualcuno di noi fosse nelle condizioni di permettersi una istruzione formale nella magia, il nostro villaggio starebbe meglio. Non vivono maghi ad Irmal"
    Sen Annuisce, poi prosegue.
    -'' Ha senso. Allora quanti, non fra voi, hanno praticato magia nelle vostre terre? ''
    Il Chierico quindi risponde.
    -"Mh... non si vedono maghi ad Irmal da almeno trent'anni, buon uomo, quando chiedemmo al Barone... al precedente Barone, intendo, aiuto per una malattia, ed un incantesimo di guarigione di un suo sottoposto che praticava si rivelò la soluzione più facile. I maghi e gli altri viaggiatori importanti si fermano a Grallam, normalmente: non siamo abituati ai forestieri qui"
    Ascoltate queste parole decido di farmi avanti, Sen si era subito lanciato senza nemmeno presentarsi.
    -''Siamo partiti subito eh.. comunque mi chiamo Cosette Lautrec.''
    Tendo la mano verso il chierico, quest' ultimo senza esitazioni ricambia il gesto con fare apprensivo.
    -''Piacere di fare la sua conoscenza. Mio padre viveva in questo villaggio... Sicuramente è stato lei a celebrarne il funerale. Ma passiamo alle sparizioni, in questi giorni ha notato qualcosa di strano? O meglio qualcuno di sospetto aggirarsi all' interno del villaggio, insomma ci dica qualsiasi anomalia accaduta in questo posto in questi ultimi tempi.''
    Il chierico esclamò con sincera meraviglia
    -"Co...Cosette? Povera bambina... mi... mi dispiace."
    Lo sguardo dell' uomo si illuminò per una attimo per poi spegnersi nuovamente risucchiato nel vortice della compassione.
    -"Sì, una disgrazia. Un'altra. Stroncato dall'alcol e dalla solitudine, temo. Era... cambiato molto, negli ultimi anni, per quanto possa valere. Suppongo tu sia qui per avere quel che ti ha lasciato."
    L' uomo si arresta un attimo visibilmente provato dalla stanchezza, decido di commentare le sue parole su mio padre.
    -''Per quel che posso dire una morte degna delle sue azioni.''
    Parole dure, ma rispecchiano ciò che penso, non ho motivo e nemmeno il decoro di giustificare le azioni di quell'uomo quale era mio padre.
    A queste parole il chierico rimane in silenzio per un attimo e, dopo aver fatto un sospiro come se in qualche modo potesse comprendere il mio atteggiamento.
    -"Come i signori certamente sapranno, sono scomparsi sei bambini, ma non abbiamo notato viaggiatori: siamo una piccola comunità, avremmo notato qualunque estraneo"
    Continua
    -"Quella notte, tuttavia, molti hanno raccontato di aver fatto esperienza di incubi spaventosi. La notte successiva, lo hanno riferito praticamente tutti, anche io. E tutti abbiamo sentito, in questi incubi, una voce mostruosa che diceva cose altrettanto mostruose. L'unica che non mi ha detto nulla è la vedova Bryss. Povera donna, si è trovata a crescere da sola due figli ed ora sono scomparsi entrambi. Non parla dalla sparizione, pare completamente apatica..."
    Dopo una concitata pausa nella quale guardo negli occhi il buon frate proseguo,
    -''Comunque sì, sono venuta per ritirare l' eredità. Ma come avrà capito sono anche qui per scoprire l'artefice di queste misteriose sparizioni. Mmmm.. Gli incubi che vi hanno afflitti sono una strana coincidenza...''
    Mi arresto un attimo poi avanzo molteplici congetture che mi vengono in mente lì per lì.
    -''Senta, sono già state controllate le case di ogni abitante del villaggio ? Sapete anche se conoscete la vostra piccola comunità non si può escludere che sia stato qualcuno del villaggio a rapire questi fanciulli. Fidarsi è bene non fidarsi è meglio.''
    Dall' altra parte il chierico mi dice che hanno già fatto tutti i controlli dovuti al villaggio, e in seguito a tale affermazione giustifica il fallimento della ricerca al volere supremo del Divoratore, una giustifica tipica dei super devoti o di chi si vuole semplicemente arrendere.
    Zanna interviene, e chiede nello specifico quali ''mostruosità'' vengono sognate dagli abitanti.
    Il chierico quindi spiegò nel dettaglio le raccapriccianti visioni di efferata violenza alla quale gli abitanti del villaggio e lui stessi erano stati vittima. Tra corpi sbudellati e molteplici occhi maligni, nenie melancoliche fetore di morte, quei sogni apparivano davvero una esperienza raccapricciante.
    -''Oddio che paura!''
    Esclamo visibilmente suggestionata dal racconto del prete.
    -''A questo punto la pista dei banditi è da escludere, visto che da quanto il funzionario del barone mi ha riportato non ci sono state nemmeno richieste di riscatto, o mi sbaglio? ''
    Sen però interviene, in maniera indisponente senza dare il tempo al chierico di rispondere al mio quesito.
    -''Certo che non stiamo parlando di banditi, dannazione.
    Sarebbe meglio che ci raccontasse tutto quello che sa. Dall'inizio.''
    Fa cenno verso la chiesa e prosegue.
    -''Possibilmente in un luogo più caldo, o sulla via verso la vedova. Cosette.'' Mi guarda, con uno sguardo austero e di superiorità.
    -''Se la conosci preferirei fossi tu a prendere la parola.''
    Le parole quasi scortesi proferite da Sen sembravano dette con la superbia di chi crede di essere più intelligente d'altri, tipico atteggiamento degli alothiani acculturati. Comunque non do peso al suo tono per questa volta... e rispondo alla sua affermazione a proposito della vecchia, con un atteggiamento disinvolto, in modo tale da fargli notare che la sua superba scortesia accademica non ha effetto su di me.
    -''Oh no di certo, non metto piede in questo villaggio dall' età di quattro anni, padre Ladislaus lo sa bene...
    Non so nemmeno quale sia la casa che mio padre mi ha lasciato in eredità! Comunque sia se non ve la sentite parlerò io con lei, mettiamola così credo che tra di noi io sia la persona più rassicurante, se così si può dire.

    Il sacerdote dalla sua ammette il fatto che nessuno ha chiesto un riscatto o qualcosa di simile, poi ci invita all' interno della chiesa poi aggiunge
    -"Per quanto riguarda la vedova Bryss, vi pregherei però di non disturbarla: è stata colpita parecchio dalla vicenda, e comunque ha perso la voce. Non vogliamo che finisca come il povero Hammond..."
    Il tempo di dire queste parole che mi ritrovo all'interno della piccola chiesa, un luogo oscuro illuminato dalla fievole luce delle candele.
    Gli alti archi a sesto acuto che si intrecciano in nervature scheletriche danno alla struttura un aria di rigore e tensione. Intorno ad ogni pilastro vi sono scolpiti vorticosi simboli curvilinei, il modulo circolare infatti è il simbolo principale del culto del divoratore.
    La sola e unica navata che percorriamo si conclude con un modesto altare sopra la quale vi è un dipinto dedicato al Divoratore, esso è il punto focale dell' intera chiesa, abbraccia i fedeli nella monocromia del suo oscuro colore, l' oscurità emanata da tale dipinto ricorda a tutti quanti che l' unica certezza nella vita è la morte.
    Il rumore dei miei passi riecheggia in particolar modo per via delle mie calzature dal tacco alto, superato l'altare il sacerdote ci fa accomodare nelle sue stanze.
    Ad accoglierci un giovane e delicato fanciullo, che prepara la legna da ardere nel camino dopo che padre Ladislaus con una sola occhiata quasi severa capì subito i desideri del chierico.
    Indecisi sul da farsi Zanna propone di recarci fin da subito alle porte della vecchia Bryss.
    Il sacerdote quindi si rivolge alla rossa.
    ''Temo di non essere stato chiaro"
    Afferma in maniera seriosa
    "La vedova Bryss è molto, molto stanca, ed è stata un membro importante della nostra comunità per quarantacinque anni. A meno che non abbiate un motivo serio per disturbarla, vi devo pregare di non farlo''
    Dopo tale secca affermazione, capisco che il padre non vuole che questa vedova venga disturbata, quindi chiedo informazioni su quel tale Hammond, che aveva nominato prima.
    ''Oh padre... era da prima che volevo chiederle chi fosse Hammond.''
    Alla mia domanda si pose in maniera meno autorevole e scocciata, sicuramente per merito della mia innata classe.
    Hammond è un giovanotto di ventitré anni, un bracciante senza terra e senza moglie che vive da solo nella vecchia casa dei suoi genitori. Semplicemente, è sempre stato molto sensibile e fantasioso, e questi incubi non gli hanno certo fatto bene. All'alba ha delirato per qualche ora e sta accusando la stanchezza e l'insonnia peggio di molti altri. Ora, se permettete, posso sapere cosa intendete fare?"
    Interessante, ha un anno in più di me... spero sia un bel bocconcino.
    Dopo questo frivolo pensiero torno alla realtà, e a farmici tornare è Sen Dolet che forse scocciato dagli scrupoli che si fa il chierico a proposito della vecchia dice senza molti filtri che noi siamo arrivati fin qui per aiutarli, e per farlo abbiamo giustamente bisogno di tutto l' aiuto possibile da parte del popolo, poiché ne va della vita dei pargoli scomparsi.
    Una presa di posizione saggia, a mio parere.
    Parole che fecero breccia anche nel cuore del chierico scusandosi per essere stato troppo diffidente rivela di porre in noi le sue ultime speranze.
    Mannaggia, che responsabilità... non pensavo mica che qualcuno mi prendesse così sul serio... Devo dire che sento di avere una grande responsabilità... Al di là dell'oro ora mi accorgo che per questa gente noi siamo l' unica speranza. Tutta questa fiducia mi da tanta determinazione, sì, scoprirò il colpevole chiunque esso sia!
    Sen Dolet avvicinandosi a me e Zanna tira fuori dalla tasca una pietra completamente nera, lanciandola si schiuse in due ali nere, un verso corvino riecheggiò nella stanza materializzando un Corvo. Sgrano gli occhi stupefatta per l' accaduto, non sono abituata nel vedere certi giochi di prestigio, e ogni volta che vedo magie di questo tipo non posso far altro che rimanerne affascinata, ecco perché amo i clienti provenienti da Alioth che usano la magia, per quanto saputelli e irritanti anche se a letto fanno cilecca riescono perlomeno a stupirmi con i giochi di prestigio.
    Sen Dolet prende ancora una volta parola, mentre il corvo da lui evocato volteggia indisturbato sopra le nostre teste.
    -''Io andrò dalla vedova. Qualcuno dovrebbe andare da Hammond. Qualora abbiate notizie importanti, il corvo vi farà da tramite. Andiamo.''
    Di botta e risposta Zanna prese parola
    -''Va bene. Ma se ti succede qualcosa, sarà meglio che non mi dimezzino la paga, o troverò un modo per riguadagnarla.''
    Ascoltando queste parole non posso far altro che sfoggiare un espressione divertita.
    -''Allora è deciso io e Zanna andiamo da questo Hammond''
    Mi volto verso Sen Dolet sfoggiando un civettuolo sguardo.
    -''Signor Dolet... come detto prima in caso di necessità ci manterremo in contatto tramite il suo uccello.''

    sSoZDQW



    ♥Salute 100%
    ♥Mana 100%
    ♥Stato emotivo: Tranquilla
    ♥Equipaggiamento:
    Set di coltelli Fortunati: Fidati compagni e protagonisti dei delitti più efferati della quale Cosette si è macchiata, questi affilati coltellini di buona fattura le hanno salvato più volte la vita, per questa ragione li ha soprannominati come ''fortunati''.
    Vengono spesso nascosti nella giarrettiera.
    {Arma Lv 1}

    Anello Incantato: Cosette nella sua vita ha avuto tanti amanti, così tanti da non ricordarne quasi nessuno. Ma non si dimenticherà mai quella volta in cui giacette insieme ad un mago Alothiano, l'uomo tanto fu soddisfatto della sua prestazione che le donò un prezioso artefatto magico, a detta del mago tale dono era per assicurarsi di ritrovarla viva una volta che sarebbe tornato in città.
    L' anello è stato incantato con una magia di tipo protettivo, in grado di generare una barriera magica.
    {Armatura Lv 1}

    Abilità Passive

    Vedova Rossa: Cosette ha una discreta conoscenza nel campo dei veleni, che usa come arma per uccidere o paralizzare le proprie vittime intingendo le lame delle proprie armi.
    E' in oltre una assidua consumatrice di droghe più o meno pesanti, che oltre ad essere un ottimo strumento di fuga dalla realtà , possono essere altrettanto utili in battaglia, per narcotizzare i propri nemici o in caso di necessità per aumentare temporaneamente la propria prestanza fisica.
    {Doppia passiva; giustifica di veleno + potenziamento alle attive di supporto fisico + medio}

    Tecniche utilizzate: Nessuna-



    Edited by Honey Queen - 27/7/2018, 14:55
     
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    Gioiscono sentendovi sondare la superficie dell'abisso.
    Le loro fauci sono pronte.



    Vi lasciate alle spalle la chiesa di Irmal e, dopo aver congedato Padre Rilet, vi accingete a separarvi, decisi ad incontrare entrambe le persone su cui l'ombra che aleggia sul villaggio pare aver stretto con più vigore la propria morsa.

    È passato del tempo dal vostro arrivo, lo capite uscendo dalla piccola chiesa, quando, varcata la soglia, vi accorgete che il sole ha continuato a muoversi lungo il proprio itinerario, oltrepassandone nettamente la metà. L'ora seconda del pomeriggio è giunta, e voi, diversamente dal grosso degli abitanti di Irmal, non avete ancora mangiato. Ma il tempo è tiranno e, per ora, dovete procedere.

    Vi sono state date poche indicazioni, ma, considerato che ci sono non più di sessanta edifici, esse si rivelano più che sufficienti, e, poco dopo l'avvenuta conversazione con il sacerdote, arrivate alle rispettive destinazioni senza difficoltà.

    POV: Sen Dolet



    Il caltrisiano è il primo a raggiungere la propria meta, la casa di Cathelyn Bryss, una dimora modesta perfino rispetto al grosso delle altre abitazioni locali. Scarne pareti in legno racchiudono un edificio rettangolare di estrema semplicità, un po' malconcio ma, tutto sommato, solido, coronato da un banalissimo tetto di paglia a due spioventi che, probabilmente, lascia spazio per una soffitta, la cui presenza giustificherebbe la posizione di una finestra rotonda – sbarrata – altrimenti situata troppo in alto. Ve ne sono altre, posizionate uniformemente sui lati più lunghi della struttura, ma nessuna di queste è aperta, anzi, pare che la casa sia chiusa in se stessa, sigillata ed impenetrabile.

    Sul lato corto, che si affaccia sulla strada, c'è una solida porta con il pomello metallico, grazie alla quale sei in grado di accertarti di essere nel posto giusto: su di essa è stato inchiodato un fazzoletto nero, realizzato con materiali estremamente scadenti ma di pregevole fattura, che ondeggia lentamente, malinconico, mosso da un'impercettibile brezza. Si tratta dell'unica, triste macchia di colore sull'uniforme legname marrone utilizzato per la costruzione. C'è qualcosa di sbagliato, in questo posto, ma che cosa?

    Non riesci a stabilirlo, mentre ti avvicini cautamente, né percepisci nulla di concreto che possa allarmarti. Qualunque sforzo di individuare la fonte della strana sensazione è vano, giacché essa elude tanto i tuoi sensi corporei quanto quell'abilità di afferrare l'inafferrabile che hai sviluppato nel corso degli anni, scivolandoti tra le dita, nascondendosi alla tua vista dietro quello che riesci a percepire, dietro la magia che avvolge Irmal ed alla quale cominci a fare l'abitudine.

    Giunto all'ingresso, ti accorgi subito che la porta è socchiusa. Il galateo imporrebbe di bussare prima d'entrare in casa d'altri, ma in questo modo renderesti palese la tua presenza e, viste le circostanze, allertare chi si trova all'interno potrebbe non essere la decisione più saggia. È tutta una questione di scelte, ma questa, in particolare, ti è negata, dato che, nel momento in cui sei abbastanza prossimo da toccare il pomello, qualcun altro la spalanca in tua vece, dall'interno. Non appena questo avviene, avverti immediatamente un cambiamento fulmineo e disarmante: il morbo arcano che affligge l'area, quale che sia la sua origine, è molto più forte all'interno, tanto che ogni singolo oggetto è permeato dal suo tanfo nauseante, da un mistico sudario intessuto da qualche forza oscura.

    Chi ha aperto la porta, però, ha ben poco di innaturale: si tratta infatti di una ragazza molto giovane, con meno di vent'anni, dai capelli castani e dai fianchi stretti. Indossa un semplicissimo grembiule grigio ed ha la pelle diafana. Gli occhi, di un verde chiarissimo, cinti da occhiaie, brillano per un attimo, e pare voglia dirti qualcosa, ma lo sopprime con malcelato sforzo. “Suppongo siate qui per vedere la zia, signore. Seguitemi, prego.” si limita a dire, e ti invita ad entrare, accompagnandoti, dopo una breve pausa, in un locale ben tenuto, che, quando le finestre sono aperte, deve essere anche ben illuminato e bello a vedersi, nonostante la povertà del mobilio. In questo momento, però, lo rischiara tenuemente un lumicino solitario, posto sul piccolo tavolo circolare che domina la stanza.

    Seduta accanto ad esso c'è una donna più anziana, di circa quarantacinque anni, con i capelli biondo cenere lunghi e fluenti, la pelle chiara che pare consumata e le guance tremendamente scavate. Con gli occhi, verdi e chiari come quelli dell'altra, ma terribilmente spenti e circondati da grandi chiazze violacee, fissa in silenzio la luce. Non si volta per salutarti, né dischiude le labbra sottili, ma si limita a puntare lo sguardo triste su quel tenue bagliore, respirando a malapena e con difficoltà, come se fosse disgustata dall'aria che la circonda. Di tanto in tanto sospira o deglutisce, trasudando rassegnazione, e continua a non degnarti di uno sguardo, ma senza sdegno e senza protervia, come se non avesse la forza di torcere il lungo collo, sfinita, nel corpo e nell'anima, da un qualche immane fardello.

    POV: Zanna e Cosette



    una volta separatevi dal vostro compagno, vi dirigete, assieme al corvo che vi ha affidato, verso la grande casa di Hammond, un edificio che altrove parrebbe essere insignificante, ma, nella miseria di Irmal, spicca nettamente. Il viaggio durerà qualche minuto, non di più, vista la breve distanza.

    Strada facendo, a pochi passi dalla piccola piazza, v'imbattete in due figuri che stanno discutendo a bassa voce. Hanno entrambi le occhiaie ed un'espressione torva, ed il più basso dei due, un omiciattolo rotondo che potrebbe essere scambiato per un nano parecchio in carne, non fosse che il doppio mento non è coperto da una delle folte barbe caratteristiche della razza, vi lancia un'occhiataccia velenosa quando passate, mentre il suo compare, un individuo sorprendentemente anonimo dalla testa rasata e dal naso grande ed arrossato, si limita a tacere. Mentre vi allontanate, continuate a sentire i loro sguardi su di voi, carichi di livore e di astio, e la coppia continua a bofonchiare nervosamente. nulla di eccessivamente sospetto, non fosse che, chi tra voi è avvezzo alle armi, riconosce senza troppe difficoltà un grosso coltello nelle mani di uno di quegli uomini, lo smilzo, che tenta invano di celarlo alla vostra vista e, di tanto in tanto, accenna velatamente ad esso mentre discute col compare.

    Continuate per la vostra strada, sempre più vicine alla residenza di Hammond, che è evidentemente troppo grande per un uomo solo: troppe stanze da occupare, troppa manutenzione da fare se si deve lavorare ogni giorno. In diversi punti, le pareti lignee sono crepate, ed il tetto pare notevolmente danneggiato dalle intemperie, nonostante la loro assenza nell'ultimo mese. Pure, la cosa pare non interessare affatto al proprietario, che se ne sta appollaiato su una sedia a dondolo fuori dall'abitazione e pare, in un certo senso, più malmesso della struttura. Il giovane dimostra almeno il doppio degli anni che, secondo quanto dettovi da Rilet, effettivamente ha, ed il suo colorito è tutt'altro che naturale, dato che la pelle non si limita ad essere pallida, ma tende addirittura al cianotico. I capelli marroni sono lunghi, incolti e poco curati, e gli cadono sulle spalle, mentre la barba non rasata incornicia le labbra sigillate. Guarda pensoso il cielo con occhi vispi e nerissimi, inquieti ed indagatori, che fanno uno strano effetto sul volto segnato dalle occhiaie e dalla stanchezza. Poi abbassa lo sguardo, come per rivolgerlo a voi, ma, in realtà, fissa il vuoto alle vostre spalle, come intontito da qualcosa di invisibile, ed accenna un sorriso di cortesia che svela denti gialli e marci. Si sofferma per un attimo su ciascuna di voi due, ma non sembrate interessargli particolarmente nella vostra individualità. Forse si domanda qualcosa sul vostro conto, ma non lo lascia intendere, e si limita a guardare il cielo chiaro, per poi parlare con voce tanto apatica da risultare raggelante: “voi ci pensate mai?”

    NdN



    Signori, siamo al secondo giro, che è cominciato senza intoppi e senza ritardi. Ottimo lavoro!
    Anche questo turno è incentrato sulle interazioni sociali per le quali utilizzeremo, come per il precedente, il supporto.
      ~stardriven: Sen Dolet si dirige dalla vedova Bryss, giunge alla sua abitazione senza difficoltà e viene accolto da quella che è probabilmente sua nipote. perdonami se non ho interrotto la narrazione prima dell'ingresso nella casa, ma ho preferito fornirti anticipatamente la descrizione. in ogni caso, se volessi fare delle domande alla giovane prima dell'ingresso. Inoltre, il tuo auspex ti informa che c'è un'aura malsana in casa della donna.

      Honey Queen: nulla di particolare da segnalare a questo giro.

      Mordred.: Zanna nota che uno dei due uomini che incrociate recandovi da Hammond è, seppur rozzamente, armato, e pare intento a chiedere al compare cosa fare con il coltello che impugna. Se vuoi interagire con loro, in supporto.

    Scadenza: 23/03

     
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    Turn off the lights and murder the dawn.

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    Irmal



    Morg
    Roteai gli occhi; non ero abituata ad una compagnia simile. I miei contraenti erano ben più simili a Dolet che non a quella strana donna... avrei potuto considerarla stupida, ma a guardare bene, si poteva catturare una consapevolezza nei suoi modi, nei suoi occhi, che suggeriva una lucidità nascosta, che comprendeva ben più di quanto sembrasse. Era un atteggiamento singolare, che la rendeva affascinante. Osservai con la coda dell' occhio Cosette, colta nella sua esuberanza, mentre ci avviavamo per la casa del giovane Hammond.
    « Non lo so, Fräulein, è il tuo villaggio.»
    Non credevo di essere la benvenuta, anche a giudicare dalla reazione del sacerdote e la tensione si inasprì quando incrociammo due anime di Irmal, intenti a lanciare occhiatacce e confabulare. Guardando meglio, mi accorsi che uno dei due portava un coltello. Avevo dubbi sul fatto che sapesse usarlo, ma non abbasso mai la guardia, neanche davanti agli incapaci e mi misi subito in allerta. Affilai lo sguardo e portai una mano all'elsa di uno dei pugnali da lancio. Abbassai la voce, perché mi udisse solo Cosette.
    « Attenzione, Fräulein, il tuo villaggio dev'esser peggiorato con le maniere.»
    Inutile, la mia compagna aveva già deciso di andare a muso duro contro quei bifolchi. Feci per prendere Cosette dal braccio, per tirarla verso di me, con l'intento farla desistere.
    « Non abbiamo tempo per queste cose, Fräulein Cosette!»
    La rimproverai seccata a bassa voce, come se avessi a che fare con una bambina. Non ero a conoscenza delle sue abilità, né volevo osservarle all'opera in una situazione così delicata. Non fiatai durante il battibecco, tra la composta meretrice e l'attaccabrighe. Per fortuna anche l'altro uomo col coltello si mostrò come il più ragionevole. Rimasi alle spalle di Cosette, che diede voce ad una risposta a dir poco piccata. Massaggiai le tempie con indice e pollice sospirando. Non volevo problemi, io. Non in quel momento. Mi affiancai all'altra
    « Ci pagano per ritrovare i tuoi ragazzi, né più, né meno. Ci lasciate andare, così che possiamo svolgere il nostro incarico per voi?»
    Lo sforzo involontariamente congiunto mio e dell'uomo col coltello spense qualsiasi diatriba sul nascere. Sospirai scuotendo il capo, ma sollevata per lo scampato pericolo, affiancandomi a Cosette al suo invito... ma non mi esimevo dal lanciare sguardi alle mie spalle; le cattive intenzioni svaniscono, un coltello no. Solo quando fui sicura di non essere seguite, corrugai la fronte nel volgerle la coda dell'occhio. Non sono ancora sicura se fossi insofferente alla sua noncuranza o gelosa del suo orgoglio.
    « La prossima volta ascoltami, Fräulein. Non abbiamo concluso nulla con quei due.»



