Ravdösha

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    Trafiletto Modifiche30/11/2021 - Topic Aggiornato alla Patch "Scandrial" 3.0



    Introduzione


    Ravdösha è una terra di roccia e ghiaccio, mutata per sempre dal potere incontenibile del Soffio del Gelo. Patria dei gelidi e chiave di molti dei misteri che tormentano tutt'ora gli studiosi di questo mondo, questa regione affascina gli atlassiani con le sue stranezze, ma poche sono le creature che possono varcare intoccate i suoi confini. Se altre regioni sono tormentate dai conflitti interni e dalle pressioni sui confini, la Ravdösha è invece una terra politicamente tranquilla in cui le tribù si contentano di sopravvivere e si gettano in una costante lotta contro la natura che ne costituisce lo stile di vita. Questo splendido isolamento è considerato da molti dei suoi abitanti una benedizione, e solo quei viaggiatori che sanno badare a se stessi qui si sentono a proprio agio.


    Descrizione


    «È la patria dei Ravdöshi: se il gelo non ti ucciderà, è probabile che ti accolgano. Cerca di non pretendere da loro altro che non sia ghiaccio, pericolo e morte e vedrai che ti troverai bene.»

    ― (Vivian Haster, giramondo umano.)



    ravdosha_2_
    La patria di Ravdoos è una landa gelata che si estende dai Picchi Gelidi di Veh Dreyva fino alle prime roccaforti di mangiapietra dell'Hederath centrale. Occupa quella porzione di territorio al confine col mare ghiacciato nell'immediato nord di Nash Andii ed è interamente ricoperta da una tundra aspra e tanto inospitale da respingere persino gli Aberranti come una barriera naturale. In lingua ravdö il suo nome significa «patria del gelo» ed è pertanto abitata soprattutto da Ravdöshi, Hederati e creature incredibili toccate dal Soffio, e sono in pochi gli uomini forti a sufficienza da avventurarsi nelle sue profondità per scopi diversi dal ricevere l'abbraccio del gelo.

    Agli albori dell'Età dei Molti la regione era nota come Beria, e non era fredda, inospitale e dura quanto lo è adesso. Con la nascita dei gelidi, però, è venuta anche una radicale evoluzione del territorio, che sotto il loro controllo è andato sviluppandosi in lungo e in largo fino a farne la seconda regione più importante del Nord, benché fra le più estranee e meno visitate. I primi insediamenti di Ravdösha sono nati a ridosso dei labirinti ghiacciati che sono il suo centro, cunicoli scavati nel ghiaccio proprio dal Soffio del Gelo, che ha la facoltà di mutare quelle creature che osino spingersi fin dentro le sue cavità. La ricerca del Soffio del Gelo è in particolare una ragione di vita per molti abitanti della regione e lo studio dei suoi meccanismi e della sua natura ha condotto qui a più riprese maghi e ricercatori da ogni dove. Costoro talvolta hanno investito anche ingenti somme di denaro allo scopo di svelare l'arcano e aggressivi sono stati i loro tentativi, finché le terre gelide non hanno avuto modo di difendersi da sole per mezzo delle stesse creature che esse mutavano. I primi agglomerati urbani sono sorti attorno al decimo o al ventesimo anno dall'apparizione dei primi Gelidi e presto si sono moltiplicati, ma ci sono voluti almeno due secoli nei primi Anni della Solitudine affinché il nuovo popolo capisse come sfruttare a proprio uso e consumo il ghiaccio che è per i gelidi come creta fra le mani, allo scopo di edificare la capitale Vas-Ravdosh.

    Ad oggi Ravdösha è un ambiente pressoché inesplorato e considerato troppo selvaggio da chiunque non sia un Gelido o un Mangiapietra, che sono molto gelosi dei suoi segreti e malvolentieri li condividono con qualcuno. L'estesa tundra che ricopre l'intera regione è di fatto una distesa dove la vita è in larga parte assente, eccezion fatta per assai sporadiche e incomprensibili macchie verdi che però non producono frutti a sufficienza né altro particolare sostentamento a misura d'uomo o animale, fatto che rende difficile praticare una qualunque forma di allevamento per larghissime porzioni di territorio. Mostri e spiriti alimentati dal ghiaccio sono diffusissimi e una grande porzione della vita della tundra si sviluppa sotto il suolo o dentro le montagne, dalle quali a volte fuoriesce con effetti disastrosi per gli insediamenti meno difesi. Una tale inospitalità fa di questa regione una delle più rare mete di pellegrinaggio di Atlas e le genti più comune devono arrendersi agli insediamenti di confine, seppure importanti vie mercantili arrivino anche a lambire i piedi del labirinto eterno: assai affascinanti e di grande prestigio per le popolazioni del sud di Atlas sono ritenuti i monili e le attrezzature Ravdöshi, ricavati da un ghiaccio che non si scioglierà mai, ed è anche tramite questi che il nord si arricchisce e sostenta. D'altro canto, per un Gelido questo territorio rappresenta una patria di valore inestimabile e materiale da leggenda per i pochi eletti in grado di visitarle sono le sue città edificate nel ghiaccio, o scavate di quando in quando nelle profondità delle montagne, che celano molteplici ricchezze e misteri.