    La casa di Hammond era poco più di uno spettro di ciò che doveva essere stata: numerose stanze che un tempo dovevano essere piene, ora erano vuote, preda dell'ululato del vento, gli angoli della casa apparivano friabili come i bordi delle pagine di un libro zuppo e l'odore di muffa disturbava l'olfatto. Lui stesso, imprigionato su quella sedia a dondolo, appariva come lo spettro di qualcosa che era, che poteva essere, ma non era più, né sarebbe potuto mai essere. Non proferì parola, né mi lasciai andare alla sorpresa. Rimasi un passo dietro Cosette. Le si occupava di parlare, io sorvegliavo la scena, come stata pagata per fare.

    Alla vaga domanda risposi secca e non mi scomodai a guardare in alto verso il cielo; ero gelosa dei miei pensieri al contrario di Cosette... che pensava di non essere di fronte al giovane Hammond, ma ad un parente. La mia mancina a schiaffò sulla mia fronte e portai il gomito ad urtare il suo fianco. Leggendo il labiale, stavo dicendo "È lui", senza dar voce alla mia impazienza. Avrei potuto considerarla stupida... invece, con voce di madre e movenze da sgualdrina fece breccia nel cuore di un'ombra e forse avremmo potuto cogliere qualcosa nel delirante discorso su Re e banchetti. Questo finché un fruscio fuori posto non ruppe la delicata armonia della notte. Il fruscio mise in allerta i miei sensi e portai una mano ai coltelli legati alla cintura, lo sguardo che guizzava nel buio, allentando lo sguardo su Hammond che ora cercava l'intruso. Dalla sua omissione di informazioni che il giovane ci aveva rivelato, cominciai a pensare che quel Padre fosse un vile serpente. Il fruscio era sparito ed al suo posto degli occhi si posarono su di me, occhi che avevo dimenticato e che bruciavano sulla pelle come il marchio che Lui aveva lasciato impresso nella carne e nello spirito. Mi riempì di furia, che tenni a malapena a bada, corazzando la mia determinazione nella disciplina che lui stesso mi aveva instillato.
    Hammond stesso ci consigliò di andarcene... prima di ricominciare la sua nenia, come se qualcosa avesse strappato via la più breve memoria che poteva occupare la sua mente... ma gli occhi con cui mi guardò erano diversi. Erano quelli che bruciavano. Non per il mio corpo... ebbi la sensazione fossero affamati del mio dolore e della mia storia. Piuttosto che tagliargli la gola, mi rivolsi a Cosette con voce ruvida.

    « Fräulein, andiamo.»
    Non era il mio posto dare ordini, ma lo dissi in maniera perentoria, senza ammettere repliche. Non ero in grado di ripetere la pantomima senza ficcare un coltello nella gola di Hammond, che in quel frangente doveva essere rimasto solo l'involucro di qualcosa... o qualcuno. Per fortuna, Cosette convenne che era tempo di lasciare quel luogo sterile di vita e di informazioni. Nella strada per il ritorno, mi chiesi come tornare da Dolet e trovai risposta in un fascio di luce in direzione della piazza cittadina che attirò il suo corvo che volteggiava su di noi... il suo corpo... me n'ero quasi dimenticata a differenza della mia compagna.

    Ci ritrovammo tutti e tre davanti al tempio, le porte chiuse come fermate da un incantesimo, finché non echeggiò una risata sinistra, riempiendo il silenzio di una città muta e morta... e di luce una cappella vuota, disseminata di candele che rendevano mostruose le figure più sante incastrate negli absidi. Raccolsi il respiro, lasciandolo con cipiglio, nell'addentrarmi nel tempio. I miei passi non facevano rumore, ma quelli degli altri rimbombavano come tuoni. Ogni rumore che riecheggiava nella città di Irmal, si trasformava in un assordante frastuono. Per noi, poteva essere un vantaggio.

    « La vedova, Herr Dolet?»
    Chiesi mentre varcavamo l'uscio del tempio e ci incamminavamo per navata, in cerca di Padre Rilet.


    ⚔ Zanna

    ⚔ Energia: 100%
    Condizione fisica: Ottimale (Critico + Alto)
    Condizione mentale: Quieta

    ⚔ Misericordie II lvl - Set di Daghe
    Draghetti III lvl - Coltelli da lancio
    Armatura in cuoio e acciaio II lvl

    ⚔ Night Shade: Agilità +50% - 25% salute
    Dulach Mästerin: Maestria coltelli + 25% / Precisione + 25% - Doppia passiva
    Sinister Blade: Antiauspex visivo / uditivo - Doppia passiva

     
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    just kindling for the greatest pyre of all

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    Giunse dunque alla casa di vedova Bryss, lasciando gli altri e Faust alla mercè dell’altro individuo menzionato dal prete. La collega più giovane aveva suggerito, forse malignamente, forse ingenuamente, che sarebbe stata meglio lei per presentarsi a casa della signora e cercare informazioni. Quel che forse Cosette Lautrec non immaginava era che in casi come questi sarebbe stato molto difficile - per una personalità come la sua - far breccia nel dolore di una donna.

    L’abitazione era più simile ad una catapecchia, in realtà. Non fu tanto la struttura, più piccola delle altre, a farglielo pensare; il tetto in paglia pareva la chioma scomposta di una donna dal viso asciutto e spoglio - un riflesso della persona che la abitava. A quel punto Sen Dolet seppe per certo che i suoi timori sulla padrona erano corretti, e che aveva fatto bene a non lasciarla alla fanciulla dai capelli corvini. “ Una voce come la sua che prova ad esprimere simpatia ispirerebbe la giusta dose di rabbia per sbloccare la capacità di reagire a tragedie di questo calibro” Ciò detto, lo spettacolo pietoso di mestoli e piatti e bicchieri e quant’altro tirati appresso alla Lautrec avrebbe solo rallentato la cosa più importante: capire cosa fosse successo in Irmal.

    Si avvicinò all’entrata, una porta che come descritta da Rilet aveva sul pomo sporco il fazzoletto nero annodato che distingueva lo stato di vedova. Non gli era sovvenuto di chiedere al sacerdote cosa fosse successo al marito, ma a quel punto era troppo tardi. E il tempo passava, inesorabile, come il sole sembrava intimargli. Il mondo pareva tirato come un panno da quel moto inerte, come se la luce del giorno trascinasse il mondo intero con sé per farlo sprofondare. Il caltrisiano era sicuro che quell’immagine macabra e angosciante fosse dovuta a quell’aura terrificante, eppure l’atmosfera surreale trasudata dalla casa non potè che provocargli pensieri assai tetri. Gyasfalk era diversa, profondamente diversa. La ricordava abbastanza nitidamente da poterlo dire con certezza. Eppure anche se la cittadina era stata praticamente annientata dalla maledizione, mentre Irmal esisteva ancora, ergo doveva stare ancora più attento, il mago si preparò alla stessa maniera di quando aveva dovuto interrogare i superstiti.

    Si decise infine, le dita già chiuse nell’atto di bussare, solo per irrigidirsi nel vedere la porta aprirsi ancor prima che alzasse il braccio. Ad aprirlo fu una donna, vestita molto umilmente, un viso chiaramente stanco, capelli biondi ed occhi verdi. Ci fu un breve istante in cui si scambiarono gli sguardi, ma il caltrisiano non fu capace di proferire parola. “ È lei?” No: era giovane, si rese conto, molto più giovane di come l’aveva immaginata. Anche se le occhiaie e il suo aspetto in generale potevano suggerire un’età matura, doveva essere da poco uscita dall’adolescenza. Ma era quel marcio, l’aura di morte, a conferirle una natura così sfatta.

    Fu lei a prendere la parola. « Suppongo siate qui per vedere la zia, signore. Seguitemi, prego ». Entrarono in una stanza cupa, le finestre aveva visto dall’esterno erano praticamente tutte chiuse. Un’unica candela era accesa, rischiarando quel poco che bastava a non urtare i pochi mobili presenti, fra cui il tavolo sul quale era poggiata la candela stessa. Una donna di gran lunga più anziana, probabilmente più del mago stesso, vi era seduta davanti. Occhi verdi, capelli biondi, evidentemente una familiare. Anche lei nelle stesse condizioni della ragazza; che poi, riflettendoci, erano le stesse di Rilet. E del resto del villaggio. Lì, però, il marcio arrivava su tutt’altro piano. Lo sentiva trapelare sin dentro le ossa. E anche se la sua sensibilità alle trame dell’etere era superiore, poteva solo immaginare cosa potesse significare per loro che ne erano esposte costantemente.

    Si guardò attorno, cercando di scrutare nell’oscurità qualunque cosa potesse essere collegato a quel malessere, senza però trovar nulla. Chinò il capo, solenne in viso « La ringrazio per avermi accolto in casa, signora Bryss e... » si voltò verso la più giovane, cautamente « ...signorina? » Lei non parve comprendere la domanda, o non preferì rispondere; continuò cercando di combattere la preoccupazione che lo attanagliava. « So di venire in un momento di profonda tristezza, padre Rilet mi ha riferito le circostanze. Sarò diretto: sono qui per aiutarvi. » Non si erano certo presentate, e in un luogo piagato come quello anche i nomi esercitavano un certo potere. Però un nome serviva, per dar forma ad un volto amico. E nelle tragedie serviva. « Il mio nome è Dolet. » Guardò entrambe; Cathelyn Bryss non si era ancora mossa né aveva dato cenno di essersi resa conto della sua presenza. Preferì rivolgersi alla giovane. « Troverò i vostri giovani. Ma ho bisogno del vostro aiuto, è importante. »

    « Signor Dolet, scusate mia zia, ma purtroppo non parla da... da quando sono scomparsi i suoi figli » rispose la giovane, poi scosse il capo « Temiamo che sia stata colpita da incubi parecchio violenti e che il trauma l'abbia resa muta. neanche Padre Rilet ha saputo aiutarla. » Sen annuì gravemente. « Avete mai provato a cercarli? »

    « Sì, signor Dolet, ci abbiamo provato. Non io personalmente, io... devo assistere la zia, anche se non le serve poi molto... però ci abbiamo provato appena scoperto il fatto, abbiamo controllato le case ed i dintorni, ed allertato i villaggi vicini, e...» Si interruppe, una lacrima e il volto sofferente « ...e non li abbiamo trovati »

    L’uomo annuì. « Non sbaglierei dunque nel dire che nemmeno la signora Bryss ha potuto cercarli di persona, e che nessuna di voi due è mai uscita da qui, dico bene? » chiese. « Praticamente sì. Mio padre ha portato qui i viveri per la dispensa... non che la zia mangi... » rispose mesta. Il caltrisiano fissò la vedova, rimanendo in silenzio per un po’. Si rivolse infine alla giovane, la voce bassa affinché solo lei potesse sentirla, il tono colpevole e rassegnato di chi sa di star chiedendo molto. « Vorrei che mi raccontasse tutto nei minimi dettagli, signorina. Anche quelli che le richiedono più sforzo. » Chinò il capo rispettosamente verso la vedova. « Non la costringerò ad udire nuovamente tutto, signora Bryss. Le prometto però che saprò cosa è successo ai suoi figli. » Volse uno sguardo penetrante alla giovane. « Preferirei discuterne fuori; l'aria fresca aiuta sempre a ricordare. Le dispiace? »

    La sua risposta diede un’apparente incredibile stanchezza. « Scusatemi, ma... non voglio lasciare la zia da sola: ha preso un coltello ieri e... insomma... parliamo qui, per favore ». Lo sguardo del mago scivolò per qualche breve istante sulla donna, rimasta immobile in tutto ciò. Una ragione legittima, eppure non bastava: la giovane, e ancor più la vecchia, aveva bisogno di uscire. Quell’influenza malvagia aveva indubbiamente qualche effetto anche sulle loro menti insensibili alla vera natura di quell’aura, e qualunque cosa fosse, era presente in maniera più possente in casa Bryss. Assottigliò lo sguardo. « ...capisco. Ma allo stesso tempo, temo » aggiunse abbassando la voce affinché Cathelyn non lo sentisse « che farle riascoltare tutto potrebbe essere un po' troppo per i suoi...nervi ». Si tolse gli occhiali. « Ho bisogno di tutti i dettagli, anche quelli più angoscianti, cerchi di capire. E sulla faccenda dell'aria le garantisco che le farà del bene, a giudicare dal suo aspetto. Non starà via troppo tempo, le prometto, né ci allontaneremo ». La giovane parve un po’ riluttante, ma alla fine convinta. « Io... io... d'accordo, signor Dolet, vi accompagnerò fuori. Purché sia breve, non voglio che la zia commetta... avventatezze ». L’uomo le fece cenno di precederlo ed assieme uscirono poco fuori casa. Il silenzio di Zanna o la loquacità incontrollata di Cosette difficilmente avrebbero permesso loro di strappare qualcosa dalle Bryss. Sperò che Hammond fosse più cooperativo.

    La giovane parve molto più a suo agio una volta uscita, come previsto. « Mi chiamo Clara Bryss, ho diciannove anni e questa donna è la sorella di mio padre. Signor Dolet, non so cosa dirle di preciso, ma la storia suppongo sia sempre la stessa: due giorni fa, la popolazione è andata a dormire. Per quanto ne sappiamo, non c'era nessuno in piedi quando i bambini sono scomparsi. Scomparsi nel nulla! » chinò il capo, scossa « Ho perso due cugini, e conoscevo tutti e quattro gli altri. Figli di brava gente... non è normale. I bambini non scompaiono così... La voce inizialmente sicura andò man mano affievolendosi, per poi arrivare ad un sussurro a malapena udibile. Avvertì di starla perdendo. « e poi sono cominciati gli incubi. » Sen le toccò la spalla nella maniera più leggera possibile, annuendo con gravità. Il gesto parve rinfrancarla. « Stai andando bene Clara. Gli incubi, non pensarci per ora. C'è stato nulla di diverso nei bambini? O nel villaggio? Qualcuno che si è comportato in maniera anomala? Ogni dettaglio può aiutare ».
    «Io... io non saprei, in realtà: non sono uscita da qui. Mio padre, però, è visibilmente scosso, e lui non è tipo da lasciarsi turbare, e poi mi ha raccontato delle cose... » sforzò di ricordare « Sì, mi ha detto che Hammond è spaventoso a vedersi, e che Padre Rilet praticamente non esce più dalla chiesa. Non so se avete visto il suo diacono, Manuel, ma non lo lascia più dormire lì, e lui ha dovuto chiedere ospitalità ai suoi. Penso che sia perché non vuole spaventarlo svegliandosi di scatto. E poi... sono tutti più nervosi, tanto, e di notte si sentono strani rumori, abbiamo paura di uscire... scusatemi, non riesco a chiarirmi le idee » concluse posandosi una mano sul viso.

    Sen Dolet cercò di abbozzare un sorriso che potesse esserle di conforto. « Poco a poco. Parlami dei rumori. Cosa senti? Da dove vengono, fuori casa? » Lei annuì, le labbra tremanti al solo pensiero. « S-sì, dall'esterno. Io sento un costante fruscio, come di vesti sempre in movimento. Ieri, però, ho anche sentito grattare contro una parete » Quindi non era un’influenza isolata, aveva una presenza tangibile. Adesso ne era sicuro: si trattava di una creatura. Serviva cautela. « Puoi farmi vedere il punto? Indicarmelo soltanto, se non te la senti di accompagnarmi? » Lei esitò « Sì, signor Dolet. Lo sentivo dalla camera da letto della zia, dove mi sono sistemata, quindi doveva venire da dietro la casa. Scusatmi, ma... » si girò verso la vedova, perennemente immobile « ...preferisco non perderla di vista »

    Le diede una pacca gentile sulla spalla, indicandole la porta d'ingresso. « mi ripresenterò se avrò altre domande. Grazie mille Clara. Torna pure a badare alla signora. Se posso permettermi » aggiunse avviandosi verso il retro della casa « Credo che uscire durante il giorno permetterà ad entrambe di guadagnare un po' di serenità. C'è...un'aria pesante in casa » Lei sorrise timidamente, prima di socchiudere la porta. « Se solo lei volesse uscire...bussate pure, se ne avete bisogno ».

    Giunse nel posto indicato, trovandosi davanti ad una parete assolutamente normale. Un vicolo cieco. Pensò di fare retrofront per tornare da Clara, ma in quell’istante avvertì una risata immediatamente alle proprie spalle. Si voltò di scatto per cercare la fonte delle risate, non trovando nulla – per poi venir sommerso da una moltitudine di altre risate crudeli provenienti da ogni direzione. Il bastone gli tremò in mano per diversi lunghi attimi, finché il respiro non tornò regolare. La bestia era lì, stava giocando con il suo cibo - con lui. Il sangue raggelato tornò a scorrere; era la paura stessa a renderlo preda. Qualunque bestia avesse affrontato, non l’avrebbe fatto in qualità di cacciatore. Il fatto rimaneva, però, che si trovavano nel suo territorio. E che non sapeva di che bestia si trattasse. “ Cautela.

    Lo sguardo si posò nuovamente sulla parete per quasi provocargli un infarto:
    10-6-5-6-|-2-3-2-2-9-|-10-6-2-2-6-|-2-5-9-9-1
    8-4-3-4-|-2-1-2-2-9-|-8-4-2-2-4-|-2-5-7-7-1

    « C-che diav...?! » gli scappa, nel leggere simboli graffiati crudamente sul legno altrimenti normale del muro, muro che prima non riportava nulla del genere. “ Numeri? “ La bestia era intelligente. Si rese conto però mentre formulava il pensiero che non era completo. “Si crede furba. “ Un messaggio in codice, un enigma: era una sfida. Una sfida che quasi fece ridere il mago, in parte per il nervosismo, in parte per l’ironia. Tirò fuori dalla bisaccia una penna, si sedette per terra e sfilò un calamaio e un foglio di pergamena stropicciato. Sen Dolet da Caltrisia in fondo aveva passato metà della sua vita a studiare i vari linguaggi con i quali la magia si esprimeva da una regione all’altra: una lingua scritta da una bestia con caratteri inventati dagli uomini non lo avrebbe fermato.

    Passò minuti interminabili ad esaminare il cifrario, scrivendo lettere su lettere e avanzando ipotesi su ipotesi. Alla fine quattro parole rimasero iscritte sull’ultimo spazio del terzo foglio impiegato, un messaggio inquietante (il primo di senso compiuto) che brillava di inchiostro nero non ancora rappreso. Si alzò scosso, guardandosi attorno, inspirando l’aria pesante che sembrava rinchiuderlo in una gabbia. Un fruscio attirò la sua attenzione, facendolo voltare di scatto: una sagoma completamente nera gli appare davanti agli occhi, per poi svanire come fosse stato il sole ad abbagliarlo e confonderlo. La mano, che aveva fatto cadere il foglio e si era serrata sotto il mantello per stringere convulsamente l’occhio di Hadrian, tremò. Lo sguardo tornò sul cifrario, non avendo più bisogno del foglio per sapere cosa significasse.
    Infilò la pergamena e gli altri fogli nella bisaccia di tutta furia, tornando alla porta di casa Bryss. Aprì nuovamente Clara, che lo fece entrare. Appena fu dentro, per poco non l'afferrò per la spalla; riuscì tuttavia a calmarsi. « Rimanete dentro. Entrambe » intimò. Lei chiuse la porta, annuendo impaurita. Sen si guardò attorno, cercando qualunque traccia della figura nera, ma di quella non parve esserci alcuna traccia. « Hai sentito anche tu? Mentre ero fuori? » Lei negò, concitata « N-no, Signor Dolet, non ho sentito nulla. Avrei dovuto sentire qualcosa? » Il caltrisiano aprì la bocca per ribattere, si limitò invece a fissarla stranito. Spostò lo sguardo in direzione della parete sul quale era apparso l’enigma. Si era solo immaginato le risate? No, non era impazzito. Non ancora. Se l’aura avesse mutato le sue percezioni in maniera così radicale, inoltre, se ne sarebbe accorto. « Non uscite » ripetè ritornando a fissarla, alzando al contempo il palmo e spingendolo verso il basso un paio di volte per dirle di rimanere calma. « Avete miniere? Pozzi? Qualunque cosa sotto suolo? »

    « Miniere? No, non abbiamo miniere, ma c'è un pozzo davanti alla chiesa, dovete averlo visto venendo qui. Perché? Cos'è successo? » chiese preoccupata, ma l’uomo scosse il capo. Preferì non dir nulla del cifrario. « Lo scoprirò. Non aprite a nessuno, anche se vi chiamano per nome, dopo che il sole cala. E prima, siate ugualmente caute. Anche se senti la mia voce » scandì fissandola negli occhi « Tu non dovrai farmi entrare come mi hai fatto entrare adesso. Intesi? »

    Lei fece per congedarsi, balbettando « V-va bene, signor Dolet vi... vi ringrazio » ma in quel momento un movimento catturò l’attenzione del mago. Era Cathelyn Bryss, si era voltata per la prima volta verso di lui. Il mago ricambiò lo sguardo fisso, impietrito dalla sorpresa, ma non sapendo esattamente cosa dirle. Non aveva idea di come combattere il suo mutismo, ma allo stesso tempo si trattava dei suoi figli e non aveva nemmeno tentato di chiederle nulla o cercare la sua collaborazione. Era la sua stessa casa, dannazione.

    Alla fine, contro ogni previsione, lei sorrise. Gli occhi di Clara si sgranarono, mentre il mago fu colto da un misto di orgoglio e senso di colpa. Perché la gratitudine della donna non era ancora fondata su alcuna certezza. Ciononostante, rispose con un sorriso incerto, più sincero di quello precedente e parimenti più goffo. Salutò quindi con un cenno le due donne, avviandosi verso la porta. Si aggiustò il mantello. « Devo chiedervi di resistere ancora un po'. Mi dispiace. Siate forti ».

    ---
    Giunse alla chiesa che il sole stava terminando il suo ciclo giornaliero, portandosi con sé le ultime luci. La chiesa e il pozzo erano immobili davanti a lui. Di Zanna o Cosette non c’era traccia, e adesso che ci pensava non si erano nemmeno stabiliti un luogo d’incontro. Un errore idiota, dettato dalla fretta e dalla tetra cappa di quel villaggio. Sperò in cuor suo di non compierne altri. In ogni caso aveva bisogno di rimediare quello. Sollevò il bastone verso il cielo, facendo partire una singola scintilla che balenò in cielo per illuminare i paraggi in una stella abbagliante che si sarebbe vista in tutto il villaggio. Faust sapeva cosa questa significava, avrebbe capito. Sempre che non fosse successo qualcosa a loro tre.

    Il pozzo, acqua al suo interno, non era agibile. Se avesse voluto introdursi al suo interno, avrebbe dovuto operare in maniera più radicale. E non avendo visto o sentito di altri pozzi per ricavare acqua per il villaggio, sarebbe stato meglio, come minimo, prima chiedere il permesso a padre Rilet. Provò ad aprire la porta della chiesa, solo per trovarla chiusa. Bussò, non ricevendo in principio alcuna risposta; poi, un urlo straziante e inquietante gli trapanò le orecchie facendolo indietreggiare di colpo, mano stretta ancora attorno all’amuleto di Hadrian - come se bastasse a farlo cessare. E gli parve di riconoscere la voce di Rilet.

    Volle chiamarlo, ma non era sicuro di voler allertare la cosa che aveva emesso quel verso, che non era veramente possibile definire voce. Però doveva. Se la bestia aveva attaccato il prete, forse aveva qualche possibilità di fermare tutto sul colpo. E se anche non fosse stato così, doveva salvarlo: le sue informazioni erano vitali, senza di esse avrebbero probabilmente perso qualche tassello importante per risolvere la situazione. Da solo però non ce l’avrebbe fatta: aveva bisogno di Cosette e Zanna. Fece esplodere altri tre vettori nel cielo, un segnale chiaro per il famiglio di accelerare il passo.

    Forzò ancora la porta, tentò di dare spallate, senza alcun esito: non era mai stato particolarmente forte, non lo sarebbe diventato quel giorno. Puntò stavolta il bastone contro, la gemma già rilucente di vermiglio, scagliando diversi dardi energetici. Dopo un po’ finalmente la serratura cedette, il metallo che cadeva fumante a terra riecheggiò nella piazza della chiesa assieme ai passi delle due colleghe e al verso di Faust che annunciava il suo ritorno. L’interno della chiesa, dapprima buio, poi illuminato dalle tenui candele accesesi quasi per magia, sputò fuori una risata perversa che fece rizzare i capelli sulla nuca.

    Accolse le donne con un cenno sbrigativo del capo. « È Rilet, è successo qualcosa. Ci aggiorneremo più tardi. Faust » disse voltandosi verso il corvo e indicando la soglia ora spalancata « Due per pericolo, uno se sta succedendo qualcosa. » Un codice che i maghi impiegavano per comunicare a distanza, semplificato fino all’assurdo per poterlo insegnare facilmente al famiglio. Sfilò quindi l’occhio di Hadrian dal taschino, stringendo la presa sul bastone con l’altra mano, e si addentrò nell’edificio. Zanna gli si avvicinò, chiedendo « La vedova, Herr Dolet? » Ma lui scosse il capo, c’era troppo da dire. Sono tutti sotto terra. « Ho detto che ci aggiorneremo più tardi. Occhi aperti per padre Rilet ».


    7EHbsu1
    Salute: {100%} ? | Energie: {100%}

    Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

    ͽ ABILITÀ ATTIVE ͼ
    ________
    nessuna utilizzata .
    ________
    ________
    ________
    ͽ ABILITÀ PASSIVE ͼ
    ________
    ambivalenza elementale abilità di giustificazione
    rigore accademico auspex di effetti magici
    ________
    ________
    ________
    ͽ EQUIPAGGIAMENTO ͼ
    ________
    perla di muginn equip. magico offensivo
    occhio di hadrian equip. magico difensivo
    ________
    ________
    ________

    ͽ ABILITÀ RILEVANTI ͼ

    (-) nessuna abilità rilevante {- }
    ———— [Auspex]
    Descrizione.


    ͽ NOTE ͼ
    ________
    Chiedo scusa per il ritardo, ancora. Prossima volta starò più attento.

    I



    Edited by ~stardriven - 28/7/2018, 19:48
     
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    Congedato il chierico e salutato Sen Dolet io e Zanna insieme all'uccello ci dirigiamo verso la casa del giovane Hammond.
    Nel giro di qualche minuto giungiamo presso la piccola piazzetta del villaggio dove ci imbattiamo in due figure alquanto pittoresche. Trattasi di due uomini, uno tanto basso e grasso che se accanto a lui ci fosse una damigiana di vino probabilmente avrei seri problemi nel distinguerli, l' altro invece lo trovo completamente anonimo, il tipico ritratto di un fattore provinciale. Il loro sguardo si posa su di noi, uno sguardo insistente colmo d' astio e sdegno. Mi rivolgo verso Zanna evidentemente scocciata da ciò in maniera genuina senza curarmi se quei due mentecatti possano udire le mie parole o meno.
    -''Ma che hanno da guardare quei due? Per caso non hanno mai visto una bella donna camminare nella loro piazza?''
    Concludo ridendo sotto i baffi, guardando Zanna con un espressione vispa cercando di creare una sorta di complicità.
    -'' Non lo so, fräulein, è il tuo villaggio.''
    Dice Zanna, dopo di che la vedo scrutare i due uomini con il suo sguardo affilato come i pugnali che si porta appresso.
    ''Attenzione, fräulein, il tuo villaggio dev'esser peggiorato con le maniere.''
    La mia collega crede che conosca il villaggio, ma deve esserle sfuggito il dettaglio che sono stata venduta in tenera età, di conseguenza non ho mai vissuto in questa bettola.
    -''Conosco questo villaggio quanto te... io non ho mai vissuto in questo posto...''
    Le dico come per rinnegare ogni legame con questo sperduto villaggio.
    -"Questi maledetti viandanti!"
    A proferire queste sgradevoli e irritanti parlare è il nanerottolo. Come si permette quella sottospecie di latrina umana alta un metro e un tappo a rivolgersi in questo modo nei miei confronti! Lo guardo con un sorrisetto schernitore.
    -''Avete qualche problema ?!''
    Esclamo alzando notevolmente il tono della voce.
    Mi accingo ad avvicinarmi ai due uomini, ancheggiando con una sensualità prorompente. Vediamo se hanno il coraggio di dirmi qualcosa direttamente in faccia.
    Zanna però afferra il mio braccio, come per trattenermi.
    -''Non abbiamo tempo per queste cose, fräulein Cosette!''
    Dice Zanna d'un tono seccato, riflettendoci ha ragione, non vale la pena sprecare il mio tempo con due villani.
    -''Hai ragione, non abbiamo tempo da perdere con questi due.''
    In questi attimi sento la sguaiata quanto grezza voce del piccoletto.
    -"Sì, sì che ho qualcosa da dire! Venite qui come avvoltoi, ansiosi di trovare i nostri ragazzi morti. Infastidite il povero Padre Rilet, che è esausto, ed avete il coraggio di fingere che v'interessi dei bambini quando siete qui per l'oro del Barone!" Sputa per terra, poi riprende, con voce aspra e grave "scusami, o illustrissima baldracca di città, se non fingo di non vedere come questo posto ti disgusta al pari dei miei concittadini. Scusami se mi infastidisce il modo in cui cerchi di speculare su una tragedia. Abbi la decenza di trovarti un angolo dove crepare in silenzio! Oh, ma non hanno tempo per noi, le baldracche: non possiamo permettercele!''
    Parole che mi fanno letteralmente infuriare, non solo si permette di offendere la mia professione, ma banalizza anche il valore dell' oro!
    Forse la mia collega preferirebbe ignorarli e andare avanti, ma io non sono fatta così.
    Aggrotto lo sguardo e con un tono di voce alterato replico.
    -''Pezzo di idiota! Gente come te non potrà mai permettersi una donna come me, non perché tu sia povero in canna ma perché hai una mente ottusa! Io e i miei colleghi siamo venuti qui per aiutarvi, per ritrovare i vostri bambini ! Il nostro movente non vi interessa minimamente. Dovreste ringraziarci invece di bistrattarci in questo modo.
    Mi arresto un momento poi proseguo con un tono di voce ancora più alto.
    -''Insomma se non siete voi i primi a collaborare con noi le possibilità di ritrovare i pargoli si abbassano drasticamente, quindi se ci tieni davvero a quelle povere creature fammi il favore di collaborare. Seminare odio non porterà indietro i vostri bambini!''
    Dopo questa ramanzina credo che quel beota faccia più bella figura a starsi zitto!
    Anche Zanna dice la sua, supportandomi.
    -"Voi siete solo delle cagne avide che godono a veder gli altri soffrire perché così gli portano lavoro!"
    Replica il nanerottolo, le sue parole fortunatamente vengono arrestate dal suo compare.
    Sono tentata di mandarcelo dritto dritto a fan culo! Ma mi desto dal farlo... mi comporterò da signora quale sono. Quindi mi rivolgo verso la mia collega.
    - ''Non sprecherò altro fiato a parlare con questo pezzente! Andiamo Zanna, abbiamo perso anche troppo tempo. ''
    Proferisco con tono vistosamente altisonante, giusto per far capire a quei due poveracci che sono una signora tutta d'un pezzo.
    Alzo i tacchi e proseguo le ricerche della casa di Hammond.
    Dopo qualche minuto di cammino scorgo una grande casa, grande si fa per dire, ma rispetto alle piccole case del villaggio questa spicca in maniera considerevole anche se ridotta a un rudere. Dalla descrizione dataci dal chierico io e la mia collega capiamo di aver trovato la nostra destinazione.
    Al di fuori dell' abitazione se ne sta appollaiato sopra ad una vecchia sedia a dondolo un uomo dall'aspetto trasandato, direi malaticcio a giudicare dal suo insano incarnato, gli occhi sono cerchiati da oscure occhiaia, simili a quelle di padre Rilet. Ad occhio e croce direi che ha una trentina d' anni o poco più.
    Non appena ci vede arrivare a differenza degli altri due individui del villaggio ci accoglie con un diversamente smagliante sorriso... Infatti la sua dentatura è lercia come la latrina di un bordello di basso rango. Nonostante questo colgo il lato positivo... è pur sempre un sorriso!
    Ricambio il sorriso rivolgendomi all'uomo in maniera civettuola.
    Mi accingo così ad avvicinarmi alla porta con l' intento di bussare sperando che Hammond sia in casa, quando il tale rivolge a me e alla mia collega una domanda.
    -“Voi ci pensate mai?”
    Rimango per un'istante perplessa.
    -''A cosa?''
    Proferisco, per poi guardarlo con aria interessata.
    L'uomo porta nuovamente il suo sguardo verso l'alto per poi dirmi che si riferiva alle stelle...
    Ahh le stelle... a dire il vero poche volte mi sono soffermata a guardare un bel cielo stellato, la maggior parte delle nottate le passo a fissare il soffitto dopo che uno dei miei clienti stramazza sul letto soddisfatto della mia prestazione. E pensare che è un dettaglio della natura così interessante, questa notte dedicherò sicuramente più attenzione al cielo.
    Che dire però, di stelle non ne vedo nemmeno l'ombra... è pomeriggio dopotutto questo qui o se le sta immaginando o mi sta prendendo per il culo. Però la sua voce non è quella di chi mente.
    -'' A dire la verità non ci ho mai pensato intensamente... Comunque sai dirmi se Hadmmond é a casa? Io e la mia collega avremmo bisogno di fare una chiacchierata con lui...''
    Non appena proferita parola sentii il gomito di Zanna urtare lievemente il mio fianco, mi accorgo che vuole dirmi qualcosa attraverso il labiale, capisco quindi che vuole segnalarmi che Hammond è proprio quello strano uomo.
    Lo stesso Hammond palesò questo fatto, per poi paragonarmi ad una stella tanto bella quanto pericolosa. Una lusinga molto gradita, ha saputo infatti descrivermi alla perfezione! Ad ogni modo abbiamo trovato il nostro uomo, quindi devo cominciare a lavorarmelo per bene.
    -'' Ma che adulatore... posso essere pericolosa solo se mi costringerai ad esserlo.''
    Mi avvicino all' uomo, ponendomi accanto a lui poggiando delicatamente la mia mano sopra la sua spalla.
    -''Non trovi sarebbe conveniente far accomodare due belle fanciulle dentro casa... qui fuori fa un po troppo freddo per i miei gusti.''
    Finisco la frase guardandolo con occhi dolci.
    L'uomo ci invita ad entrare all' interno della casa, ma dice che preferisce stare fuori a fissare le stelle... Le stelle che non ci sono insomma.
    Prendo atto di ciò, ormai non ci vuole un genio per capire che questo tizio a qualche rotella fuori posto. Ma in fin dei conti il chierico ci aveva avvisate fosse un tipo particolare, so come interagire con i casi umani, se ne presentano di tutti i tipi alla mia porta. Sono sicura che con lui ce soltanto bisogno di un piccolo incoraggiamento.
    -''Suvvia cosa te ne fai di guardare quelle stelle così lontane quando puoi ammirane due da vicino, andiamo.''
    Faccio sfoggio di un rassicurante ma al tempo stesso seducente sorriso. Per poi porgere languidamente la mano dinnanzi a lui, aspettando che accetti il mio gentile invito.
    -“Ma... ma... non posso... non posso allontanarmi ora... potrebbero... potrebbero dire cose importanti... potrebbero... dire qualcosa che interesserebbe a Padre Rilet, sì... non posso allontanarmi ora...”
    b5ucghm
    Questo tizio ha seri problemi... Ma ciò che dice è interessante, ha nominato il chierico ciò significa che queste stelle che vede hanno a che fare con la sparizione dei bambini. E' un bene che abbia intavolato di sua spontanea volontà l' argomento, almeno così non lo colgo in fallo come è successo con Rilet. Già che ci sono tenterò di capire cosa gli dicono queste stelle. Mi metto in ginocchio al fianco del dondolo, per poi poggiare delicatamente la mano sul suo braccio, come per fargli presente di non essere solo, adotto così una sorta di ''approccio materno'', molti uomini cercano nella donna la propria madre, una figura rassicurante e premurosa che sia capace di infondergli serenità. Io, grazie al mio lavoro mi sono ritrovata spesso a fare questa parte.
    -''Va bene caro, capisco che per te sia importante... Ma io sono totalmente ignara di ciò che dicono le stelle, vorresti parlarmene?''
    Concludo rivolgendogli un rassicurante sorriso.
    -”Uhm, Padre Rilet ha detto di non parlarne, ma... ma voi siete qui per aiutarci, no?”
    Sembra molto insicuro ma dopo qualche istante prosegue.
    - ”Non... non parlano come noi, e non sono chiare... loro... loro cantano e ballano, cantano e ballano per il Re. Al Re piace molto, ed è meglio per tutti che gli piaccia, questo mi hanno raccontato. Mi è sembrato che avessero paura del Re, ma paura in modo strano: mi hanno detto molte cose meravigliose su di lui. Una l’hanno detta oggi, e volevo dirla a Padre Rilet, ma oggi ancora non è venuto. Strano, in genere a quest’ora è già qui. Vi ha mandate lui?”
    Questi hanno tutta l' aria di essere i deliri di un folle... Ma sono convinta che questa storia abbia un fondamento di verità, magari le stelle sono una metafora... Voglio scoprire di più. Così decido di chiedergli dove abita questo fantomatico Re, rassicurandolo del fatto che sia stato proprio il chierico a mandarci da lui.
    -"Non lo so, siccome le stelle gli danzano attorno, deve vivere tra le stelle, no?"
    Pare essere felice di raccontarci queste informazioni, sono riuscita a metterlo a suo agio, bene! Superato l' ostacolo della timidezza spero di ricavarne delle buone informazioni.
    -''Ma mi dicono tante cose belle e terribili su di lui, cose che non sempre si possono esprimere a parole, nella nostra lingua o nelle lingue di questo mondo. Cose che Padre Rilet mi ha chiesto di raccontargli, e sono sicuro che sarebbe stato molto interessato a ciò che mi hanno detto oggi. A me è sembrato importante. Fatemici pensare, le parole sembravano tutte importanti, me lo hanno detto col tono che usano per le questioni importanti.
    Uhm..."

    Santa pazienza! Me ne sto impalata al suo fianco aspettando che finisca di ''riflettere'' se così si può dire per uno che evidentemente non è nemmeno capace di intendere e di volere... passa così una manciata di minuti che sulla mia pelle pare un' eternità, poi finalmente prende parola.
    -"Oggi il Re-Che-Dorme ha invitato i propri sudditi a banchettare, ed ha deciso di chiamare a sé le quattro caste: i musicanti, gli arconti, gli araldi, i serventi, tutti in egual numero. Alla festa sono presenti nel medesimo numero rappresentanti dei quattro gruppi, e ci sono tanti uomini quante donne. Mentre costoro banchettano, vittime innocenti gemono tra le mura di pietra di un tempio blasfemo. Uhm... sì, sono le parole esatte"
    Una sensazione agghiacciante mi attraversa il corpo, oltre a sgranare in maniera discreta gli occhi dall'inquietudine cerco di trattenere questa sensazione per me, non voglio che Hammond venga influenzato da ciò. Le sue parole sono troppo dettagliate per essere un mero vaneggio, già da prima Sen stava pensando che queste sparizioni fossero un evento che aveva a che fare con forze magiche.
    Forse è proprio come ho ipotizzato all' inizio del viaggio, una strega o un qualcosa del genere ha rapito i bambini e vuole mangiarseli... e qui si spiegherebbe il banchetto. Adesso però devo riuscire a capire dove sono, e sono certa che lo strambo Hammond conosca questo luogo.
    Proseguo così con un fare disinvolto.
    -'' Un banchetto dici, oh quanto mi piacerebbe andare... Sai io amo gli eventi mondani ahahah!
    Il tempio di cui parli si trova nel cielo giusto? Io e la mia amica e questo simpatico uccello vorremo tanto recarci al banchetto, puoi darci alcune dritte per arrivarci? ''

    Non appena finita la frase l' uccello di sen avvicinandosi a me si mette a gracchiare, come se anche lui capisse le parole da me dette, che strana creatura, so che si tratta di un uccello magico ma dubito sia magico a tal punto di capire il linguaggio umano, si tratterà di una strana coincidenza!
    Al coltempo anche Zanna chiede qualcosa allo strambo Hammond, più precisamente vuole sapere qualcosa di più su questo fantomatico Re.
    -"Sapere di più sul re... mh... sì, vorrei aiutarvi, ma... non so molto sul re, io non ho mai parlato con lui, e per fortuna! Ho sentito che ascoltare la sua voce non è una cosa che dovrebbero fare le persone per bene... Padre Rilet... neanche lui ci ha parlato, ne sono sicuro. Lui mi chiedeva delle cose sul re, me ne ha chieste molte, ieri, e nei giorni precedenti, anche prima che sparissero... beh, i bambini, anche prima che sparissero, sì, ma... non ho mai capito perché. Ha cominciato a farmi lui molte domande, domande come le vostre, dopo che gli ho raccontato per la prima volta di queste cose. Ma... non lasciate che la mia maleducazione vi ostacoli, entrate pure, se volete..."
    La faccenda sta diventando sempre più confusa, Hammond è visibilmente scosso per qualche motivo, sembra abbia paura una paura matta di questo Re.... poi non capisco perchè il chierico ci abbia omesso queste informazioni, per quanto deliranti sono pur sempre degli indizi fondamentali per scoprire la verità.
    Afferro la sua mano stringendola con fervore come si fa ai malati per infondergli coraggio.
    -''Caro, per noi è importante andare al banchetto... I bambini sono lì e noi dobbiamo salvarli.
    Non devi avere paura ci siamo noi a proteggerti. Indicaci la via del tempio del Re, anche se non la sai con certezza dicci dove pensi possa essere, per favore caro... mostraci la via.''

    Concludo guardandolo con un espressione composta e apprensiva. La sua risposta non tarda ad arrivare, e sfortunatamente continua a non volerci dire nulla, sostenendo che il chierico gli ha proibito di rivelare informazioni sull' argomento.. Il poverino sembra sconvolto, ci prega persino di non costringerlo a parlare. Però a giudicare dalle sue parole una cosa mi sembra certa, il chierico è immischiato in qualche modo con questa faccenda. Insomma si è dimostrato poco collaborativo e ha omesso molte, troppe cose...
    In quegli stessi istanti odo uno strano fruscio alle mie spalle, mi guardo intorno per un attimo per poi tornare a cercare di spillare di bocca le informazioni al povero Hammond.
    Mi alzo dinnanzi a lui, tenendogli sempre saldamente la mano, poi con un tono apprensivo proferisco parola.
    --''Hammond, tu devi portarci nel posto più vicino al Re! E' stato padre Rilet a mandarci da te quindi a noi puoi dirlo, di noi ti puoi fidare... abbiamo la sua fiducia.
    Siamo qui per risolvere questo caso e ci serve la tua collaborazione, è di vitale importanza!
    Fatti coraggio caro e mostraci la via prima che sia troppo tardi!''

    Il tono della voce di Hammond cambia, pare ancor più spaventato tanto da stringermi vigorosamente la mano per la paura, poi ci avverte che qualcuno ''è qui''
    -'' Ma Chi?! ''
    Esclamo, senza più nascondere il mio sgomento misto ad esasperazione.
    Hammond cessa improvvisamente di proferir parola, in un attimo la sua agitazione cessa, diventa calmo, il suo guardo si spegne divenendo apatico. Anche la sua voce diviene piatta proprio come lo era qualche minuto prima non appena abbiamo cominciato a parlargli. Poi riprende parola e ci invita ad andar via.
    Continuo ad interrogarlo, ma lui si mette a ripetere esattamente le stesse cose dette prima, come se la sua mente avesse cancellato gli ultimi minuti di conversazione. Una cosa davvero inquietante. Tutti i miei tentativi di risalire al tempio del Re si rivelano vani, il cervello di quel tipo si è completamente fuso...
    Io e Zanna decidiamo di andar via consce del fatto che Hammond non avrebbe più collaborato. Non appena Zanna finì di chiedersi dove era finito Sen Dolet un fascio di luce proveniente dalla piazza si librò in cielo, capiamo all'istante che si tratta di lui anche per il fatto che il corvo si mette a gracchiare rumorosamente.
    Ci dirigiamo così verso la piazza quando altri tre fasci di luminosi si innalzano in cielo, mi allarmo non poco, che sia accaduto qualcosa? Meglio accelerare il passo.
    Arrivate dinnanzi alla chiesa notiamo il portone dell' edificio completamente distrutto.
    -''Ma che è successo qui?''
    Esclamo con un tono di leggerezza che però cela un fondo di preoccupazione.
    -''È Rilet, è successo qualcosa. Ci aggiorneremo più tardi. Faust''
    Dice Sen, per poi dare delle direttive al corvo con lo scopo di perlustrare la chiesetta.
    Però devo ammettere che quel'uccello è più intelligente di quanto pensassi.
    Non appena solcata la soglia del lugubre santuario odo una sinistra risata provenire dal fondo dell' edificio. Rabbrividisco dall'inquietudine e sentendomi in qualche modo in pericolo sfilo istintivamente uno dei miei pugnali fortunati dalla giarrettiera stringendolo vigorosamente fra le dita. Mi guardo intorno stando allerta... La luce fioca delle candele non favorisce una buona visione, il silenzio impera sovrano e l'unica cosa che sento è il rumore dei miei stessi passi.

    LAOjm5k



    ♥Salute 100%
    ♥Mana 100%
    ♥Stato emotivo: All'erta
    ♥Equipaggiamento:
    Set di coltelli Fortunati: Fidati compagni e protagonisti dei delitti più efferati della quale Cosette si è macchiata, questi affilati coltellini di buona fattura le hanno salvato più volte la vita, per questa ragione li ha soprannominati come ''fortunati''.
    Vengono spesso nascosti nella giarrettiera.
    {Arma Lv 1}
    Anello Incantato: Cosette nella sua vita ha avuto tanti amanti, così tanti da non ricordarne quasi nessuno. Ma non si dimenticherà mai quella volta in cui giacette insieme ad un mago Alothiano, l'uomo tanto fu soddisfatto della sua prestazione che le donò un prezioso artefatto magico, a detta del mago tale dono era per assicurarsi di ritrovarla viva una volta che sarebbe tornato in città.
    L' anello è stato incantato con una magia di tipo protettivo, in grado di generare una barriera magica.
    {Armatura Lv 1}

    Abilità Passive

    Vedova Rossa: Cosette ha una discreta conoscenza nel campo dei veleni, che usa come arma per uccidere o paralizzare le proprie vittime intingendo le lame delle proprie armi.
    E' in oltre una assidua consumatrice di droghe più o meno pesanti, che oltre ad essere un ottimo strumento di fuga dalla realtà , possono essere altrettanto utili in battaglia, per narcotizzare i propri nemici o in caso di necessità per aumentare temporaneamente la propria prestanza fisica.
    {Doppia passiva; giustifica di veleno + potenziamento alle attive di supporto fisico + medio}

    Tecniche utilizzate: Nessuna-



    Edited by Honey Queen - 27/7/2018, 16:23
     
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    Il suo sguardo è su di voi.
    Il suo trionfo è imminente.



    Entrate tutti nel tempio del Divoratore. Un edificio modesto, le cui decorazioni avvolgenti sembrano intente a stringersi attorno a voi con veemenza, a ghermirvi per non lasciarvi andare mai più. Superata la porta, è evidente una singola, significativa differenza rispetto alla precedente visita alla modesta chiesa. Questa volta, essa è pronta per accogliervi. Le candele sono accese e, pur tremando nell'oscurità profonda, generano una luce tenue e soffusa che danza lievemente, quasi ondeggiando al ritmo di una danza ipnotica. Esalazioni calde dall'odore intenso provengono da due pesanti incensieri sferici, identici, posti alle estremità del modesto altare ligneo, ed il loro profumo vaporoso vi stordisce per un momento, in un turbinare di sensazioni che, perfino in un luogo di culto così provinciale e secondario, i sacerdoti sono capaci di rievocare usando metodi affinati per secoli dalla chiesa. Le austere decorazioni curvilinee paiono chiudersi su di voi e sullo spazio tutto, tramutandolo in un luogo altro, completamente isolato dal resto del mondo, per quanto la porta spalancata sia ancora alle vostre spalle, disegnando una prigione geometrica ed ideale, un abbraccio totalizzante che vuole assorbire completamente l'essere del fedele e farlo parte di qualcosa di più grande, annullandone al contempo l'individualità, poiché tutti sono uguali al cospetto della divinità invincibile ed inintelligibile di Atals. Proprio il Divoratore è protagonista assoluto di questa scena trionfale, presente nell'icona in fondo all'unica navata, che mostra, oltre l'altare, innumerevoli fedeli inginocchiati, il cui numero giganteggia indubbiamente su quello di coloro che possono trovarsi nella struttura anche quando essa è gremita di adoratori, a ricordare che una singola comunità, pur essendo più grande del singolo, scompare al cospetto della totalità ecumenica. Naturalmente, sul fondo di questo ambiente quasi ultraterreno, si staglia il nero totale ed impenetrabile, che, complice la geometria del luogo, pare incedere lentamente, ma inesorabilmente, verso gli osservatori, portando la salvezza eterna, la fine promessa.

    Ed è dinanzi a questo spettacolo che rabbrividite, poiché se diversi individui sono immuni al fascino dell'escatologia e del ritualismo, nessuno potrebbe rimanere completamente impassibile dopo aver affrontato le sensazioni che stanno per investirvi. Non è improvviso, ma straziantemente graduale, eppure potete avvertirlo fin dal principio, fin da quando cominciano a muoversi le prime ombre in maniera innaturale e le linee sulla parete paiono deformarsi per un momento. Non è dissimile da un nauseante respiro, che pare emanato dalla raffigurazione consacrata sul fondo della stanza, sospinta in vostra direzione da un volere perverso. Non è assimilabile ad alcun fenomeno naturale, né a qualcosa di accidentale, anzi, non tenta in alcun modo di mascherare i propri intenti, e pare sussurrarvi, chiudendo la distanza, che sta venendo per voi. Lentamente, un riso acuto, sadico ed inumano, che cresce d'intensità, s'insinua nelle vostre orecchie, e, dopo pochi secondi, riuscite a distinguere un coro di urla strazianti d'ogni genere, talune infantili e disperate, altre macchiate da una qualche gioia , che l'orrido sghignazzare poi ricopre ed inghiotte. Al contempo, l'odore della putrescenza, della morte e del disfacimento, delle cose che avvizziscono a causa degli elementi impietosi, sostituisce quello altrettanto stordente dell'incenso. Stomachevole, marcio, rancido, permea l'ambiente circostante e tramuta tutto quello che tocca, marchiandolo con la propria sozzura, al punto che pare che il legno delle panche e dell'altare prenda a consumarsi e ad annerire. Ma queste sono cose della terra, per quanto nauseanti. Il sipario più terribile deve ancora alzarsi. Come una perfida carezza, gentile ma malsana, l'oscura magia che copre Irmal vi sfiora, per poi innalzarsi verso il tetto del tempio, rimasto avvolto dall'oscurità. Ma il tetto non c'è. Al suo posto, un'infinità di tenebre, una finestra che pare affacciarsi sull'infinito e sulle profondità della volta celeste, ove miliardi di stelle che baluginano dei più disparati colori del mondo e di alcuni oltremondani, senza che la loro luce penetri in alcun modo quella notte eterna, vorticano freneticamente, a velocità inconcepibili, attorno ad una gigantesca massa senza luce, ad un corpo ciclopico ed immoto occultato dal buio. Ed eccolo! Sentite il suo sguardo titanico che, lentissimo, prende a volgersi verso di voi e, mentre lo fa, siete consapevoli che tutte quelle stelle, ognuna animata dalla propria volontà maligna, vi stanno fissando. Il volto amorfo ed invisibile, potete percepirlo, sta per puntarvi, il terribile sguardo cadrà presto su di voi. Tra un attimo, dovrete affrontare quegli occhi nascosti, che paiono chiamarvi imperiosamente. Ma è un attimo, un battito di ciglia, e siete di nuovo circondati dall'odore dell'incenso e dalla luce soffusa delle candele, con la consapevolezza che non è stata una semplice allucinazione.

    La stanza ha un qualcosa di alienante, di intrinsecamente sbagliato. Impiegate qualche istante a capire di cosa si tratti, ma c'è una differenza notevole che ben presto notate. Uno strano fluido, nero, viscoso ed inerte, avanza lentamente all'interno della chiesa, aprendosi la strada sul pavimento di pietra levigata. In principio, l'impressione è che sia oscurità liquida e corporea, dato che non riflette in alcun modo la luce delle candele ed appare completamente uniforme, ma, osservandola meglio, ci si rende conto che compaiono, con distribuzione irregolare, dei minuscoli grumi dalla forma bizzarra, estremamente bizzarra, tanto che fissarli troppo a lungo risulta essere disturbante. Il suo odore non è dissimile da quello stomachevole che avete sentito prima, ed, anzi, se possibile, è perfino più intenso. Inoltre, il Dolet è in grado di discernere senza problemi che esso è stato macchiato da una forma più forte dello stesso potere occulto che aleggia su tutto il villaggio, ma, ancora una volta, non ne è la fonte. Nell'arco di dieci secondi, smette di scorrere, e vi accorgete subito che proviene da un'incavatura posta sul lato del tempio ed occultata alla vista, ove si trova la porta che conduce ai quartieri privati di Ladislaus Rilet, che avete già visitato quando avete discusso con il prete. Sembra essere chiusa, ma l'icore scuro e ripugnante ne ha corroso la struttura lignea, anzi, più correttamente, pare che le assi si siano decomposte parzialmente, indebolendola, così che non sarebbe un problema sfondarla, non fosse che essa è comunque circondata dal fluido e che, di conseguenza, per raggiungerla dovreste entrarvi in contatto.

    ---



    Entrate nella camera da letto del sacerdote. Un ambiente angusto, che deve essere stato scarno prima che la torbida inondazione distruggesse il mobilio ed, in particolare, quella che deve essere stata una scrivania cariche di carte personali che, naturalmente, ora sono completamente incomprensibili, distrutte. Quello che è strano, invece, è che un altro mobile, anch'esso ligneo, è rimasto illeso, per quanto intriso del viscoso orrore.

    Riverso sul semplice letto, giace il corpo senza vita di Ladislaus Rilet.
    Che sia morto è evidente, nonostante la completa assenza di odori diversi da quello permeante dell'icore, giacché si trova disteso in una pozza di quella sostanza nera, immobile, con gli occhi sbarrati e puntati verso il soffitto. Pur essendo vitrei, riescono a trasmettere la terribile paura che lo ha stroncato nel sonno. La veste, come anche le coperte, pare essere completamente marcita, aderendo alla pelle rugosa dell'uomo al punto da divenire indistinguibile da quest'ultima in certi punti, come anche la candida chioma, ora impiastrati. A colpire, però, è scoprire l'origine del misterioso liquido: esso proviene da una enorme ferita, da uno squarcio che divide in due il corpo del vecchio e dal quale la sostanza è fuoriuscita. L'apertura slabbrata pare non essere stata causata da un'arma da taglio, ma da sottili ed affilati artigli, e poi allargata da mani estremamente vigorose, in grado di deformare la carne. Per quanto concerne l'interno del corpo, esso emette un fetore tossico, mostruoso, ed è evidente che le ossa e gli organi interni sono ormai stati ridotti ad una poltiglia informe e ributtante che si è aperta la strada attraverso ogni cavità, consumando i tessuti. In particolare, essa è risalita lungo la gola fino ad arrivare alla bocca, che, colmatasi, è stata deformata orribilmente. Nonostante ciò, pare che le labbra fossero increspate in un sorriso che ora è diventato un agghiacciante e mostruoso ghigno. Il corpo, nella sua interezza, è coperto da una miriade di minuscoli tagli, di piccolissime escoriazioni, di pustole, di piaghe e di lividi che paiono aver fatto la propria comparsa solo dopo il vostro colloquio, che continuano a vomitare gocce di quel sangue nero e tossico che, per qualche ragione, rifiuta di consumare la pelle flaccida ed ormai fredda e scivola su di essa, formando una grottesca ragnatela di linee scure, un disegno geometrico intricatissimo che pare alludere ad una geometria altra ed aliena, forse un disegno mistico ed occulto che pure non sprigiona alcuna energia. Una sola è la parte della carcassa che non è stata mutilata orribilmente, è la mano destra, gelida ed immota, stretta mortalmente attorno ad un piccolo simbolo sacro d'oro zecchino, un prezioso emblema del culto decorato con motivi elicoidali. Le dita pallide ancora artigliano disperatamente le spirali auree in quello che pare essere stato l'ultimo, disperato gesto che ha lasciato segni profondi sul fragile e bianchissimo palmo. Pure, il gesto pare essere stato futile, poiché la divinità non ha protetto il suo servitore dal carnefice. Per un attimo, vi pare di sentire una risata acuta, stridula e beffarda ma, in qualche modo, terrificante.

    ---



    Avventurieri,
    Perdonatemi, ma non sono stato in grado di lasciarvi un messaggio più conciso. Se questo documento è tra le vostre mani, e se il sigillo è stato lasciato intatto, sono morto, e tocca a voi salvare le anime innocenti degli abitanti di Irmal. State mettendo in pericolo le vostre vite, e di questo vi ringrazio profondamente.

    Gli eventi che hanno sconvolto questa comunità sono cominciati quattro giorni prima della sparizione dei bambini, quando Hammond, che avete già conosciuto, mi ha raccontato di alcuni strani sogni, nei quali una figura umanoide ammantata di nero gli parlava di molte cose fantastiche e bizzarre. In principio, ho creduto che si trattasse solo dell'immaginazione di un contadino con troppo tempo libero, ma mi sono dovuto ricredere quando anche Cathelyn Bryss, il macellaio Fedor, il mio discepolo Laurent: persone morigerate e non impressionabili. Ci siamo accorti troppo tardi che la percezione del tempo individuale cominciava a diventare incoerente, che le ombre parevano sussurrare. Abbiamo sbagliato, o, forse, abbiamo peccato di superbia, credendo di non aver bisogno di aiuto. Il terzo giorno è venuto da me, ed abbiamo parlato a lungo.

    Si tratta di una creatura davvero mostruosa, che preferisce non mostrare neppure nel mondo onirico le proprie fattezze, perché, a suo dire, spezzerebbero le nostre menti. Non so quanto delle sue dichiarazioni risponda al vero, ma vista l'enorme protervia che ha sempre dimostrato dubito che necessiti di mentire. Inoltre, Hammond è cambiato terribilmente quando lo ha visto attraverso uno specchio, riducendosi all'ombra di un uomo, ed io stesso ho visto il suo sangue diventare nero a causa della visione. Dubito che possa essere salvato, ormai, e me ne rammarico profondamente. Nondimeno, l'essere, oltre che spavaldo, è sadico, e pare crogiolarsi nelle nostre paure, nutrirsene, quasi, ma, nella mia esperienza, è sorprendentemente onesto e metodico: non ha mentito in nessuna occasione e si è sempre attenuto ad un qualche cerimoniale sconosciuto e depravato. Quanto vi racconterò di seguito, comunque, mi è stato riferito da lui in persona, e, dunque, potrebbe essere pericolosamente ambiguo o mancare di elementi cruciali.

    Egli è estremamente riservato riguardo il proprio nome, per motivi ignoti, e prova un'avversione blasfema, un misto di paura e profondo disgusto, per il Divoratore, del quale non può deturpare i simboli attraverso la propria limitata influenza nella realtà materiale. Quando l'ho interrogato sul perché agire attraverso la dimensione onirica e non entrare direttamente nel nostro mondo, che certo avrebbe potuto influenzare in maniera più diretta, è rimasto vago, limitandosi ad affermare che ha questioni da sbrigare e doveri cui adempiere in luoghi lontanissimi. Personalmente, ne ho tratto conclusioni che potrebbero essere errate, ma vale la pena considerare: innanzitutto, questa cosa, qualunque cosa essa sia, ha dei doveri, e serve un qualche altro essere, forse il Re-Che-Dorme che ha menzionato diverse volte. Tremo al solo pensiero. Inoltre, è in grado di viaggiare tra Atlas e le dimensioni esterne, ma solo fintanto che si limita a proiettare la propria ombra dai sogni, forse perché, se entrasse nel mondo fisico, resterebbe intrappolato come qualunque altro naufrago dimensionale.

    Non so quanto queste speculazioni teoriche possano aiutarvi. Nella pratica, però, il mostro ha creato una replica del nostro bel villaggio nel mondo onirico, e mi condanna a visitarla ogni notte per assistere a cose orribili. Mi dispiace per la descrizione vaga che vi ho fornito, mi dispiace se non vi ho detto tutto dal principio, ma speravo di poterlo fermare da solo. Pochi consigli posso darvi, ma spero che vi basteranno: dormite, parlate con Hammond e con Cathelyn anche nel sogno, poiché lì godono di maggiore libertà, ed evitate a tutti i costi di sfidarlo o di provocarlo. Fingetevi terrorizzati, fuggite da lui, non dategli un pretesto per mostrarvi il suo viso, non entrate nell'edificio che ha costruito dove dovrebbe essere la chiesa, non andate a vedere le statue, non guardate nel pozzo, soprattutto non scendete al di sotto del livello del terreno mentre dormite. Sappiate, inoltre, che non potrete svegliarvi volontariamente, ma dovrete trovare un modo, un modo specifico che differisce per ogni individuo e che sarà estremamente traumatizzante: per me, ad esempio, l'unica via per il risveglio era entrare nel suo tempio. Nonostante questo, è indispensabile che capiate subito come andarvene, perché finché sognate siete alla sua mercé. Vi provocherà e vi stuzzicherà, vi sfiderà a guardarlo in viso. Non fatelo, mai. Intrattenetelo, assecondatelo, fate in modo che il suo gioco perverso continui il più a lungo possibile, reperite ogni informazione e ritrovate i bambini solo dopo che vi sarete svegliati. Per essere certi di essere tornati nel mondo della veglia, cercate un'immagine del divoratore, guardatene un simbolo sacro: nel suo dominio d'incubo non esistono.

    Vi prego, fate del vostro meglio. E fate attenzione. E perdonatemi.

    In fede,
    Ladislaus Rilet

    NdN



    Dunque, eccoci al terzo turno di gioco. Come avrete notato, il post è privo di due blocchi di testo, che provvederò ad aggiungere con il proseguire della vostra indagine, che, fondamentalmente, riguarda l'ispezione della chiesa. permettetemi di dirvi, prima di continuare, che siamo entrati nel vivo della quest. Dal turno corrente, quel "Player Killing: sì" che avete letto nel bando è pericoloso, e, nel caso in cui non ve la sentiste di continuare, è doveroso informarvi che girare i tacchi rimane un'opzione legittima per questo giro, che abbandonare la missione è un finale valido, per quanto amaro, e che il lusso di scappare potrebbe non esservi concesso in seguito.

    Aggiunto il secondo blocco il 28/03

    Aggiunto il terzo blocco il 02/04

    La scadenza è il 06/04



    Edited by Nerbon - 2/4/2018, 02:44
     
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    Il villaggio era ormai deserto. A quel punto pochi dei soldati erano rimasti, avevano permesso ai più di andare. Si erano detti che il grosso era già stato fatto. Balder batteva l'estremità non acuminata della lancia sul pavimento, nervosamente. « È finita. Perché siamo ancora qui? » Il compagno di pattuglia si era tolto l'elmo mostrando i suoi capelli color rame, lo teneva sotto il braccio mentre con la mano libera teneva il palmo poggiato rilassato sul pomo della spada. Le abitazioni che si estendevano da un lato e dall'altro delle strade non davano più cenni di vita, se non qualche sguardo furtivo da dietro tende sbrindellate e mura in pietra che parevano reggersi per miracolo. I pochi rimasti dall'incidente. « Perché gli altri sono stati congedati dai loro comandanti. E il nostro comandante... » Balder ringhiò, interrompendolo e completando « ...un gran coglione. » Zaulve annuì con un ghigno amaro. Come loro, alcuni commilitoni stavano girando per le strade. Non li vedeva, ma sentiva il clangore delle armature che a malapena metteva a tacere le chiacchiere. Tutti avevano in comune il simbolo sul giubbino, tre spade puntate verso sinistra e una in basso.

    Il quarto plotone era uno di quelli che collaborava con la divisione dei maghi da guerra spediti dal Collegio. Il Quarto e il Sesto erano gli unici rimasti, i loro comandanti convinti dallo stregone Padar che l'emergenza non si fosse affatto conclusa con la morte delle persone-bersaglio della maledizione, possedute dal nucleo del maleficio. Né Balder né Zuave avevano avuto modo di sentire i dettagli, ma per quel che gliene fregava non avrebbero in ogni caso dato ascolto. Volevano solo andarsene da quel maledetto posto. « Oh, guarda chi c'è ». Spalle curve e accompagnato dal clunk del bastone, un uomo senza armatura e con una spada infoderata si incamminava nella direzione opposta alla loro. Gli occhiali spessi impedivano loro di capire se questi stesse scrutando o meno loro. Lo conoscevano: era il mago da battaglia assegnato al loro plotone. Non ricordavano nemmeno come si chiamava, per quanto poco aveva parlato con loro. O con gli altri soldati, per quel che valeva. L'avevano visto aprire bocca solamente in compagnia degli altri stregoni, come se loro fossero troppo insignificanti per lui. « Ti stai godendo lo spettacolo, quattrocchi? Proprio deve piacervi guardare. E i nostri stupidi comandanti che vi sbavano dietro come foste la soluzione a tutto ». Balder sputò per terra quasi sullo stivale dello stregone, che si fermò di botto voltandosi verso loro. I due soldati si gelarono per un breve, teso momento; poi rimisero un cipiglio ostile. Dopo qualche scambio di sguardi silenziosi, finalmente il mago tornò a camminare. « Gyasfalk è morta, quattrocchi! Gran bell'aiuto, il vostro! » Ma la provocazione di Zuave echeggiò nel villaggio ormai deserto, spegnendosi mentre lo stregone si allontanava.

    ---

    Lo spettacolo che si manifestò ai suoi occhi appena raggiunto l'altare lo paralizzò. La chiesa era deformata, distorta rispetto a quando vi erano andati. L'atmosfera cupa e soffocante parve svolgersi dalle pareti e dalle fessure nel pavimento di pietra, per aleggiare e avvilupparli in una morsa nauseante: Sen Dolet dovette far appello a tutte le sue energie per non cadere in ginocchio, stringendo il bastone con forza e appoggiandosi ad esso mentre le sensazioni vaporose lo soverchiavano. Non era pronto: aveva assistito a rituali particolari, molti dei quali richiedevano incensi e altre sostanze, ma in quel caso si era sempre aspettato i loro effetti. Venir invece investito da quella visione, il piegarsi e tendersi dell'intero edificio e lo spalancarsi della volta in una voragine nera, lo derubò del fiato.

    Quando quella manifestazione mostruosa lo abbandonò, lasciando immortalata nella mente l'eco della parete nera in fondo e una risata stridula, il caltrisiano era pallido. « Rimaniamo uniti » riuscì a dire, sperando di suonare almeno fermo. « Dobbiamo trovare Rilet » continuò, avanzando cautamente in avanti di qualche breve passo. Indicò con il capo le porte degli alloggi di padre Ladislaus, dove si erano lasciati prima. « Zanna, aprila. Io ti copro le spalle. Cosette » aggiunse il mago voltandosi verso la ragazza, visibilmente scossa quanto lui « rimani all'erta ». La donna dallo strano accento commentò duramente « La apro, ma non mi ci avvicino neanche morta » e lanciò due pugnali, che centrarono da mirabile distanza il chiavistello. Arrugginito com'era questo saltò, lasciando però la porta socchiusa; dopo un momento di esitazione i tre si avvicinarono, Zanna di fronte a tutti, estremamente concentrata nel suo schiudere man mano la porta. Non fece che qualche passo dentro, prima di uscire quasi subito. Il mago fu quasi sicuro di sentire un rumore sinistro provenire dagli stivali della mercenaria, come se qualcosa stesse bruciando, e lei stessa parve corrucciata. « Come se fosse passata un'inondazione di pece... dentro le stanze ho trovato poco e niente, ma dovremmo tornarci tutti e tre » mormorò. Sen sospirò e si diresse verso la stanza, ma la mercenaria non aveva finito. Lo fermò indicando il pavimento, che lo stregone si rese conto essere ricoperto di una melma nerastra e pulsante. Aveva inizialmentecreduto fossero ombre, rese più concrete dalle allucinazioni, ma evidentemente non era così. La "pece" alla quale si riferiva Zanna era qualcosa di ben più innaturale, una manifestazione più vivida e disgustosa dell'aura che permeava Irmal. Come se il male si fosse incarnato, e quello fosse il suo sangue. « Herr Dolet, siete in grado di usare magia sacra...o qualsiasi cosa che abbia a che fare con la luce? Forse può aiutarci contro tutto questo... »

    Sen rimase in silenzio. Tempo addietro, quando viaggiava a fianco del Giglio Rosso, avrebbe potuto far affidamento su Musica: la sacerdotessa di Eiua avrebbe saputo come appellarsi alla volontà degli dei per proteggere i suoi compagni, sigillare quel male e porre fine a tutto quello. Ma quei giorni erano svaniti, e del Giglio rimanevano solo lui e Faust. « No » disse finalmente, tirando un respiro profondo per farsi forza. « Temo di no. La magia sacra è per chi può contare sulla fede in qualcosa di superiore » indicò con il bastone la parete nera dedicata al Divoratore, come a dire "Tipo loro", non senza un minimo di involontario spregio nella sua espressione. Scrutò dunque la soglia degli alloggi, aggiustandosi con il dorso della mano gli occhiali. « Forse ho una soluzione meno...ortodossa » borbottò, sussurrando l'incanto ed evocando dal nulla una passerella in pietra; questa si stagliò al di sopra del pavimento, ricoprendo la melma e permettendo un passaggio sicuro. Ignorando l'inquietante suono della melma che intaccava poco a poco la passerella, i tre si addentrarono nella stanza cautamente. « Qualcosa ha lasciato un messaggio in codice appositamente per me a casa Bryss. Se ho interpretato correttamente, so dove stanno i bambini. O potrebbe essere una trappola » aggiunse, senza troppe convinzioni - ci avrebbe pensato più tardi.

    In terra erano sparsi diversi tomi, irrimediabilmente corrosi dalla melma nera, almeno per quello che pareva visibile: le stanze, prive di ogni illuminazione, erano tanto buie che a malapena si distinguevano le due porte che si presentavano in fondo alla stanza. L'aura era rivoltante lì dentro. Il mago puntò il bastone verso un tavolino mezzo putrefatto, dandogli fuoco e rischiarando il posto: la porta sulla sinistra era distintamente più malandata, si stava piegando e rigonfiando gradualmente. « Ma cosa stai facendo! Vuoi arrostirci tutti?! » sbottò Cosette, la quale dopo essersi resa conto dello stato della porta sgranò gli occhi e si precipitò fuori dalla stanza urlando « Andiamo via di qui! Quella porta sta per scoppiare! ». Il caltrisiano fece uno sforzo mentale sovrumano per controllarsi e non sbraitare a sua volta contro la ragazza, puntando la perla di Muginn contro la porta in procinto di cedere. « Non dividiamoci, ho detto ». Una lastra di marmo nero materializzata dal nulla cadde davanti alla porta, ricoprendola del tutto con un tonfo che scosse la terra. Zanna intercettò l'occhiata timorosa del caltrisiano, in contrasto con le parole fredde alla ragazza, facendo qualche passo davanti a lui. « Dietro di me, Herr Dolet, giusto per sicurezza » Prima che l'uomo potesse replicare, la porta cedette. Il marmo venne irrorato dal sangue nero, e davanti agli occhi atterriti il Dolet vide il suo costrutto magico venir liquefatto come da un potentissimo acido. Se non lo avesse fatto, al posto del fu-marmo ci sarebbero state le loro ossa. “ Questo è ciò che stiamo affrontando.

    Lo sguardo scivolò sulla porta alla destra, anch'essa in condizioni pietose. Sotto gli occhi vigili di Zanna il Dolet andò ad aprirla, tenendo davanti a sé l'occhio di Hadrian, ma già dal primissimo spiraglio venne investito da un odore di putrefazione tanto forte che dovette resistere all'impulso di ritirarsi di scatto. Riconobbe l'odore di frutta e verdura marcia, anche senza darsi la briga di cercare troppo approfonditamente. Insetti morti nei pressi del cibo andato a male lasciarono intendere lo stato delle provviste nella chiesa. Udì indistintamente la voce sgomenta di Cosette, evidentemente messa a disagio dal fetore, ma la ignorò. La voce più chiara di Zanna gli arrivò alle spalle. « Se non è un cadavere sarò molto delusa. Se non c'è nulla possiamo provare l'altra porta. O volete che dia un'occhiata in questa, Herr Dolet? » Ma il caltrisiano scosse il capo, un'espressione disgustata nel dirigersi verso la stanza sulla sinistra.

    « Siete davvero sicuri di voler entrare, insomma questa sostanza nera ha corroso persino la pietra, immaginate cosa potrebbe fare con le nostre carni... » Il mago nuovamente non replicò. Lo immaginava perfettamente: era per quello che stavano camminando su una passerella che lui stesso aveva evocato. « È sazia » ribatté Zanna. « Avete idea di che natura sia questa melma ? » chiese allora la ragazza, ma regnò il silenzio. “ La saliva di una forza che ha appena iniziato a parlare ” pensò, ma fu un'immagine talmente inquietante che preferì non turbare ulteriormente la giovane. « Rimane solo una strada... » disse infine la mercenaria, e il mago si addentrò nella stanza. La melma era più alta, segno che si era accumulata in quantità pericolose. Come se lo spettacolo di prima non l'avesse dimostrato, dopotutto. Lo spettacolo che si presentò dinanzi a loro, nella stanza poco illuminata, oltrepassò però ogni aspettativa del Dolet.

    Ladislaus Rilet, sacerdote di Irmal, era morto. Il suo corpo, dilaniato nel suo letto - unico superstite della marcescenza che pervadeva la stanza - era squarciato da un'enorme ferita. Il sangue era stato sostituito dal liquido nero, quasi che fosse stato quello a sgorgare, e l'espressione d'orrore deformava il suo viso in una sagoma innaturale. La bocca spalancata era ancor più innaturale, come se qualcosa di enorme l'avesse attraversata fino ad allargarla in una smorfia caricaturale. Il corpo era ricoperto di ferite di ogni sorta, da tagli a vesciche, strani motivi che volevano andare a comporre una mappa grottesca e aliena. E poi il tanfo.

    Il Dolet si passò la mano sulla bocca e sul naso, muovendo l'indice come per grattarsi il mento, ma in realtà stava lottando per combattere il conato. Si avvicinò cautamente, il respiro bloccato nel corpo tanto per non venir invaso dalla puzza quanto per la tensione. Lo sguardo cadde sull'unica parte scevra da quel teatro di violenza: la mano destra. Aguzzando lo sguardo, vide che stava stringendo qualcosa. Tirò fuori dalla bisaccia una pergamena, riempita di lettere e numeri, mezza rovinata dal modo in cui l'aveva conservata malamente nella fretta di andare ad avvisare Clara, e la accartocciò. Cautamente tirò fuori l'oggetto, dovendo impiegare abbastanza energia da sentirsi a disagio nell'atto: doveva averlo tenuto serrato con così tanto vigore che il corpo, da morto, aveva conservato quell'ultimo disperato atto. Le forme elicoidali sul medaglione erano impresse nella mano morta e bianca come il gesso; il caltrisiano riconobbe quello come un simbolo del culto del Divoratore. Colto da un improvviso dubbio lo avvicinò alla melma, come se questa potesse rispondere all'enigma, ma questa non ebbe alcuna reazione.

    Lo stregone scosse il capo, improvvisamente stanco, lo sguardo frustrato sull'amuleto. « Troppo tardi. Dobbiamo trovare un modo per andare sotto terra, i bambino sono lì - se possiamo fidarci » Si voltò verso Cosette e Zanna. « Cosa siete venute a sapere da Hammond? » Fu la ragazza a rispondere, ammirevolmente date le sue condizioni di chiara sofferenza « Ci ha detto che vede delle "stelle" che gli hanno detto di un certo Re che ha organizzato un banchetto a base di bambini... Il banchetto a quanto dice si terrà oggi presso un tempio blasfemo o qualcosa di simile... Noi sappiamo questo, tu come hai scoperto che i bambini sono sottoterra ? E sopratutto sai dove potrebbero essere? Perchè noi del fantomatico tempio non sappiamo nulla... ma potrebbe trattarsi dello stesso posto, che so la cripta di qualche tempio blasfemo o abbandonato...Se questa chiesa ha una cripta sono qui sotto. Questo dopotutto si potrebbe considerare un tempio blasfemo dato che è ricoperto di questa melma oscura e come vediamo Rilet ne era... colmo... »

    Ma il mago non parve molto convinto. « Non ho visto nessuna cripta. Come ho già detto, ho trovato il messaggio iscritto sulla parete dell'abitazione di vedova Bryss. È stata incisa davanti ai miei occhi, un attimo prima non si trovava, mi volto ed eccola lì. Era codificata, ma l'ho decifrata » Sospirò nel vedere lo stato della giovane, decisamente non più giuliva. Indicò l'uscita, per uscire dalla stanza. Si addentrarono nella sala principale, avvicinandosi all'altare. Dolet lo esaminò, senza trovare nulla di particolare. « Ora, sotto terra significa letteralmente questo? O che sono morti? » mormorò. Si grattò la radice del naso. « Un tempio blasfemo, dici? Più che deificare una creatura che divora e tiene prigionieri e dedicargli una struttura come questa... »

    « Hammond ha detto che Padre Rilet sapeva dove fosse questo banchetto e gli ha intimato di non dirlo a nessuno. Se fossi pessimista, direi che ci è appena andato a quel banchetto...» intervenne Zanna. Inizialmente il caltrisiano pensò fosse una battuta senza gusto, ma poi si rese conto con orrore che poteva benissimo trattarsi della realtà. « Provate ad avvicinarlo all'altare o alla melma. » Dolet arricciò le labbra in una smorfia scettica, facendo come suggerito. « Questo oggetto non ha nulla di speciale, è solo un simbolo » borbottò, e prevedibilmente non vi fu alcuna reazione da parte dell'altare. I simboli necessitano di fede, proprio come le piante necessitano del sole. Fissò frustrato il legno che iniziava a marcire, desiderando di essere da tutt'altra parte. C'era qualcosa che non comprendeva. Qualcosa che non tornava. Aveva bisogno di aria fresca per ragionare. « Cerchiamo fuori. Ci deve essere qualcosa. Il pozzo va sottoterra, ma renderlo agibile è tutt'altro discorso. »

    Fece per andar fuori, ma due colpi possenti per terra riecheggiarono per le navate facendolo arrestare bruscamente. « Aspettate! Ciò che cerchiamo sono certa sia qui sotto, è questo il tempio blasfemo! Penso anche io che il pozzo potrebbe essere un entrata, ma facciamo molto prima ad entrare da qui. Siete in grado di aprire una buca nel pavimento? »

    Sen la fissò, indeciso se risponderle o meno "Ti sembra il momento di demolire la chiesa?". Si avvicinò titubante all'altare, dove la giovane stava indicando. Alla fine ripeté per la terza volta l'incanto, questa volta la pietra del pavimento si ritirò con un rumore che rimbombò nelle mura cupe. Un piccolo tunnel si formò, con tanto di rientranze per permettere la discesa nella buca improvvisata; il mago andò a controllare, ma riuscì a vedere ben poco se non la sezione delle fondamenta. Vi fu un solo dettaglio a catturare la sua attenzione: la melma nera aveva fatto marcire anche la base, ma pareva ritirarsi quando rivolta all'altare; si rigirò il medaglione fra le mani. Le coincidenze erano ora due: prima la mano, adesso la chiesa stessa. Non poté scrollarsi di dosso l'impressione che il Divoratore stesse proteggendo a stento qualcosa. Dietro gli occhiali, l'espressione torva sul viso del mago fu la prima cosa che gli altri videro quando riemerse dalla buca. « Andiamo fuori. Non c'è nulla di utile qui » disse seccamente, dirigendosi verso l'uscita senza dire altro. Ma la mano continuava a giocare con l'amuleto dorato.

    Il sole era meno caldo, il cielo più buio. Fu quello che lo spinse a guardare il cielo e quella volta vedere. « Non siamo stati così tanto dentro. Non possiamo esser stati così tanto lenti. È impossibile » mormorò. E si rese conto di aver ragione: sin da quando era uscito da casa Bryss il cielo era stato in quelle condizioni, il vettore l'aveva illuminato meglio di quanto avrebbe fatto a mezzodì. Era stato a casa Bryss che aveva perso così tanto tempo. Ma quando? E perché non se n'era accorto? Scosse il capo. Ogni secondo perso adesso sarebbe pesato il doppio. Faust rispose al fischio dello stregone, andando ad appollaiarsi sulla spalla. « Dobbiamo saperne di più, non possiamo andare ancora a vuoto. Hammond potrebbe sapere qualcosa » annunciò; le altre convennero, quindi si diressero verso la casa del giovane.

    E lì lo trovarono, seduto sulla sedia a dondolo che stava poco fuori. Li accolse con un sorriso. « Voi ci pensate mai? » L'uomo era a dir poco diverso da come se l'aspettava: se Cathelyne e Clara Bryss erano in condizioni pietose, Hammond era l'incarnazione della trasandatezza. Ma ad una seconda occhiata, il mago rivalutò. Dietro gli occhi neri, sulla barba incolta e i capelli sporchi e lunghi, Sen Dolet riconobbe una vera e propria malattia.

    La domanda lo lasciò interdetto. Si voltò verso Zanna e Cosette, ma quest'ultima aveva già tirato fuori un pugnale e aveva un'espressione feroce ad animarle il viso. « Hammond! non fare il finto tonto! » Puntò il pugnale alla gola del giovane seduto, sotto lo sguardo atterrito del Dolet « Adesso basta razza di rincitrullito dicci subito dove si trova il tempio blasfemo o non esiterò ad ammazzarti! » Lo stregone si avventò su Cosette, afferrandole la mano che reggeva il pugnale. « Cosa diavolo ti prende ragazzina!? » Lei si divincolò e lo spinse violentemente via, facendolo barcollare e per poco non cadere sul posteriore. « Non toccarmi! » sbraitò lei, indietreggiando e fissando Sen negli occhi. « Questo tizio ripete sempre le stesse cose come un disco rotto! Prima io e Zanna abbiamo cercato di parlargli gentilmente, e molto pazientemente... ma adesso non ce più tempo! Quei bambini stanno per essere tutti ammazzati e quest'uomo sa qualcosa! Un uomo che copre una tale atrocità non è degno di alcuna remora! »

    Dal suo canto, Hammond rispose confuso senza alzarsi « Non... non capisco perché vi agitate, signore, ho già fatto questo discorso con le vostre belle amiche l'altro ieri » Cosette si infuriò « Come sarebbe a dire l' altro ieri !? Abbiamo parlato un oretta fa! » Il mago avvertì un tuffo al cuore nel sentire la risposta della ragazza. Allora non era solo lui ad aver perso la cognizione del tempo? Cosa significava l'altro ieri di Hammond? Che i bambini fossero già...?

    « C'era qualcuno qui qualche ora fa...» disse Zanna mettendo a tacere Cosette, Hammond e i pensieri del mago. Si avvicinò al giovane seduto. « Non è vero? » L'uomo stava quasi tremando, come se qualcosa si fosse risvegliato nel suo essere malato. « Lui... lui non è venuto di persona... ma era qui... come... come lo sapete? »
    Più confuso che mai, Dolet si limitò a far cenno alla giovane armata di pugnale di abbassare il braccio. C'era qualcosa che non riusciva a mettere a fuoco, nello specifico, di Hammond. Quella paura pareva genuina, più del sorriso iniziale. Lo scambio continuò, diventando progressivamente meno comprensibile alle orecchie del mago.

    « Perché le ombre sono le mie sorelle. Chi è? » replicò Zanna, avvicinandosi « Lui... l’Uomo Vestito di Nero » ma lei incalzò posando una mano sul pugnale « Cosa vuole... e dov'è andato? ». Adesso Hammond era scosso. Il mago si avvicinò. « Lui... lui mi ha detto che ha ucciso Padre Rilet, ma... ma non è vero, non può essere morto... non... non può essere... » ma lei lo interruppe bruscamente « Lo ha ucciso. Abbiamo visto il suo corpo... se hai dubbi, abbiamo il suo amuleto. Ora devi aiutarci a vendicarlo. Rispondimi... perché se non sei con noi, sei con lui. Io non sono magnanima come la mia compagna. Perciò rispondere alla mia domanda è l'ultima occasione per aiutarci. Chiaro? »

    Dopo una breve pausa, lui diede cenno di riprendersi. « Io... io... sì, ho capito. Lui vuole... lui vuole la lettera di Padre Rilet. L'ha chiesta gentilmente in principio, ma non gli è stata data. Così lo ha dovuto uccidere, sì... mi ha raccontato quello che gli ha fatto... ma io non ho voluto sentire... ricordo solo... ricordo solo...io non so dove sia la lettera, dovete credermi! Non me l'ha mai fatta vedere, non era per me... non era... era... era per voi...mi ha detto... mi ha detto che mi avrebbe fatto le stesse cose che ha fatto al Padre Rilet se vi avessi detto queste cose, ma... ma i bambini hanno poco tempo... pochissimo tempo, sì...presto le sei statue saranno pronte... sei piccole statue... ma io non so cosa fare... Padre Rilet, lui lo sapeva. Lo ha scritto... scritto nella lettera, ma lui... lui sapeva della lettera, e voleva... voleva distruggerla. Ma non l'ha trovata. Ha chiesto a me dove fosse. Ma io... non lo so, dovete credermi! Vi prego! Credetemi! Deve essere in chiesa... non è riuscito a distruggerla... farà un'ottava statua! Ci sarà un'ottava statua! Lo so! L'ottava statua! Che viso avrà? Lo so! Lo so! Il mio viso! Il viso dell'ottava statua! » Progressivamente impanicato, infine in lacrime, Hammond cedette ad un singhiozzare isterico. Intervenne Sen, cercando di dominare l'inquietudine che aveva preso possesso di sé nel sentire le parole dell'uomo. « Dove sono queste statue? Cosa sai dei bambini? Più ci dici più possiamo aiutarti. Siamo qui per questo, per voi » La voce gli riuscì miracolosamente calma, ma il cuore gli batteva in gola. Il corvo se ne rese conto, dandogli una lieve beccata sulla nuca, ma non servì a molto.

    « Le statue sono nella bottega dell'Uomo Nero... la bottega dell'Uomo Nero è dall'altra parte dello specchio: io le ho viste, e le ha viste padre Rilet, ma... nessuno, nessuno di noi due le ha viste... complete. Erano ancora coperte e... non ho avuto il coraggio di guardarle, perdonatemi. forse Padre Rilet... no, non lo so, non lo so davvero... » rispose Hammond; lo stregone assottigliò lo sguardo « Dove si trova lo specchio, Hammond? Nella chiesa? » ma la risposta lo spiazzò: « Lo specchio... lo specchio è ovunque e da nessuna parte... » Inizialmente il mago pensò che lo stesse prendendo in giro. Pensò che lasciare le domande a Zanna avrebbe potuto essere d'aiuto, ma nel vedere lo stato emotivo del giovane cambiò idea. Forse era serio. « Quindi non intendi uno specchio vero e proprio? O è un oggetto che esiste? Ve lo ha detto lui o avete visto voi stessi? » La risposta veemente fu « Certo che lo specchio esiste! Certo che l'ho visto! Anche voi potete vederlo! Anche ora! Basta... basta sognare abbastanza intensamente ».

    Il mago soppresse un ringhio, solo per farsi scappare una bestemmia sibilante in una lingua che nessuno avrebbe saputo riconoscere. Ora iniziava a comprendere. « Un portale nei sogni. Gli incubi » Non era un gran conoscitore dell'oniromanzia, e quel che sapeva differiva enormemente da quel che aveva avuto modo di osservare in Atlas. « Gli incubi sono quello che vedete nello specchio? O bisogna sognare più intensamente? »In fondo l'aveva compreso sin da quando aveva parlato con Weimar che si trattava di una creatura in grado di influenzare gli incubi, quindi non si sarebbe dovuto sorprendere di ciò. Eppure l'aveva, seppur per poco tempo, eliminato dall'equazione: sino ad ora. « Gli incubi... sì... negli incubi... lui si nasconde lì, non può entrare. Padre Rilet aveva scoperto perché... ma lui non gli ha dato il tempo di dirmelo... » Il mago si accarezzò il mento. « Ma lo avrà scritto in questa lettera. Dobbiamo trovarla. Dobbiamo tornare nella chiesa » Fece per incamminarsi, ma poi si arrestò. Stava dimenticando qualcosa. Si voltò verso il giovane « Hammond...sotto terra cosa c'è? »

    « Non lo so, non vado mai sotto terra, lì è buio e spaventoso. Però... però Cathelyn c'è stata, ed anche Padre Rilet ». Gli cadde un macigno sul petto. Cathelyn aveva reagito quando aveva chiesto a Clara di dove poter andare sotto terra, ma lui non aveva compreso. E ora padre Rilet era morto, lasciando solo lei. La frustrazione crebbe. « Posso...tornare da vedova Bryss, vedere se riesco a trovare qualche informazione sui bambini. Ma non possiamo più rimanere uniti. Dobbiamo trovare la lettera il prima possibile »

    « Ci andrò io... dovrebbe essere nella stanza con il cadavere di Rilet » disse Zanna, prendendo l'iniziativa. Intervenne anche Cosette, inaspettatamente calma. « Per quanto riguarda me andrò a dormire. Se ci pensate qualsiasi persona dorma in questo villaggio ha degli incubi, secondo me sono proprio questi lo specchio. Spero di riuscire a vedere qualcosa... D'accordo ? » Lo stregone non era d'accordo. Era pericoloso, non gli pareva giusto che fosse lei, la più giovane, ad andare. Stava quasi tremando dentro la chiesa, e ora avrebbe fronteggiato lo specchio che aveva rovinato le notti di un intero villaggio. Da sola. Ma non c'era molta scelta al riguardo. « ...sii cauta. Non sappiamo cosa troveremo, né se troveremo qualcosa. Faust, sarai il suo guardiano » Il corvo si librò sulle loro teste, questa volta in solenne silenzio. « Se avverti qualcosa di diverso, svegliala - e tu » disse infine voltandosi verso Hammond puntandogli sul petto il bastone. « Siamo l'unica tua speranza di vivere. Se ti interessa vivere, ti assicurerai che niente e nessuno le faccia del male. E se non ti interessa... » spostò lo sguardo da Cosette a Zanna, in particolare sui suoi pugnali « ...ti riporterò io stesso in vita solo per farti pentire di aver disobbedito ad uno stregone che ti ha offerto il suo prezioso aiuto ».

    Con un cenno del capo si congedò, uscendo a passo svelto dalla casa. Giunse a casa Bryss, ma questa volta nessuno gli aprì la porta appena sulla soglia. Bussò « Clara, sono Dolet » ma non ricevette risposta. Non seppe dire se un buon segno, o l'esatto opposto. Si fece coraggio e bussò nuovamente. « Non c'è bisogno che tu apra, fai bene. Però ho bisogno di porvi delle domande, sono urgenti: rispondetemi appena potete ». Il fazzoletto nero pendeva ancora, pregno ancora del dolore che una donna può provare per una grave perdita. Aveva promesso che avrebbe risolto tutto e avrebbe riportato i bambini; non era nemmeno più sicuro se ne sarebbe uscito vivo da quella cittadina. Il suo corpo era anche meno che marmo, dopotutto.

    « Oh, Signor Dolet, sei gentile a preoccuparti, e ti dirò tutto quello che vuoi sapere, ma... lascia che ti faccia io una domanda: credi davvero di poter salvare anche solo una di queste due baldracche di campagna? » Il mago rimase in silenzio per qualche attimo, riconoscendo la voce di Clara. Ma non era la Clara che aveva conosciuto: era una voce più vispa, beffarda addirittura. Inappropriata al contesto corrente, come in un collage grottesco. Indietreggiò lentamente dalla porta, puntandovi il bastone contro con una mano e stringendo l'amuleto protettivo nell'altra. « Lo credo. Sì ».

    « Oh, e cosa te lo fa credere? » rispose la cosa che indossava la voce della ragazza come un guanto. « Il fatto che hai commesso un errore, semplicemente. Ma ho risposto alla tua domanda: ora tocca a me. Chi e cosa sei tu? ». La cosa rise, una risata crudele appartenente a chi si dimostra sicuro di sé. « Io sono colui che sono, naturalmente ». La stretta sul bastone sbiancò le nocche del Dolet. « Naturalmente. Fai bene ad aver paura a darmi il tuo nome; dopotutto è già tanto che tu sia qui. Basterebbe una preghiera a scacciare una figura di poco conto come la tua » Non parve granché impressionato. « Una preghiera? T'invito a provare, se ne conosci qualcuna... dubito, però, di poter infrangere le tue speranze con tanta facilità: tu non sei di questo mondo... chi sei tu? » La bocca dello stomaco gli si chiuse. Ogni parola che diceva sembrava comunicargli la pericolosità dell'entità che piagava Irmal. Aveva avuto molti momenti per fuggire, eppure era ancora lì. Scrollò le spalle. « Io? Sono quel che sono, questo è tutto quello che sono. Naturalmente ».

    « I miei complimenti: sei riuscito a dare una risposta tautologica e sbagliata. Sorprendente ». Il mago rimase stranito. « Son forse qualcosa di diverso da ciò che sono? Non posso certo sbagliarmi parlando di me stesso. Men che mai tu potresti stabilirlo. In fin dei conti, ai tuoi occhi apparterrei addirittura ad un altro mondo. Quel messaggio in codice, era opera tua? »

    « Una cosa temporalmente finita non può dirsi completa in sé stessa, e, non reggendosi autonomamente, è solo una propaggine dell'essere e del divenire, la causa infinitesima d'una realtà maggiore che non potrà mai comprendere. Voi cose mortali siete la progenie bastarda di una serie di accidenti. Ma è divertente giocare con voi, vedere le vostre speranze che vanno in fumo. Altrimenti non ti avrei lasciato quel messaggio: per farti credere di avere una pista. Ma sono stanco di questa conversazione, e tu sei un interlocutore più noioso del previsto. Un'ultima domanda: vuoi vedere la paura? » Avvertì la gamba destra prudere. Non era un comune cacciatore, così come non era una comune creatura, né imitava l'intelligenza umana come inizialmente aveva ipotizzato. Era più che "intelligente". Ciononostante, pur nella sua piccolezza, Sen Dolet da Caltrisia non aveva bisogno di sentirsi dire da nessuno ovvietà sulla natura della vita umana. E adesso che persino una creatura appartenente ad un altro piano d'esistenza l'aveva definito noioso, la sua giornata poteva tranquillamente concludersi. Sospirò, il fiato impercettibilmente tremante per la tensione. « Siamo in due ad essere stanchi di sentire sciocchezze. No, non mi interessa la paura; la conosco già. Sai cosa voglio vedere? » Dalla perla partirono dardi infuocati diretti alla serratura e alla porta, nel tentativo di forzarla. Il fazzoletto prese fuoco, incenerendosi nel giro di qualche momento. « La faccia dell'onnipotente creatura che si è fatta fregare da un vecchio prete di un villaggetto sperduto nel dannatissimo nulla ».

    La porta non cedette, eppure si aprì spontaneamente nel riecheggiare della risata della cosa. Davanti agli occhi angosciati dello stregone si palesò Clara, la stessa Clara con cui aveva sperato di parlare. La sua espressione, colma di terrore, si deformò nell'attimo in cui aprì bocca: provò a dire qualcosa, ma gli unici versi che sfuggirono dalle sue labbra furono dei gorgoglii grotteschi che si risolsero in uno spettacolo macabro. Lacrime nere dagli occhi sciolsero il suo volto dolce e giovane, bruciandola sin dal petto; la melma che aveva dilaniato Rilet e ridotto in poltiglia la lastra di marmo si fece strada nel corpo della povera Bryss, riducendola in nulla in così poco tempo che Sen non ebbe tempo di aprir bocca. La risata echeggiò, malvagissima e dolorosa da sentire, tanto che il bastone rischiò di cadergli dalle dita rese molli.

    Scusami ”.
    Non seppe a chi dirlo. Forse Cathelyn, per averle fatto perdere un'altra familiare nella sua stessa casa. Forse Clara, per averla fatta morire per una stupida provocazione dagli effetti non previsti. Forse a sé stesso, per essersi piegato a questa situazione nel nome di un antico rimorso, per poi venirne divorato da molti altri. Rilet, ora Clara. E Catheryne...

    Un ultimo sguardo amareggiato alla vita ridotta a niente della piccola Bryss, quindi sollevò il bastone in alto scagliando un'altra freccia bianca nel cielo, che esplose in una stella non dissimile a quella che aveva lanciato davanti alla chiesa di Rilet, ed entrò.

    Strinse in mano il medaglione di Rilet assieme all'occhio di Hadrian, dunque varcò la soglia immergendosi nell'oscurità della casa. « La signora dorme... o forse hai già voglia di rivedermi? » ma il caltrisiano non rispose quella volta. Non trovò Catheryne al piano di sotto, dunque salì al piano di sopra. Trovò un'unica stanza, chiusa a chiave. « Oh... ti è piaciuto guardare la prima... ti piace guardare, vero? Mi divertirò più del previsto con te, cocciuto naufrago dimensionale ». Il mago avvicinò la perla alla serratura, tempestandola nuovamente di frecce ardenti per farla aprire - senza alcun successo, nuovamente. Si stava indebolendo? Nemmeno più una porta riusciva ad aprire?

    « In realtà no. Non mi è piaciuto quel piccolo teatrino. E cosa sapresti del mio 'naufragio'? Mi piacerebbe sapere di quello, effettivamente » Sapeva di star venendo provocato, ma non riuscì a fermarsi. Qualcosa si era spezzato. « Molto poco: sei rimarchevolmente insignificante: una mosca attratta dalla luce malata del Divoratore, una delle tante creature sfortunate che questo mondo di dolore ha richiamato. Mi interessa poco di te al di fuori del tuo ruolo di comparsa nel mio spettacolo. Oh, vuoi vedere come uccido anche lei? » Chiaramente. Avrebbe dovuto indagare da solo, come sempre. O forse stava semplicemente cercando di apparire più onnisciente di quanto non fosse? Però aveva immaginato sin da subito che non appartenesse ad Atlas. Si stava prendendo gioco di lui, si era preso gioco di lui sin dall'inizio. Pure il codice, quel dannatissimo codice. Quanto orgoglioso si era sentito, mentre stava semplicemente intrattenendo la noia della cosa? Come un bambino che guarda un topo farsi strada in un labirinto, pronto a lanciarlo in un altro. Menò un calcio alla porta, tanto forte da fargli vibrare le ossa della gamba destra, ottenendo come unico risultato il risvegliarsi il dolore della vecchia ferita. Sospirò.

    « Ed è qui che ti sbagli » Si sedette poggiando la schiena e la testa sulla porta saldamente chiusa, sfilando dalla tasca la pipa, un pizzico di tabacco e delle piccole pastiglie; accese il tutto con la fiammella scaturita dall'indice tremante, inspirando e poi espirando il fumo lentamente. « Anche le formiche gettano ombre giganti, una volta che ci si avvicina ad una fiamma. E in questo spettacolo, che ha smesso di esser tuo quando ho poggiato piede in Irmal, le formiche sono tante. Più di quelle che credi. » Una seconda nuvola, questa volta più compatta, attraversò la stanza per disperdersi nell'oscurità. Le dita erano meno irrequiete di prima. « Il tuo sbaglio è stato non schiacciarci tutti quando eravamo andati nella chiesa. O forse non potevi? »

    « Non potevo. Perché non volevo. La linea è assai sottile, e lo spettacolo deve continuare. Vi piacerà quello che ho preparato per la vostra amichetta che dorme, ne sono sicuro. Quello che non avete capito, è che non c’è alcuna luce che voi formiche possiate sfruttare per proiettare un’ombra. Vi schiaccerò per capriccio, appena ne avrò voglia »

    Sen alzò le spalle, ancora, lo sguardo smarrito nel vuoto. « Vacue minacce; ma in fondo non puoi fare molto altro dalla posizione in cui ti trovi. Bloccato dietro quello specchio, tutto quello che puoi fare è fare smorfie e boccacce come un bambino. E sperare che io muoia di paura. Che il villaggio sia in mano tua è palese, anche se sempliciotti come loro sono pedine facili da muovere e poi infrangere come bambole di porcellana » Si sollevò a fatica, puntellandosi sul bastone, che poi puntò verso la porta. « Ouroboros parlava molto meno e agiva molto più concretamente. Un vero flagello di mondi che non proverebbe paura per il Divoratore. E nemmeno lui è stato in grado di uccidermi, preferendo scagliarmi in Atlas » una mezza verità, ma non gli importò pensarci in quel momento, altre fiamme partirono dal bastone cercando di bruciare la serratura - ancora una volta a vuoto. « Cosa ti fa credere di essere migliore? »

    « Io amo parlare con voi cose mortali, invece. Specie con quelle facili da manipolare... come te »
    Rimase vacuamente davanti alla porta; aprì la bocca per replicare, ma scoprì stavolta di non avere nessuna risposta intelligente o provocatoria da dare. E, peggio, aveva pienamente ragione. Sussurrò una parola, una sfera di fuoco più grande si andò a formare sulla punta del bastone, la perla di Muginn che riluceva di un rosso sangue mentre l'etere veniva mutato in una vera forma offensiva...

    Herr Dolet.
    Sussultò, la concentrazione svanita e assieme il globo ardente, nel sentire la voce; solo una persona lo aveva chiamato così. Si voltò, la cercò con lo sguardo, ma non gli riuscì di vederla.

    Ho trovato la lettera, usciamo di qui prima che tu faccia un tremendo errore... l'icore si sta già espandendo in questa casa e Cosette è in pericolo, dobbiamo allontanarsi da questa casa e tornare da Hammond. Cercare di provocare quell'essere è solo fare il suo gioco.

    Fissò la porta, poi l'uscita. Stava facendo un errore dopo l'altro, dimenandosi nella ragnatela della stessa creatura che intendeva distruggere, solo per rimanerne ancor più invischiato. Il tabacco aveva fatto il suo effetto, calmando il dolore alla gamba e i nervi - ma lo stava rincoglionendo. Si ritrovò a sorridere, un sorriso perfido che non gli apparteneva davvero: il caltrisiano non rideva mai. Eppure per qualche ragione trovò tutto così dannatamente divertente. « La fiamma. La stessa fiamma che ti brucerà » disse inspirando un'ultima lunga volta dalla pipa, prima di rovesciarla per terra e pestare i contenuti ancora fumanti per spegnerli; si incamminò verso l'uscita, il clunk del bastone ad accompagnare ogni suo passo. « Tieniti le tue pedine, infrangile se non sai cosa fartene. Io non sono porcellana »

    Aveva già infranto la sua promessa in ogni caso, lasciando morire Clara. E Cathelyn, dietro quella porta, avrebbe probabilmente sofferto lo stesso fato. Uscito dalla casa, la notte lo investì. La luna, alta in cielo, lo guardava con uno sguardo di rimprovero.
    « No? Eppure, ti ho già mosso, e mi sono già preso la vostra amichetta. Non l’avete neppure sentita urlare. A presto, Signor Dolet »

    Lo stregone rise. Fu una risata lunga, gracchiante, che sfumò nel silenzio della notte in una nota singhiozzante.


    7EHbsu1
    Salute: {87,5%} ? | Energie: {70%}

    Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

    ͽ ABILITÀ ATTIVE ͼ
    ________
    perimetron
    [Consumo: Medio] [Modifica ambientale] [x3]
    ________
    ________
    ________
    ͽ ABILITÀ PASSIVE ͼ
    ________
    ambivalenza elementale
    abilità di giustificazione
    rigore accademico
    auspex di effetti magici
    ________
    ________
    ________
    ͽ EQUIPAGGIAMENTO ͼ
    ________
    perla di muginn
    equip. magico offensivo
    occhio di hadrian
    equip. magico difensivo
    ________
    ________
    ________

    ͽ ABILITÀ RILEVANTI ͼ

    (attiva) perimetron {abilità magica; supporto}
    ———— [Consumo: Medio] [Modifica ambientale]
    Si designa come perimetro l'area toccata dalla magia, ovvero da una manipolazione dell'etere, nel caso in cui questa permanga per un periodo di tempo superiore ad una manciata di secondi. Si predilige un approccio di questa natura rispetto al vettore nel momento in cui l'urgenza non sta nell'incapacitare (spesso uccidere) l'avversario, ma piuttosto impedirgli l'avanzata. In poche parole, questo approccio prevede il plasmare il paesaggio innestando elementi che impediranno di spostarsi liberamente (un esempio potrebbe essere un muro di fiamme o una prigione di ghiaccio) a meno di utilizzare un'abilità di potenza media difensiva o offensiva adeguata a neutralizzare questa magia.


    ͽ NOTE ͼ
    ________
    Body count: 2. Vediamo quanti ne facciamo crepare per fine quest.

    E



    Edited by ~stardriven - 28/7/2018, 19:48
     
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    Turn off the lights and murder the dawn.

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    Irmal



    Morg
    « Verpiss dich, altes Arschloch
    Non erano parole che appartenevano alla navata di una chiesa, né alle labbra di una signorina; ma tanto meno quell'icore avrebbe dovute trovare posto sulle pareti della cattedrale, né i miei pugnali essere cinti alle mie gambe. Non sopportavo i misteri nei contratti, specialmente se tenuti con una tenacia ottusa che rasentava l'idiozia; non avrei commemorato la memoria di quell'idiota di Rilet e mi sarei prodigata non dovermi porre lo stesso problema con i miei compagni. Li avrei riportati vivi entrambi; le occhiate velenose di un essere nascosto nelle ombre rendevano tutta la faccenda un po' più personale.

    Sondai il nascondiglio della lettera di cui il delirante Hammond ci aveva accennato, roteai l'icona sacra e vi trovai, intonsa dal tocco dell'orrore vischioso, la missiva diretta a noi. Ruppi la ceralacca, infrangendo il simbolo del Divoratore e mi avviai fuori dalla chiesa, lasciandomi alle spalle una rovina mezza divorata dall'icore, mentre intervallavo la lettura della lettera ad occhiate diffidenti verso gli absidi, le vetrate, come potesse varcare gli archi attorno una minaccia, sorgendo dalle distese dense di nero, che non erano tenebra, ma semplice massa informe; lessi avidamente il contenuto della lettera, ritrovandomi ancora sotto il cielo terso di nuvole troppo pesanti, troppo vicine, che creavano un'afa fredda ed opprimente tutt'attorno. Sollevai lo sguardo dalla pergamena, serrando la mascella e stringendo la ruvida carta tra le mani, colta dal dubbio.

    Il mio primo pensiero andò a Cosette, che affrontava il suo viaggio impreparata e non potevamo lasciarla sola; Dolet era abbastanza vicino da tentare la fortuna con quell'essere. Ripiegai la lettera e corsi verso la casa della Vedova per recuperare lo studioso. Il piano era semplice: avrei trovato lui ed il simbolo del Divoratore, poi saremmo andati a svegliare Cosette dal torpore, prima che l'essere l'attirasse a sé nel mondo dei sogni. Dovevo sbrigarmi, lo sentivo nelle viscere che i miei compagni erano in pericolo. Mi involai per il paese fantasma, tra le case ricurve come se incombessero su di me in una grande bara, in combutta con quelle nuvole dense quasi quanto l'icore. Non divenni spericolata, non persi la cautela; rimasi lontana dal pozzo, cercai di non guardare le ombre, non distinguendo sorelle da traditrici.

    La casa della Vedova mi apparve muta, spoglia, più un mausoleo che una dimora. Entrai con passi lenti e misurati, espandendo la vista e l'udito per cogliere qualsiasi presenza nella casa e vidi il marchio distintivo del demone che aveva conquistato il villaggio dal sonno dei suoi abitanti, che sminuzzava, mangiucchiava gli angoli della casa. Poi, due voci: una sconosciuta, l'altra era Dolet, che stava cadendo in una trappola. Sfilai un coltello dalla guaina e cominciai a salire, appiattita al muro, ma non mi palesai... avrei atteso di intravedere Dolet, per sussurragli all'orecchio da lontano.

    « Herr Dolet. Ho trovato la lettera, usciamo di qui prima che tu faccia un tremendo errore... l'icore si sta già espandendo in questa casa e Cosette è in pericolo, dobbiamo allontanarsi da questa casa e tornare da Hammond. Cercare di provocare quell'essere è solo fare il suo gioco.»
    Riconosco l'odore, durante il mio periodo di studio tra le Sorelle della Notte, il lezzo di oppio era mio compagno e tentatore e solo resistendogli, con le unghie e con i denti, ero riuscita a non abbandonarmi alla sorellanza. Non potevo dare il benvenuto alla novità scoperta da Dolet: per me, durante una missione, la lucidità è tutto. Lo attesi fuori, ma mi trattenni dal consegnargli la lettera.
    « Basta fumare. Non sono neanche la tua di balia.»
    Io non minaccio, io riferisco... ed avevamo già abbastanza problemi solo con quella bestia d'incubo a seguirci. Gli porsi la lettera e lo invitai a seguirmi, diretti entrambi verso la casa di Hammond, sperando che non fosse troppo tardi.


    ⚔ Zanna

    ⚔ Energia: 100% -7% - 7% -3,5% = 82,5% (Uso due volte Senses of the Hitman e Windarufe in supporto)
    Condizione fisica: Ottimale (Critico + Alto)
    Condizione mentale: Quieta

    ⚔ Misericordie II lvl - Set di Daghe
    Draghetti III lvl - Coltelli da lancio
    Armatura in cuoio e acciaio II lvl

    ⚔ Night Shade: Agilità +50% - 25% salute
    Dulach Mästerin: Maestria coltelli + 25% / Precisione + 25% - Doppia passiva
    Sinister Blade: Antiauspex visivo / uditivo - Doppia passiva



    Edited by Mordred. - 9/4/2018, 22:40
     
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    Red Circus - Ouverture
    Oscurità all' orizzonte


    FhRVfKD


    Quella che fino ad un istante fa era una comune chiesetta di provincia si trasformò in un ambiente angusto, pregno di negatività.
    Le pareti sembrano aver preso vita propria, animandosi di un vorticare sinuoso che stordisce facendomi cadere in uno stato di disorientamento.
    I due incensieri posti ai lati dell'altare emettono una misteriosa fragranza. Essa si espande sotto forma di vapore riempendo i miei polmoni della strana essenza.
    Tutto ciò è alienante, disorientante e inquietante... Mi sento come rapita dal vorticare delle pareti che paiono come avvolgermi, chiudermi, imprigionarmi in una gabbia... un senso di oppressione cresce in me, avverto il disperato bisogno di uscire da quel posto, e come se una gigantesca mano si fosse poggiata sopra il mio petto e lo stesse lentamente schiacciando. Un riso altisonante tramortisce la mia sensibilità, l' inquietudine si trasforma in paura, la paura diviene ben presto terrore non appena dinnanzi a me si materializza una strana sostanza oscura, che sgorga lentamente dall'altare accompagnata da un terribile fetore di morte.
    Rimango così impietrita, sconvolta, nauseata, disgustata. Ogni singola parte del mio corpo mi avverte del pericolo, mi dice di andare via, le gambe non smettono di tremare.
    Faccio qualche passo indietro quasi decisa ad alzare i tacchi ed andarmene... al diavolo la ricompensa questa faccenda è troppo inquietante...
    ''Rimaniamo uniti''
    Sussurra Sen Dolet, destandomi dall' andarmene via seduta stante. Come sarebbe ''stare uniti'' Come possono mantenere la calma in una situazione del genere...
    Osservo la porta che conduce alle stanze private del chierico, come gli altri noto che la strana sostanza ricopre l' intera porta, il legno di essa è visibilmente corroso, che si nasconda qualcosa dietro di essa ?
    ''Zanna, aprila. Io ti copro le spalle. Cosette rimani all'erta''
    Dice dolet, Zanna segue le direttive e scaglia le sue lame sulla porta putrefatta, io me ne sto impalata, a fissare ancora incredula quella massa pulsante di immonda oscurità.
    Vorrei parlare, vorrei palesare il mio terrore, ma non riesco a spiccicare parola alcuna, è un miracolo se sono ancora qui dentro.
    Le lame scagliate da zanna riescono a socchiudere la porta. La rossa avanza, evitando durante il suo cammino la strana melma nera che intanto si sta ancora espandendo ostruendo l' intera navata.
    Sen a tal proposito con la sua magica costruisce un passaggio di pietra, simile ad una passerella che si sopraeleva al di sopra dell'ammasso oscuro che fuoriesce dall'altare, arriva fino alla porta nella quale Zanna si è appena addentrata.
    Decido di seguire Sen sulla passerella di pietra, sono ancora combattuta sul da farsi...
    Ammiro il loro sangue freddo ma ho paura che tutta questa intraprendenza possa costarmi caro. Mentre Sen non si fa scrupoli nell'addentrarsi all'interno dello stanzino di Rilet io me ne sto impalata sull'uscio; se non entro qui dentro ho ancora la possibilità di tirarmi indietro... forse è la cosa più responsabile da fare in una circostanza del genere...
    tu1Ajgp

    Zanna mi viene incontro afferrandomi per il braccio, proprio come aveva fatto un oretta fa nella piazza del villaggio.
    Con la differenza che questa volta non vuole tirarmi indietro dall'affrontare qualcosa, ma il contrario vuole tirarmi dentro e farmi affrontare in qualche modo le mie paure.

    ''Mi sto stancando di farti da balia.''

    Mi dice seccata.
    Questa affermazione mi scuote, mi lascio trasportare da lei e dalla sua presa di posizione.
    Non posso fare altrimenti ormai, i giochi sono iniziati e io ci sono dentro.

    ''Sì...''

    Scossa dalla paura mi limito a rispondere in maniera remissiva.
    Varcata la soglia della stanza si presenta un caotico disordine, la libreria del chierico è stata rovesciata e i libri ormai illeggibili sono imbrattati di quella strana sostanza nera, sostanza che imbratta tutto il pavimento. Noto però che i piedi dei mobili entrati a contatto con la melma oscura sono come corrosi... Capisco subito che quella sostanza oltre ad essere terrificante è anche corrosiva.
    ''Atenti... q-quella cosa nera mi pare sia corrosiva...''
    Comunico ai miei compagni.
    Nella stanza non ce alcuna traccia di rilet, e non ostante la scarsa luminosità riusciamo a notare le due porte chiuse in fondo alla stanza.
    Per aumentare la luminosità Sen Dolet decide scagliare un paio di dardi infuocati sul mobilio, un gesto poco responsabile a parer mio.
    ''Ma cosa stai facendo! vuoi arrostirci tutti?!''
    Esclamo interdetta; dobbiamo già badare alla melma corrosiva e in più questo si mette ad appiccare il fuoco, senza nemmeno preoccuparsi se quella sostanza sia infiammabile come o meno.
    Tuttavia grazie al fuoco abbiamo la possibilità di vedere meglio ciò che ci circonda, è un attimo e mi accorgo con sentito sgomento che la porta a sinistra è pericolosamente ricurva, come se stesse per spalancarsi da un momento all' altro sotto la forza di qualcosa che la spinge dall' altra parte.
    Penso che si tratti della strana melma corrosiva... se quella porta si spalanca rischiamo di essere inondati da quella sostanza e, se fosse così non ne usciremmo sicuramente illesi.
    ''Andiamo via di qui! Quella porta sta per scoppiare!''
    Esclamo allarmata.
    Non mi interessa se gli altri vogliono seguirmi o meno, io non intendo essere menomata da quella sostanza.
    Alzo i tacchi ed esco fuori dalla stanza utilizzando la porta che si affaccia sulla navata della chiesa, stando ben attenta a non calpestare il fluido corrosivo.
    Uscita fuori dalla stanza me ne sto qualche passo indietro dall'uscio, tenendo d' occhio la situazione da una postazione ''sicura''.
    Zanna, anche lei allarmata dalla situazione invita Sen a stare dietro di lei.
    Dolet intanto mi lancia un'occhiataccia intimandomi di non allontanarmi in virtù dell' unità, ma io non ho mica scritto fessa in fronte.
    Fino a quando quella porta non si apre non intendo rientrare dentro la stanza.
    Sen accortosi che la porta sta evidentemente per cedere lancia un incantesimo con lo scopo di bloccare qualunque cosa la stia spingendo, evoca così una lastra di marmo innanzi all'entrata della porta, qualche istante dopo il legno viene completamente corroso, la spinta causata dalla pressione della melma oscura va a scemare grazie alla lastra che pian piano viene anch'essa consumata. Rimango sconvolta quando realizzo che quella sostanza sia stata tanto corrosiva da sciogliere persino la pietra.
    Scampato il pericolo ''schizzata corrosiva '' rientro all'interno della stanza.
    Un tanfo nauseabondo di verdura avariata causato dalla apertura della porta di destra ad opera di Sen mi disgusta letteralmente.
    ''PUUU!! Che schifezza! Chiudete quella porta !''
    I miei compagni sembrano intenzionati ad addentrarsi nella porta di sinistra...
    ''Siete davvero sicuri di voler entrare, insomma questa sostanza nera ha corroso persino la pietra, immaginate cosa potrebbe fare con le nostre carni...''
    Mi arresto un attimo per poi proseguire.
    ''Avete idea di che natura sia questa melma ?''
    Chiedo, senza però ricevere alcuna risposta.
    ''È sazia. Rimane solo una strada...''
    Dice in maniera inquietante Zanna per poi accingersi ad entrare all' interno della stanza.
    Porto il lembo del mantello vicino al naso per cercare di sentire di meno l' acre odore di morte che aleggia in quella stanza.
    Emetto un acuto urlo non appena vedo l'orribile visione che si para dinnanzi a noi, si tratta del cadavere di Padre Rilet Riverso a terra.
    Esso è completamente mutilato, ricoperto di pustole dalla quale sgorga fuori la strana sostanza oscura.

    wRv9C0M


    Non posso fare a meno che distogliere immediatamente lo sguardo da quella orrifica visione.
    Rimango con gli occhi sbarrati per qualche secondo, poi mi faccio coraggio e guardo con la coda dell' occhio il cadavere del pover'uomo.
    Avverto come poche volte mi è capitato di sentire nella vita l'atrocità della malvagità. Un corpo che di umano ormai non ha più nulla tranne una singola parte che sembra essere anche l'unica esente dalla devastazione della sostanza nera; la mano destra la quale stringe ancora con fervore un sacro amuleto dorato. Rilet pare così tanto devoto ad una fede che certamente non lo ha salvato da una morte tanto cruenta che, quando Sen Dolet tenta di prendergli l' amuleto di manoil suo corpo senza vita pare sia così legato ad esso da porre una insolita resistenza sancita dalla forza con cui stringe l'amuleto.
    Dolet ispeziona meglio il corpo, si rivolge verso di noi rivelandoci un'informazione: secondo lui infatti i bambini sono sotto terra.
    ''Troppo tardi. Dobbiamo trovare un modo per andare sotto terra, i bambini sono lì - se possiamo fidarci. Cosa siete venuti a sapere da Hammond?''
    Chiede Sen.
    Non so come ne perchè prendo parola, forse per distrarmi dall'orribile visione.
    ''Ci ha detto che vede delle ''stelle'' esse gli hanno detto di un certo Re che ha organizzato un banchetto a base di bambini... Il banchetto a quanto dice si terrà oggi presso un tempio blasfemo o qualcosa di simile... Noi sappiamo questo, tu come hai scoperto che i bambini sono sottoterra ? E sopratutto sai dove potrebbero essere? Perchè noi del fantomatico tempio non sappiamo nulla... ma potrebbe trattarsi dello stesso posto, che so la cripta di qualche tempio blasfemo o abbandonato...
    Tossisco per via del tanfo; è insopportabile mi viene da vomitare... faccio fatica a respirare, ma in questi istanti rifletto; credo di aver capito dove potrebbero essere i bambini.
    '' Se questa chiesa ha una cripta sono qui sotto. Questo dopotutto si potrebbe considerare un tempio blasfemo dato che è ricoperto di questa melma oscura e come vediamo Rilet ne era... colmo.''
    Proferisco d'un tono di sentito disagio, per poi voltarmi di scatto visibilmente disgustata e disturbata dalla visione del cadavere del povero Rilet.
    Pensare che fino a qualche ora fa mi stringeva la mano apprensivamente... quella stessa mano che è rimasta miracolosamente intatta dalla atroce violenza della melma oscura che lo ha completamente dilaniato...
    Usciamo fuori dalla stanza alla ricerca dell'entrata di una ipotetica cripta, senza però trarne alcun risultato. Le mie supposizioni come quelle di Dolet si rilevano essere un buco nell'acqua.
    Sen Dolet forse mosso dalla frustrazione propone di andare a chiedere informazioni ad Hammond, che effettivamente anche a parer mio è l' unico che può rivelarci dove si trovi questo ''tempio blasfemo''.
    Nel giro di qualche minuto arriviamo presso la dimora dello strambo uomo, lui se ne sta seduto di fronte all'uscio di casa sul suo dondolo fissando il cielo.
    Ci guarda la sua solita espressione ebete, ornata dal suo cortese sorriso marcio.
    "Voi ci pensate mai?"
    Udite queste parole non posso fare a meno che andare in escandescenza. Tutto ciò che è accaduto mi ha sconvolta... la morte di Rilet la melma nera... sono stufa di mezze verità, non intendo farmi prendere in giro ancora da questo idiota!
    Con le buone o con le cattive maniere riuscirò a far parlare quell'uomo.
    Hammond! non fare il finto tonto!
    Esclamo, avvicinandomi a lui e sguainando uno dei miei coltelli fortunati dalla giarrettiera per poi puntarlo verso la giugulare dell' uomo.
    ''Ora basta razza di rincitrullito! Dicci subito dove si trova il tempio blasfemo o non esiterò ad ammazzarti!''
    Sen Dolet accorre in difesa di Hammond, cercando di scostare il pugnale tra me e l' uomo.
    ''Cosa diavolo ti prende ragazzina!?''
    In questi attimi Hammond parla, d'un tono confuso, stupefatto ma non impaurito come se non si rendesse conto di avere un pugnale puntato alla gola.
    "Non... non capisco perché vi agitate, signore, ho già fatto questo discorso con le vostre belle amiche l'altro ieri''
    Io, in maniera istintiva spingo vigorosamente Sen Dolet tramortendolo.
    ''Non toccarmi!''
    Faccio un passo indietro, stringendo fra le dita il mio fidato coltello. Guardando negli occhi il mago proferisco parola.
    ''Questo tizio ripete sempre le stesse cose come un disco rotto! Prima io e Zanna abbiamo cercato di parlargli gentilmente, e molto pazientemente... ma adesso non ce più tempo! Quei bambini stanno per essere tutti ammazzati e quest'uomo sa qualcosa!
    Un uomo che copre una tale atrocità non è degno di alcuna remora !''

    Le parole di Hammond non posso far altro che irritarmi ancor di più, ma al tempo stesso rimango quantomeno perplessa dalla sua affermazione, questo tizio ha anche perso la cognizione del tempo.
    Mi volto verso Hammond ed esclamo.
    ''Come sarebbe a dire l' altro ieri !? Abbiamo parlato un oretta fa!''
    A questo punto interviene Zanna rivolgendosi allo strambo uomo, affatto interessata al parapiglia appena svoltosi tra me e Sen.
    ''C'era qualcuno qui qualche ora fa...''
    Zanna si avvicina ad Hammond e, chinandosi al suo capezzale prosegue, con un tono freddo e autoritario.
    ''Non è vero?''
    Hammond risponde in maniera titubante come di suo solito.
    ''Lui... lui non è venuto di persona... ma era qui... come... come lo sapete?''
    Zanna, chiede così chi fosse questo ''lui'', a tale domanda lo strambo uomo risponde ''l'uomo vestito di nero''
    Dopo che Zanna gli chiede chi fosse questo tizio, Hammond rivela una notizia sconcertante.
    "Lui... lui mi ha detto che ha ucciso Padre Rilet, ma... ma non è vero, non può essere morto... non... non può essere..."
    Ciò sta a significare che questa entità ha già riferito all'uomo della morte di Rilet...
    Intanto Zanna prosegue.
    ''Lo ha ucciso. Abbiamo visto il suo corpo... se hai dubbi, abbiamo il suo amuleto. Ora devi aiutarci a vendicarlo. Rispondimi... perché se non sei con noi, sei con lui. Io no sono magnanima come la mia compagna. Perciò rispondere alla mia domanda è l'ultima occasione per aiutarci. Chiaro?''
    Hammond visibilmente scosso proferisce parola
    "Io... io... sì, ho capito. Lui vuole... lui vuole la lettera di Padre Rilet. L'ha chiesta gentilmente in principio, ma non gli è stata data. Così lo ha dovuto uccidere, sì... mi ha raccontato quello che gli ha fatto... ma io non ho voluto sentire... ricordo solo... ricordo solo...''
    Fa una lunga pausa, trattenendo a stento il pianto, poi prosegue.
    "Io non so dove sia la lettera, dovete credermi! Non me l'ha mai fatta vedere, non era per me... non era... era... era per voi...
    mi ha detto... mi ha detto che mi avrebbe fatto le stesse cose che ha fatto al Padre Rilet se vi avessi detto queste cose, ma... ma i bambini hanno poco tempo... pochissimo tempo, sì...''
    Il suo respiro diviene affannato
    ''presto le sei statue saranno pronte... sei piccole statue... ma io non so cosa fare... Padre Rilet, lui lo sapeva. Lo ha scritto... scritto nella lettera, ma lui... lui sapeva della lettera, e voleva... voleva distruggerla. Ma non l'ha trovata. Ha chiesto a me dove fosse. Ma io... non lo so, dovete credermi! Vi prego! Credetemi!
    Deve essere in chiesa... non è riuscito a distruggerla... farà un'ottava statua! Ci sarà un'ottava statua! Lo so! L'ottava statua! Che viso avrà? Lo so! Lo so! Il mio viso! Il viso dell'ottava statua!"
    Se Dolet visibilmente preso da tale conversazione, si intromette.
    ''Dove sono queste statue? Cosa sai dei bambini?''
    ''Le statue sono nella bottega dell'Uomo Nero... la bottega dell'Uomo Nero è dall'altra parte dello specchio: io le ho viste, e le ha viste padre Rilet, ma... nessuno, nessuno di noi due le ha viste... complete. Erano ancora coperte e... non ho avuto il coraggio di guardarle, perdonatemi. forse Padre Rilet... no, non lo so, non lo so davvero..."
    Risponde Hammond.
    La conversazione sul fantomatico specchio va avanti fino a quando Sen Dolet azzarda l' ipotesi che lo specchio fosse una specie di portale dimensionale, che è l' unica via per andare sottoterra. In oltre Hammond rivela una notizia che lascia di stucco il mago: ad essere andata sottoterra è stata la vedova Bryss.
    Arriviamo così alla conclusione di dividerci, Zanna si occuperà di trovare la lettere mentre Sen di andare a parlare con la Vedova.
    Per quanto riguarda me mi fermo a riflettere a proposito di questo misterioso specchio... Da come ne parla pare sia una cosa che si può vedere solo sotto una ingente quantità di stupefacenti oppure più semplicemente sognando...
    '' Per quanto riguarda me andrò a dormire. Se ci pensate qualsiasi persona dorma in questo villaggio ha degli incubi, secondo me sono proprio questi lo specchio. Spero di riuscire a vedere qualcosa... D'accordo ? ''
    Sen Dolet a tal proposito si dimostra assai apprensivo e preoccupato tanto da affiancarmi il suo corvo, dicendogli di ''proteggermi'' Come se un uccello possa difendermi da un qualsiasi pericolo... mah meglio non dire nulla dopotutto è un animaletto curioso.
    Mi volto verso lo strambo Hammond, guardandolo con una sfacciataggine tale da far rimanere di stucco chiunque abbia visto la minaccia di morte mossa pochi minuti prima nei suoi confronti.
    ''Hammond se non ti spiace vado a fare un pisolino... quante camere da letto tieni in questa grande casa ?''
    Proferisco d'un tono civettuolo, avvicinandomi alla porta dell' abitazione. Hammond quindi mi fa strada accompagnandomi all' interno dell' abitazione che si presenta come una casa buia e trasandata. Fortunatamente la casa è provvista di una stanza degli ospiti anche perché mi avrebbe fatto seriamente ribrezzo dormire nello stesso letto di quel pazzoide fetente.
    ''Ecco questa è la stanza...''
    Mi dice Hammond.
    La stanza è oscura e i mobili pieni di polvere... mi tocca dormire in questa topaia...
    Lo congedo facendogli un cenno con la mano.
    La prima cosa che faccio è chiudere la porta a chiave onde evitare che Hammond impazzisca e cerchi di ammazzarmi nel sonno.
    Mi adagio sopra il letto togliendomi i calzari e slacciando il corpetto.
    Una volta sotto le coperte fisso i piedi del letto, nella quale è adagiato il corvo di Sen Dolet. Uh, a cosa serve un mastino se posso avere un uccello da guardia...
    ''Mi raccomando uccellino, tieni d' occhio la situazione.''
    Non sono abituata a dormire da sola... solitamente a canto a me ce qualche cliente.
    Mi rigiro più e più volte sotto le lenzuola cercando di trovare la posizione più comoda per prendere sonno.
    Finalmente la trovo, cerco di rilassarmi anche se l' orribile immagine del cadavere di Rilet mi impedisce di star serena... Faccio qualche respiro, chiudo gli occhi e cerco di prender sonno.

    BHfRFju



    ♥Salute 100%
    ♥Mana 100%
    ♥Stato emotivo: Inquieta
    ♥Equipaggiamento:
    Set di coltelli Fortunati: Fidati compagni e protagonisti dei delitti più efferati della quale Cosette si è macchiata, questi affilati coltellini di buona fattura le hanno salvato più volte la vita, per questa ragione li ha soprannominati come ''fortunati''.
    Vengono spesso nascosti nella giarrettiera.
    {Arma Lv 1}
    Anello Incantato: Cosette nella sua vita ha avuto tanti amanti, così tanti da non ricordarne quasi nessuno. Ma non si dimenticherà mai quella volta in cui giacette insieme ad un mago Alothiano, l'uomo tanto fu soddisfatto della sua prestazione che le donò un prezioso artefatto magico, a detta del mago tale dono era per assicurarsi di ritrovarla viva una volta che sarebbe tornato in città.
    L' anello è stato incantato con una magia di tipo protettivo, in grado di generare una barriera magica.
    {Armatura Lv 1}

    Abilità Passive

    Vedova Rossa: Cosette ha una discreta conoscenza nel campo dei veleni, che usa come arma per uccidere o paralizzare le proprie vittime intingendo le lame delle proprie armi.
    E' in oltre una assidua consumatrice di droghe più o meno pesanti, che oltre ad essere un ottimo strumento di fuga dalla realtà , possono essere altrettanto utili in battaglia, per narcotizzare i propri nemici o in caso di necessità per aumentare temporaneamente la propria prestanza fisica.
    {Doppia passiva; giustifica di veleno + potenziamento alle attive di supporto fisico + medio}

    Tecniche utilizzate: Nessuna-



    Edited by Honey Queen - 27/7/2018, 16:59
     
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    Ed, alla fine...
    nel buio.



    POV: Cosette Lautrec



    La coperta è ruvida, ma calda, ed il letto sembra farsi sempre più comodo, sempre più accogliente, mentre ti rigiri cercando di scivolare nel sonno. Ma, alla fine, non ci riesci, e sarebbe strano il contrario, visto che l'alba è passata da un pezzo ed il tuo corpo riposato reclama attività. Il torpore ti abbandona. Hai fatto uno strano sogno: c'erano un buffo signore con gli occhiali, una donna dai capelli rossi ed un uccello nero... “Cosette! Cosette! Forza, dormigliona!” una voce di donna ti allontana da quei pensieri, riportandoti alla realtà, ma a chi appartiene? Una voce calda, affettuosa, che in principio riconosci a stento, ma, alla fine, è inconfondibile. “Dai, vieni a fare colazione!” La mamma ti sta chiamando, come tutte le mattine, mentre papà dev'essere già a lavoro. Lui è cambiato tanto negli ultimi due anni, dopo che quella brutta malattia - la polmo... no, non riesci a ricordarla tutta: è una parola troppo difficile per una bambina – ha colpito la mamma. Ma per fortuna lei è guarita, dopo tre mesi, e papà non si porta più dietro l'odore acre della birra quando torna a casa. C'è un delizioso profumo che ti attrae verso la cucina: uova, avena, latte e frutta sono ingredienti semplici, ma la mamma ci sa fare. Mentre la raggiungi, però, non puoi fare a meno di ripensare al sogno ed alla te del sogno, che sembrava così... reale. Non sono cose che dovrebbero pesare sulla testa di una bimba di sei anni, ma era troppo vivido per essere solo un sogno... no? “Sei in ritardo!” ti dice quando arrivi, ma sorride: non riesce mai ad essere davvero arrabbiata con te, e lo sai. Pure, la sua preoccupazione pare un po' eccessiva, e solo quando parla di nuovo ne capisci la ragione: “non ti ricordi chi viene oggi? Arriverà presto, sbrigati!”. Quelle parole, per qualche motivo, risuonano per un momento nella tua mente, come un lugubre rintocco, mentre prendi coscienza che quello dal quale ti sei svegliata non era affatto un sogno, che i sei anni che in questo momento ricordi come se li avessi davvero vissuti non sono la realtà, che tua madre non dovrebbe essere viva. E sì, ricordi anche che i tuoi genitori, da questa parte dello specchio, ti hanno detto che oggi verrà un ospite importante a parlare con te, ed hai la consapevolezza angosciosa che lui sta arrivando. L'Uomo Vestito di Nero. Ma non hai troppo tempo per pensarci: bussano alla porta, e la mamma corre ad aprire. Eccolo. Non è spaventoso come te lo aspettavi: porta un'elegante giacca di seta nerissima sopra una camicia ad essa identica per colore e materiale, ed ha lineamenti androgini, ma, nel complesso, dolci, non fosse per gli occhi grigi dal taglio spigoloso. Per qualche lunghissimo secondo, sei incapace di muoverti, ed egli ne approfitta per afferrare una sedia con le mani guantate, naturalmente, di nero, e sistemarsi di fronte a te. Con un sorriso smagliante, che risalta sulla pelle ambrata, e con una voce inumanamente melodiosa, ti domanda: “allora, cosa te ne pare? Non è un bellissimo sogno?”

    POV: Zanna, Sen Dolet



    La luna è alta nel cielo, quando abbandonate la casa della vedova Bryss, ma, pur essendo piena e non oscurata dalle nuvole, essa pare non generare alcuna luce, dato che l'ambiente attorno a voi è permeato da una innaturale foschia attraverso la quale la luce si distribuisce uniformemente, senza variazioni, senza creare ombre. Non si vede alcuna stella nel firmamento. Non appena varcate la soglia, la porta alle vostre spalle si chiude di scatto, e poi, senza alcun rumore, si sposta leggermente all'interno, rientrando per volere di una forza ultraterrena, mentre le mura della casa si espandono per ricoprirla completamente. La medesima sorte tocca a tutte le finestre. La dimora è ora completamente priva di aperture. Tutto questo è palesemente l'effetto di un qualche incantesimo che il caltrisiano percepisce chiaramente, come percepisce il fatto che siete praticamente circondati da una magia diversa e più potente di quella che sentiva in precedenza. Non impiegate molto tempo a scoprire che non è solo un edificio ad essere cambiato: al posto della chiesa nella quale Zanna ha recuperato la lettera sorge ora una bizzarra costruzione leggermente più grande, a pianta circolare, dalle mura in marmo immacolato e perfettamente levigato ed omogeneo. Il tetto, che si trova a non meno di quattro metri dal suolo, è del medesimo materiale ed assume forma emisferica la cui regolarità è interrotta, nella parte centrale, da una torre alta circa sei metri, della stessa forma dell'edificio, la cui base ha raggio dimezzato e terminante con una cupola a bulbo, simile a quelle che si trovano in Alioth, decorata da strani motivi geometrici dei quali, complici la distanza e la strana illuminazione, non riuscite a distinguere con chiarezza il colore né la forma: la porta di legno a due ante si trova al di sopra di una rampa di scale, sempre bianca e di forma semicircolare, evidente parodia del sagrato di una chiesa. Su di essa compare una scritta:

    Galleria delle Statue
    Entrate per la verità
    Restate per l'eternità



    Davanti alla galleria si trova il pozzo, ma questo, oltre ad essere leggermente più grande, è ora vuoto e presenta una fenditura di forma regolare, che, sorprendentemente, taglia di netto le pietre che lo costituiscono e che, nonostante ciò, rimangono in perfetto equilibrio, inamovibili. Al suo interno, in luogo dell'acqua, si trova una scala a chiocciola di marmo bianco che scende nelle tenebre inesplorate per molti metri, prima di scomparire del tutto nel buio.

    Altri due luoghi presentano variazioni notevoli rispetto alla vostra precedente esperienza: innanzitutto i campi che circondavano il piccolo villaggio sono stati sostituiti da un fossato profondissimo che si estende per decine di metri in ogni direzione ed oltre il quale tutto appare sfocato, confuso, fumoso. Inoltre, la grande casa di Hammond è diversa: non solo essa è ben curata, con le pareti completamente integre, il tetto solido, la struttura in buone condizioni, manca inoltre la sedia a dondolo sulla quale il proprietario sedeva, ma, soprattutto, attorno all'edificio crescono, come rampicanti che vi si avvinghiano morbosamente, delle rose nere dalle cui affilatissime spine cola il rivoltante icore che già avete avuto modo di vedere. Esse si addensano attorno alla porta, rendendone difficile l'utilizzo.

    NdN



    Signore e signori (veramente solo signori, se non teniamo conto dei personaggi giocanti), siamo arrivati al quarto giro, che, in linea di massima, sarà più breve degli altri ma farà comunque uso del supporto. Mentre a Cosette tocca interagire con l'Uomo Vestito di Nero, Zanna e Sen Dolet sono relativamente liberi di muoversi. A voi!

    La scadenza è il 24/04

     
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    just kindling for the greatest pyre of all

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    « Rapporto? » Il più alto dei due apprendisti si fece in avanti, il volto stanco e teso, il braccio che reggeva il bastone sotto l'ascella. « Come richiesto abbiamo cercato di sgombrare la parte del villaggio con densità eterica superiore, nonostante le proteste di alcuni fra gli abitanti. Per il momento ci siamo solo noi, il Quarto e il Sesto » Padar annuì grattandosi il mento, attorcigliando il pizzetto grigio fra l'indice e il medio con espressione meditabonda. Avevano lasciato le tende del contingente militare poco fuori dalla cittadina appositamente per questa manovra, necessitavano di pochi intralci per poter agire in maniera più decisa. Si voltò verso l'altro uomo, gli occhiali spessi e la penombra a rendere difficile distinguere cosa passasse per la testa di quest'ultimo. « Abbiamo poco tempo per convincerli che la minaccia è reale. Una maledizione non si spezza se il suo perpetratore viene ucciso prima, a differenza di quanto il Secondo credeva quando ha dato l'ordine di uccidere il mago Jordi. Cosa suggerisce Dolet? » Il caltrisiano guardò fuori dalla tenda, lo spiraglio di ultima luce del giorno che trapelava rossastra dai drappi anneriti dalla polvere scupa, poi disse fermamente « La maledizione dopo aver ucciso gli assassini si è propagata per i familiari, gli amici e via dicendo. Non si è annullata ». In comunità come quelle era difficile che quel genere di maledizione si confinasse da sola: bisognava agire alla fonte o, come nel caso di Gyasfalk, trovare una soluzione alternativa.

    « Se da rancore è stata generata, è il rancore che dobbiamo combattere » Padal annuì gravemente. L'arcistregone sapeva che la situazione era peggiore di quella che riuscivano a vedere: lo sentiva nell'etere e lo percepivano anche i suoi sottoposti, era come se qualcosa fosse marcio; l'intera faccenda sembrava recare scritto a caratteri cubitali pericolo in testa alla pagina. Le maledizioni erano una forma di perimetron più versatile, immettevano in una matrice duttile l'etere circostante non secondo una forma fisica immaginata ma secondo un sentimento; il caltrisiano aveva azzeccato quel particolare. Ma non aveva detto la cosa più importante, ovvero come affrontarla. « Dobbiamo collaborare con i locali, trovare la ragione » disse allora l'altro apprendista, asciugandosi con un fazzoletto la fronte imperlata di sudore; la tenda era innaturalmente calda per via degli incensi adoperati dall'arcistregone per contrastare l'etere maledetto. Padal annuì nuovamente, la proposta di Fedre era precisamente quella che voleva sentire. Se la magia continuava a pulsare era chiaro che la maledizione aveva ancora qualche bersaglio da colpire. « Tempo una settimana e poi il comandante ritirerà le truppe. Cercate informazioni su Jordi e sulla "famiglia"...sono le uniche piste che abbiamo » disse infine sbriciolando con le dita uno dei bastoncini di incenso, ormai carbonizzati.

    Una settimana dopo l'esercito lasciò Gyasfalk. Nessun abitante sopravvissuto.

    ---

    « Basta fumare. Non sono neanche la tua di balia ». La voce di Zanna gli ricordò che non era solo. Quando la sua risata si spense, la gola gli faceva male. Non seppe dire se gli occhi erano diventati lucidi per la stanchezza, per l'improvviso gelo o per altro. « Non ho bisogno di una balia. Fammi leggere » ribatté, tendendo la mano per prendere la lettera. Per quanto la testa fosse leggermente annebbiata, l'orgoglio ferito gli doleva abbastanza: sapeva di essere in uno stato pietoso in un momento per giunta critico. Ci mise diversi secondi prima di rendersi conto che Zanna gli aveva già messo in mano lo scritto di Rilet, in tempo per bloccarsi dal chiedere una seconda volta alla mercenaria di passarglielo. Si avviarono a casa di Hammond mentre il mago leggeva, di tanto in tanto guardandosi attorno: l'oscurità che prealludeva ad una sera fin troppo anticipata pareva in realtà molto più, come se fosse stato steso un vero e proprio sudario sul villaggio. La chiesa, in mezzo alla piazza, era stata invece sostituita da una torre bianca in cima ad una struttura circolare, inquietante nei simboli geometrici che ricordavano quelli sul corpo del cadavere del sacerdote, nonché nel suo inserimento sbagliato all'interno del resto del paesaggio. Il pozzo, convenientemente, riportava adesso un'apertura fin troppo regolare. Li stava tentando. « Non stiamo dormendo anche noi... » piegò la pergamena accuratamente e la mise in una tasca, gli occhi posati sulla casa di Hammond. Il pomo della porta d'ingresso era avvolto da rovi, neri e gocciolanti della melma nera che aveva prima inondato la chiesa. « Non posso bruciare i rovi con l'icore. Forse potrei aprire la via in un'altra maniera, ma ho... » strinse le dita fino a far sbiancare le nocche sul bastone; aveva fumato poco, gli effetti non erano gravi, ma la testa era ancora un po' persa. « ...ho bisogno di concentrarmi. Hai qualche idea? »

    « C'è solo un modo per scoprirlo... dov'è l'amuleto? Quello potrebbe proteggerci dall'icore » disse Zanna; il mago lo tirò fuori, rimirando la superficie liscia metallica. Si lasciò sfuggire un sospiro stanco, per poi stringerlo e sollevando sopra il proprio capo. Cercò di ricordare le formule impiegate da Musica, modificandole per l'occasione. Si schiarì la gola. « Nel nome del Divoratore e del creato che gli appartiene e presto ritornerà a far parte di lui, sparisci! Non hai potere che contrasti l'Assoluto! » Battè il pugno sulla porta due volte. Dopo un momento di silenzio, la risata acuta dell'essere pervase l'aria. Zanna scosse il capo, un sospiro forse scocciato. « Avrei potuto scassinare la porta e fare meno caciara » disse; il caltrisiano arricciò le labbra in una smorfia irritata. « Ciò che non ha protetto Rilet né smosso questa melma nell'altare non può certo farlo ora che siamo nel suo perimetron, volevo che ti fosse chiaro un'ultima volta: è un simbolo, ed è inutile se non c'è fede dietro » spiegò, lento per mettere in ordine le frasi nella testa in procinto di riprendersi. « E qualcuno che ascolti le tue preghiere » aggiunse prima di aggiustarsi nervosamente gli occhiali nervosamente. « A che pro essere silenziosi, poi, se sa già che siamo qui? » Guardò un'ultima volta il medaglione, frustrato, quindi lo lanciò alla mercenaria. « Se hai proposte migliori, potrebbe essere un'ottima idea esporle prima che mi si schiariscano le idee su come ristrutturare questa catapecchia ».

    Zanna afferrò l'icona religiosa, la rimirò poi scosse le spalle. « Ho fede, ma non nel Divoratore. Al tuo servizio, spero di non pentirmene ». E sferrò un calcio poderoso alla porta. Un altro calcio dopo questa cedette, sotto lo sguardo perplesso del mago, aprendo uno squarcio nelle tenebre dell'abitazione; voci di bambini in una lingua sconosciuta si librarono nell'aria, facendogli accapponare la pelle. Al suo fianco, la mercenaria tirò fuori un pugnale ed esibì l'elsa: una donna avvolta da un mantello. « Lei è Nyx, patrona di assassini, ladri e tutti coloro si muovono nell'ombra » spiegò al caltrisiano « Lei mi dona il potere delle ombre. Credi che la fede basti? ».

    Questi inarcò un sopracciglio, il bastone puntato verso la soglia come se potesse uscirne un mostro da un momento all'altra.« Non mi eri sembrata un tipo religioso » borbottò, esaminando la lama. Un'icona religiosa incorporata in un'arma era esattamente quello che si sarebbe aspettato da una donna così minacciosa, ma non lo disse. Inspirò profondamente « Ho letto nelle mie terre di testimonianze, secondo le quali una preghiera potente poteva essere ascoltata. Spade benedette per eroine destinate ad abbattere il nemico del mondo, fenici a riportare in vita i guerrieri di un regno portato in ginocchio...ma questa non è la mia terra » concluse distogliendo lo sguardo, per non farle vedere l'amarezza a distorcergli i lineamenti del viso. Il regno della fenice di Arjay era ora lontano in fin troppi modi per poterlo visitare almeno una volta, ora. « Se dubiti della tua patrona al punto da chiederlo ad uno straniero, forse questo dovrebbe rispondere da solo alla tua domanda » Tornò a guardarla questa volta con un'espressione grave « ...non ti mentirò, spero che la tua fede sia abbastanza affilata per entrambi ».

    Lei fissò l'icona, intonò una preghiera e lo precedette nella dimora cupa. Il buio non era un'entità stabile: era come un insieme di canne di bambù smosse da una brezza invisibile, o alghe su un fondale marino toccate dalle correnti. Le voci dei bambini erano ancora lì, a ricordar loro di restare all'erta. « Vicino a me... » sussurrò Zanna prendendogli il polso; Dolet socchiuse gli occhi, incapaci di scorgere alcunché, cercando di individuare anomalie eteree. In principio fu una traccia debole, la percepì un attimo solo perché poi svanisse. Poi accadde di nuovo. E ancora. Chiuse gli occhi e dopo un po' riuscì a riconoscere l'origine: una qualche parte nella stanza, presumibilmente in fondo. « Ho trovato i bambini... » disse piano la mercenaria. Il caltrisiano volse il capo verso la fonte di quel battito regolare e fece un passo in quella direzione, continuando a farsi tenere la mano dalla mercenaria. « Ma non possiamo far nulla per loro... almeno non direttamente ».

    « I bambini sono la nostra ultima preoccupazione » ripeté, pensando a quello che aveva realizzato tanto tempo addietro. Non aveva immaginato la portata di quel presagio, quando aveva avvertito quell'etere tanto marcio sul calesse. « Sento un cuore che pulsa, le onde di etere che si riversano nell'aria. Zanna, credo... » Sen riaprì gli occhi, quel poco per notare delle macchie pallide che si stagliavano volteggiando nelle tenebre in un circolo attorno a loro. Puntò la perla di Muginn verso esse « ...credo che sia qui. La sorgente, o una sorgente. Qualcosa. Potrebbe essere una trappola, o...o potrebbe star usando Cosette come esca, non lo so più. Cosa facciamo? ».

    « Se il nostro compito è salvarli...allora dobbiamo buttare giù chi gli ha fatto questo » rispose la mercenaria. Lo stregone annuì, lo stesso sguardo grave di prima su volto, quindi si incamminarono entrambi cautamente verso il battito etereo. Trovarono una botola, dopo uno sguardo d'intesa la aprirono e iniziarono a scendere da una scala a pioli.

    L'oscurità li avvolse nuovamente, vorticando e oscillando per qualche attimo con tale furia da far arrestare il mago." ...dannazione, era questa la trappola?! ". Strinse i denti e chiuse gli occhi, stringendo una mano attorno all'amuleto di Hadrian per poi premerlo al petto. " Non ho intenzione di farla finire così, maledetti tutti ". Avvertì l'etere della cupola difensiva spandersi nell'aria attorno a sé; le vertigini lo colsero ma la stretta della mano sul piolo non si allentò...
    ---

    Il vento non era cosa frequente in Caltrisia. Le sue alte mura lo bloccavano, nelle strade basse del borgo era più difficile avvertire la brezza se non quelle volte che questa s'incanalava come un piccolo fiume. Era strano vedere la Via della Pietra deserta a quell'ora: pieno mezzogiorno in una città mercantile era inaudito. Eppure Sen Dolet si ritrovò a bearsi delle case bianche, appena appena sporche e screpolate in alcuni punti per l'usura, senza nessuno che urlasse o chiacchierasse o si facesse strada a spallate. Lo stregone inspirò l'aria a pieni polmoni: era a casa, ma meglio.

    « Non sei divertente » mormorò a chi muoveva il vento da dietro il sipario. Si guardò attorno, strofinandosi gli occhi lucidi. Non vide nessun confine nella città che lasciasse indovinare dove finiva l'illusione, come fosse una terra infinita. Ma si trattava di un'illusione, senza dubbio, verificò esaminando i flussi d'etere. " Non sei divertente per niente ".

    Vagò a lungo per la città. Chiamò a gran voce Zanna, ma nessuno rispose. Vide casa sua, ed entrandovi era proprio come l'aveva lasciata. Grande, ammobiliata e dai lunghi tappeti in tessuto scarlatto e dorato a coprire il pavimento. Deserta anch'essa, apparteneva adesso solo a lui; la città nel suo intero era solo sua. Poi sentì la risata acuta. Sapeva a chi apparteneva. All'interno della sua tasca, gli parve di udire il monito di padre Ladislaus: soprattutto non scendete al di sotto del livello del terreno mentre dormite. Si sollevò dal letto, il piccolo letto in cui aveva dormito sino alla sua adolescenza; le gambe improvvisamente deboli, si dovette appoggiare alla testata e deglutire a vuoto prima di riprendersi. « Non sono porcellana » mormorò. « No, sei patetico » replicò la voce di Clara. Lo stregone si adombrò, non rispondendo e uscendo dalla stanza. Uscito dalla porta di casa si voltò un'ultima volta, poi si avviò.

    La tappa successiva fu dove l'araldo annunciava l'inizio delle stagioni e le notizie, l'acropoli di Verse. Uno spiazzo che in realtà era ben più piccolo rispetto a quanto suggerito dal nome: situato in cima ad una serie di scalinate poste su diversi angoli della città, presentava uno spalto con un muretto che faceva da balcone e palcoscenico al contempo dove la gente poteva salire e godersi una grandiosa vista. Quando il giovane Dolet voleva godersi il silenzio della notte, gli era piaciuto osservare la luce tenue della luna che andava a carezzare i tetti spioventi della capitale del ducato. Fu dapprima una macchia nera che si aggirava nelle strade, ma quando la mise a fuoco essa era già magicamente apparsa al fianco del mago. La figura dell'essere, ammantata in stracci gocciolanti della melma nera: l'aveva già vista, in passato, dietro la casa della vedova Bryss. Adesso, però, era notevolmente più concreta.

    « Sei patetico, ma hai dei ricordi niente male » disse, stavolta con una voce diversa. Forse la propria, finalmente. Sen annuì, tornando a guardare la città. Era riuscito a farsi un'idea del tessuto di quell'illusione, gli sarebbe bastato tirare un filo per disfarlo: doveva solo trovare un nodo cruciale, così da non fare troppa fatica. Quel nodo non era però l'essere: quella non era un'illusione generata propriamente da lui. Era il tessuto dei sogni dopotutto. « Quelli come me portano ricordi splendidi di luoghi mediocri » disse il caltrisiano cercando qualcosa nella distanza, poi indicando un campanile della distanza. « Sono piuttosto sicuro che sia impossibile che fosse così alta, ma da bambino quella torre sembrava toccare il cielo. Le campane parevano scuotere le nuvole con il loro baccano e scacciare il temporale. Ho sempre odiato il baccano infernale degli abitanti di questa città, però. Vederla così inerte è...diverso ». Si grattò il mento, poi sollevò i gomiti dal muretto « In circostanze diverse mi sarei preso una pausa più lunga, ma tant'è. Ognuno ha compiti importanti da svolgere, e sia io che te non dovremmo essere qui ». L'altro non si mosse. « No, non dovremmo, ma tu hai la tua nostalgia a cui aggrapparti, ed io la mia eternità da spendere, quindi possiamo concederci di godere di questa vista straordinaria » Il mago parve pensarci un po'. « Tu hai una vita infinita, io sono...una propaggine finita, sì? Un sottile ramo di un albero » Scosse il capo. quindi scese dalle scale alla propria sinistra. « Non posso permettermi di avvizzire qui, non ancora ». La sua risata lo seguì passo dopo passo verso la sua nuova meta.

    La Porta Rossa era un tempo la via più importante della città: tramite essa si accedeva alla Via Rubra, la strada che portava direttamente alla capitale Idomea, del regno eponimo. Ma negli anni Caltrisia aveva tentato di sottrarsi alla sua stretta, diventando più una città neutrale e guadagnando una sorta di status di via mercantile. Varcò le porte, ma non intraprese il sentiero lastricato: gli bastò una breve analisi per rendersi conto che, come già aveva intuito, Caltrisia costituiva il nucleo dell'illusione; andar fuori sarebbe significato entrare in un'area del perimetron dove lo spazio era instabile. Non aveva bisogno di essere un oniromante per rendersi conto che sarebbe stato pericoloso, proprio come altrettanto pericoloso sarebbe stato disfare senza alcuna precauzione il filo dell'illusione. Alzò i tacchi verso la sua nuova destinazione, la piazza centrale.

    Quel giorno la piazza sembrava innaturalmente più grande; complice l'assenza della mercanzia, lasciando la pietra bianca idomeana nuda all'occhio dello stregone. Quando era riempita dal mercato risultava in realtà molto piccola, transitarvi risultava difficoltoso per la quantitò di persone. Trionfava al centro la statua bronzea di Varmont, il terzo duca di Caltrisia, seduto sulla sua biga trainata da Madreo e Cadreo, i leggendari cavalli fra loro rivali che lo avevano condotto dapprima alla salvezza e poi alla vittoria durante la conquista di quelle terre dalle popolazioni indigene.

    L'essere sedeva sul piedistallo, fissandolo con aria artificiosamente stupita « Credevo non avessi tempo... » Cercò di nascondere la sua stizza dietro un'alzata di spalle. La consolazione che se stava tormentando lui non stava facendo del male a Cosette o Zanna era misera, davanti alla consapevolezza che potevano essere già morte. « Sei così tanto premuroso a ricordarmelo. Ma c'è sempre tempo per dire addio, non sono i miei ricordi in fondo? Volevo solo scegliere il punto migliore a cui dedicare il mio ultimo pensiero ». Toccò la statua, avvertendo i pori della pietra sotto le dita. Nemmeno il centro della città, quella piazza, racchiudeva il nodo principale dell'illusione; o del sogno. Se lui poteva proiettarsi in altri mondi, significava forse che quello che aveva davanti era la manifestazione di ciò che aveva infestato il villaggio? Forse sì. In quel caso, affrontarlo lì gli avrebbe permesso di sconfiggerlo - ma non da solo. Da solo, nel suo elemento - o perlomeno, nella sua dimora - , lo stregone sarebbe morto invano come Rilet. Le ultime sue parole gli tornarono in mente, pulsandogli di nuovo in tasca. Staccò le dita dal punto dove finiva la pietra perché iniziasse il bronzo, un'improvvisa idea in mente. « Questo posto non mi ispira però - ho cambiato idea »
    E nuovamente seguito dalla risata dell'altro, il caltrisiano si addentrò nelle viuzze della città fantasma.

    Come il resto di Caltrisia, anch'essa era parte di ricordi sbiaditi e non necessariamente accurati; eppure la basilica nella sua imponenza candida non era mai stata completamente nera, e le colonne che incorniciavano la porta non erano mai state così curvate così brutalmente, innaturalmente anzi, e le gocce rosse dipinte nelle vetrate erano state sostituite da cerchi trasparenti su vetri neri e dagli infissi spiraleggianti. Quando il sacedote aveva scritto che non ci sarebbero stati simboli sacri del Divoratore all'interno del sogno controllato dall'essere, il mago aveva immaginato si riferisse anche ad altri simboli sacri. Non si era immaginato questo.

    Entrò cautamente, trovando sorprendentemente la navata centrale ben illuminata. Ancor più sorprendentemente, tuttavia, la basilica caltrisiana aveva una struttura ben più piccola all'interno che dopo lo stupore iniziale l'uomo riuscì a riconoscere: si trattava di una riproduzione della chiesa di Irmal. Udì un urlo lontano, anch'esso immediatamente riconoscibile, poiché apparteneva alla stessa persona che aveva urlato quando il mago aveva fatto irruzione nell'edificio sacro: padre Ladislaus. Si lanciò nella stanza, ancora una volta troppo tardi: un secondo Rilet giaceva per terra già morto. Una sola ferita lungo la gola, la ferita di chi ha voluto porre fine ad un'atroce sofferenza. Invece dell'amuleto, un coltello imbrattato di sangue in una mano e l'altra che indicava un messaggio criptico, lasciato con lo stesso sangue che aveva formato una pozza sotto il cadavere dell'uomo, invece della melma nera della sua controparte in Irmal. Lo stregone fissò il sacerdote, poi chinò il capo. « Porterò a compimento quello che hai iniziato ». Si aggiustò gli occhiali e raccolse cautamente il pugnale, esaminandolo, poi lo sguardo si posò nuovamente sul messaggio.

    Porta pozzo lama casa bo.


    7EHbsu1
    Salute: {87,5%} ? | Energie: {70%}

    Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

    ͽ ABILITÀ ATTIVE ͼ
    ________
    nessuna abilità impiegata
    .
    ________
    ________
    ________
    ͽ ABILITÀ PASSIVE ͼ
    ________
    ambivalenza elementale
    abilità di giustificazione
    rigore accademico
    auspex di effetti magici
    ________
    ________
    ________
    ͽ EQUIPAGGIAMENTO ͼ
    ________
    perla di muginn
    equip. magico offensivo
    occhio di hadrian
    equip. magico difensivo
    ________
    ________
    ________

    ͽ ABILITÀ RILEVANTI ͼ

    (attiva) perimetron {abilità magica; supporto}
    ———— [Consumo: Medio] [Modifica ambientale]
    Si designa come perimetro l'area toccata dalla magia, ovvero da una manipolazione dell'etere, nel caso in cui questa permanga per un periodo di tempo superiore ad una manciata di secondi. Si predilige un approccio di questa natura rispetto al vettore nel momento in cui l'urgenza non sta nell'incapacitare (spesso uccidere) l'avversario, ma piuttosto impedirgli l'avanzata. In poche parole, questo approccio prevede il plasmare il paesaggio innestando elementi che impediranno di spostarsi liberamente (un esempio potrebbe essere un muro di fiamme o una prigione di ghiaccio) a meno di utilizzare un'abilità di potenza media difensiva o offensiva adeguata a neutralizzare questa magia.


    ͽ NOTE ͼ
    ________
    Welp.

    D



    Edited by ~stardriven - 28/7/2018, 19:48
     
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    Irmal



    Morg
    « Sei venuta a giocare con noi?»
    Avevo trovato i bambini... ma avevo perso Sen. Mi ritrovai circondata da loro; erano irriconoscibili, deformati dall'incubo. Loro erano le statue e colui che aveva parlato doveva essere il simulacro deforme. Provai pena per loro, rimanendo silenziosa, decidendo il da farsi. Non potei far altro che ricordarmi le parole dell'altes Arschloch: svegliatevi, a tutti i costi.
    « ... solo se accettate un'adulta tra di voi.»
    Mi inginocchiai al ragazzino che mi aveva rivolto la parola. Non percepivo malizia nel suo tono e gli sorrisi il mio miglior sorriso di repertorio, combattendo il disgusto per quelle tenebre innaturali, che tanto avrebbero offeso la mia signora. Pure la sua mano estendeva il suo dominio sino alle tenebre che non erano sue e lei mi avrebbe protetta, così come io avrei dovuto proteggere questi bambini.
    « Ma prima dovete dirmi i vostri nomi... io sono Zanna.»
    Non avevano nome, me lo aspettavo. L'Uomo Nero glieli aveva strappati e la cosa non sembrava pesare loro; mi sarei dovuta aspettare altrettanto. Il bambino dal capo gonfio chiese il mio nome e lo accontentai.
    « Zanna.»
    Ripetei sorridendo, assumendo un'espressione pensosa nella mia recita.
    « Io conosco un gioco molto divertente, che possiamo giocare tutti quanti siamo... è il gioco più bello del mondo!»
    Poi mi imbronciai, scuotendo il capo, imitando le emozioni estreme di un bambino e non mi sarebbe venuto difficile: ricordavo due esempi che mi precedevano, inebriati dai fumi delle droghe o meno.
    « ... ma servono dei nomi per giocarci...»
    L'entusiasmo del bambino di una soluzione al problema, divenne la rivelazione della prima menzogna di coloro che ci aveva imprigionati in quella afosa prigione. Avevo trovato uno spiraglio... ora stava a me spalancarlo sino a far filtrare abbastanza luce da far svanire gli incubi che si erano impossessati del villaggio e ricacciarli da dove venivano. Non era lavoro per un assassina, ma il prete della loro cittadina era morto ed alle volte la santità conosce e cammina su vie strane.
    « Morto?»
    Feci per sfiorargli con l'indice il mento.
    « Mein Lieben, quando lo hai deciso? Mi sembri ben vivo, se stai parlando con me.»
    Annunciò la mia morte, che l'Uomo Nero sarebbe venuto a prendermi, ma, ancora una volta, non colsi malizia nella voce fanciullesca di lui; forse aveva a malapena coscienza delle parole che pronunciava.
    « Allora perché io ho un nome e tu no? Oppure mi hai detto una bugia? Non si dicono le bugie.»
    Il ragazzino era intelligente e scoprì la mia di menzogna, ma non mi scomposi, né smisi di sorridere. Avevo tutti gli ingredienti per portare i bambini dalla mia parte.
    « Sì e no... io ti ho detto la verità, mein lieben, Zanna è il mio secondo vero nome, il mio primo vero nome non me lo ricordo! Ma nel mentre me lo ricordo, ne ho uno da usare, che mi hanno dato. Perché l'Uomo Nero non ti ha dato un secondo vero nome?»
    Chiesi, dissimulando una costernata, infantile sorpresa. Poi, alla sincera curiosità del ragazzino, pensai immediatamente ad un doloroso scambio, ma ad uno scambio che andava tenuto, altrimenti non avrei guadagnato la loro fiducia; quei ragazzini sembravano tanto me, quando mia madre, nelle poche sere quiete della nostra gioventù, addormentava me e mio fratello ed inventava storie su storie, ma erano sempre velate della malinconia di chi non sarebbe potuto tornare indietro anche volendo.
    « Facciamo così... io ti racconto della persona che me l'ha tolto... tu mi racconti dell'altro. Siamo d'accordo?»
    Sospirai, riprendendo il mio sorriso mai nella mia vita come in quel momento, ho compreso come si sentisse mia madre a raccontare certe storie, con la voce bassa perché non si spezzasse, con gli occhi lucidi perché non lacrimassero.
    « Una volta c'era una piccola bambina... ma aveva i capelli rossi e gli occhi verdi!»
    Mi indicai, giocosa per creare complicità con quei ragazzini; dentro di me temevo la scelta delle parole.
    « Sua... madre... era buono e sua fratello la proteggeva. Le volevano tutti bene. Tranne il papà. Il papà era cattivo e... mandò via la mamma e separò il fratello e la sorella. La sorella dai capelli rossi e gli occhi verdi, finì nelle mani di un mercante... ma riuscì a fuggire. Vivette sulle montagne, come un piccola antilope. Si dimenticò il suo nome, perché non era più una persona, ma un animale. Ma ancora non era quello il suo nome. Un giorno, un mezzo draconiano ed il suo esercito rosso trovarono riposo in una valle della piccola ragazzina dai capelli rossi. Lei vide il cibo che i soldati del mezzo draconiano portavano sui carri e volle appropriarsene... fuggì, ma passando per la tenda del signorotto, vide un monile di rubino, zaffiro, smeraldo assieme! Ammaliata, la bambina scivolò come le ombre per coglierlo... ma quando le dita lo sfiorarono apparve! Lui! Il mezzo draconiano che la catturò... ma, benché fosse una ladra non la giustiziò! Impressionato dalla sua abilità, la volle tenere con sé, nel suo esercito. Non le chiese che nome avesse, perché pensava fosse più animale che ragazza! Quindi... le diede un nome. La chiamò come avrebbe immaginato sarebbe stata da quel momento in poi... la sua Zanna!»
    Ricorda, per farmi forza, una vecchia frase che i saggi dicevano ai giovani senza una dimora, che l'avessero persa o mai trovata.
    « Non era... quello giusto, né era bellissimo. Immagino di essere un po' persa, un po' come voi... ma non tutti coloro che vagano sono perduti.»
    Mi volsi a chi mi doveva rispondere.
    « È il tuo turno.»
    Non era così la storia, ma avevo abbastanza disciplina a non lasciarmi andare ad improperi o a non infrangere la sospensione a cui avevo portato i ragazzini. Tanto che una vocina senza labbra mi chiese a modo suo se quella fosse una favola, tacciata dal loro capetto dalla bocca nera. Intenerita, oltre l'orrore, oltre le apparenze terribili, feci per allungare la mano e dare un buffetto sulla testa della ragazzina che aveva domandato. Sorrisi a quella che intesi come ragazza.
    « Non era stupida... non puoi sapere quando fidarti di una persona. Quando ti fidi di una persona è tutto chiaro, perché è come se la conoscessi da anni e l'hai aspettata per tutta la vita.»
    Mi sporsi verso di loro. Per quanto detestassi ammetterlo, quella missione stava diventando qualcosa di personale. Quell'essere era così simile a Deimos, dal racconto del ragazzino, che mi dava il voltastomaco. Nessuno avrebbe dovuto strappare quei bambini alla loro branda, anche se si trovava in quel villaggio merdoso. Meglio di tutte le menzogne che l'essere dei sogni poteva raccontare loro. Forse gli abitanti, Rilet, se lo meritavano... ma loro no.
    « Cosa vi nasconde l'Uomo Nero? C'è forse qualcosa che vuole che non sapete? ... e perché?»
    Altre menzogne, menzionò lo specchio.
    « ... e ti ha mai spiegato il perché?»
    Un'altra verità celata, non avrebbe confidato loro dei suoi poteri.
    « ... E ti sei mai chiesto il perché?»
    Presto, le risposte finirono di esistere, sostituite da ammissioni di ignoranza. Cercai la mano prima del bambino davanti a me, poi della bambina di prima.
    « È successo anche a me sapete? Prima non hanno voglia di dirci le cose... Poi non hanno voglia che noi siamo con loro nelle cose che sono importanti... Poi non hanno più voglia di volere bene. Siete sicuri ne valga la pena? Per me non è valsa.»
    Non potevo leggere i suoi occhi, quando cercò di convincersi che l'Uomo Nero agisse per il loro bene, anche davanti a me. Ma potevo udire il dubbio insinuarsi nella voce fanciullesca. Io non avevo chi mi voleva bene, ma non per questo loro avrebbero dovute essere strappati dalle braccia di chi provava affetto per loro. Non per il capriccio di un essere immondo.
    « Puoi sperare... ma non ti lasciare abbagliare. Lui vi ha preso i nomi, come il mio falso principe. Lui vi nasconde le cose, come il mio falso principe. Lui vi tiene con sé, senza libertà, come il mio falso principe. Non puoi sperare, devi prendere in mano il tuo destino... e tornare da chi ti vuole bene. Io l'ho fatto, ho ritrovato mio fratello e lui mi ha salvata. Non riuscite a pensare a chi vi vuole davvero bene? Non pensate che saranno preoccupati? Loro non vi hanno mai preso i nomi, né vi hanno rinchiuso nel buio.»
    Mi chiesero se pensassi che fosse possibile tornare da chi li amava, ed io diedi loro l'unica cosa potessi regalargli: speranza. La speranza che non conoscevo.
    « Sì. Credo di sì. Pensate intensamente ai ricordi che avete... ai volti di mamma e papà, dei vostri fratelli e sorelle... ai loro di nomi alle loro voci, le loro voci che hanno chiamato i vostri nomi. Ricordatevi cosa provavate quando vi tenevano tra le braccia e... e ritroverete la strada. La ritroveremo insieme.»
    La consapevolezza nelle parole del bambino, fu seguita da un'altra voce, che non aveva nulla di giovane: minacciosa, prometteva una punizione ed ad udirle il mio sangue ribollì; pensai a Deimos, ma ancora di più a mio padre ed alle parole che tanto somigliavano alle sue. Affilai lo sguardo, misi mano all'elsa di una delle mie daghe.
    « No.»
    Ma non la estrassi, tornai ad inginocchiarmi sul ragazzino, indicando la scala a pioli dove lui stesso avrebbe voluto che io fuggissi.
    « Ascoltami bene... Ascoltatemi bene. Dovete andare. Non voltatevi indietro e pensate a quello che vi ho detto io... i pensieri vi proteggono. Li affido a te, proteggili. Ora andate, via! Vi raggiungerò, ve lo prometto, ma andate, ora! ... e prendete questo con voi!»
    Cercai l'amuleto e feci per porgerlo al ragazzino dalla bocca di tenebra, quello che avrebbe dovuto guidargli alla salvezza. Non avevo da dir loro oltre. Gli volsi le spalle e chiusi gli occhi... sperando che mi avrebbero obbedito. Il mio cuore era leggero, più leggero di quanto mi sarei aspettata.


    ⚔ Zanna

    ⚔ Energia: 82,5% - 3,5% - 7% = 72% (Uso Senses of the Hitman e Furia Rossa in supporto)
    Condizione fisica: Ottimale (Critico + Alto)
    Condizione mentale: Determinata

    ⚔ Misericordie II lvl - Set di Daghe
    Draghetti III lvl - Coltelli da lancio
    Armatura in cuoio e acciaio II lvl

    ⚔ Night Shade: Agilità +50% - 25% salute
    Dulach Mästerin: Maestria coltelli + 25% / Precisione + 25% - Doppia passiva
    Sinister Blade: Antiauspex visivo / uditivo - Doppia passiva

     
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40 replies since 20/2/2018, 18:01   1658 views
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