    Luoghi di Interesse


    «Prendi fiato, inspira a fondo, sentilo. L'aria non ha odore, i tuoi occhi distinguono a malapena il blu e il grigio, i suoi sono ovattati. Qui c'è solo il freddo.»

    ― (Ustagor Mira.)



    Vas-Ravdosh_1_
    Vas-Ravdosh. La vecchia capitale della Beria è una delle favolose città scolpite nel ghiaccio dei Gelidi e sorge sulla soglia del mondo sotterraneo, inglobando i primi chilometri di cunicoli di un immenso sistema di caverne che molto più a nord-est si affaccia sul Labirinto Eterno. Le strutture originali di pietra sono massicce torri verticali che somigliano a titaniche stalattiti e stalagmiti e dovevano ospitare una popolazione numerosissima, ma i dimenticati primi abitanti di queste arcologie sono stati scacciati dal Soffio del Gelo quando questo ha congelato le loro sorgenti termali e strangolato gli acquedotti nella propria morsa. Le vestigia, in parte rese inagibili dal ghiaccio solido, sono poi state reclamate da bande di Gelidi in cerca di una casa sicura.

    I nuovi coloni hanno collegato le diverse torri con ponti di ghiaccio e aggiunto nuovi sostegni per poter scavare altre strutture che necessitano di maggiore solidità nella pietra massiccia. La città è particolarmente ostile ai viaggiatori in quanto non dispone di luoghi che siano propriamente riparati dal Soffio, che anzi spira in ogni suo angolo. Ne consegue che quanti vogliono sostare devono utilizzare la magia per poter tollerare le temperature estreme, e i criomanti e gli sciamani Ravdöshi sono più che lieti di fornire gli incantesimi necessari al giusto prezzo. Pure, i pochi mercanti che si spingono fino a qui, sfidando le bufere, le slavine e le bestie feroci possono fare una fortuna importando ninnoli di ghiaccio magico, artefatti magici minori reperiti tra le rovine e trofei meravigliosi delle creature del Labirinto da cui i cacciatori si separano con grande difficoltà, ma che possono essere rivendute all'aristocrazia dell'est e dell'impero per cifre immense.

    La città prospera anche come meta di pellegrinaggio delle tribù di Gelidi, che lo ritengono un punto di ingresso ottimale per consentire ai propri giovani di entrare nel Labirinto e affrontare i propri rituali di passaggio. Questo significa che c'è un traffico costante, tant'è che Vas-Ravdosh è il principale luogo di incontro tra gruppi nomadici, che qui dialogano anche con gli emissari Mangiapietre del Baluardo e prendono con loro accordi inerenti la sicurezza del confine e lo sfruttamento delle miniere nel sud. I residenti fissi sono perlopiù pochi clan che hanno deciso di dedicarsi alla protezione della capitale e prendono la cosa come una questione d'onore. Costoro non hanno un vero e proprio governo e si affidano per le questioni giudiziarie e per l'amministrazione quotidiana alla saggezza dei propri anziani oracoli e stregoni e al diritto convenzionale del Tövis, risolvendo quando necessario le dispute più gravi con accordi e mediazioni, più di rado con la forza delle armi, quando è proprio impossibile mantenere la pace tra le tribù.

    Vas-Ravdosh, pur essendo scarsamente popolata rispetto ad altre città importanti del supercontinente, è considerata la meglio difesa: la città ha molti ingressi naturali scavati nella lunga pietra, tanto che sarebbe necessario assediarla da una dozzina di posizioni diverse per mettere in difficoltà i difensori, e l'ampio sistema di caverne contiene scorte di viveri perfettamente preservate dal freddo. Le tribù nomadi della Ravdösha poi sarebbero in grado di compiere devastanti sortite con il favore del clima, e a tutto questo va aggiunto l'effetto del Soffio. In altre parole la capitale è inconquistabile come le tribù, e simboleggia la facilità con cui, se ritenessero sconveniente lo stato di cose, potrebbero affrancarsi dalla monarchia del Tövis.



    «Un dedalo di ghiaccio che molti hanno cercato di esplorare, ma dal quale pochi sono usciti.»

    ― (Orovhi, storico hederati.)



    labirinto
    Labirinto Eterno. A nord di quello che la maggior parte dei popoli del mondo considerano essere l'estremo nord è posto il Labirinto Eterno, un insieme di cunicoli e caverne sotterranee semi-collassate e rese difficili da navigare da muri di ghiaccio solido nel sottosuolo che si intrecciano in superficie a strade anguste tra foreste congelate. Questa è la terra da cui si origina il Soffio, e qui sono più potenti e terribili i suoi effetti, che alterano tanto il paesaggio quanto la flora e la fauna. Quella che era un tempo la Beria settentrionale è ora completamente imprigionata nel ghiaccio, e i suoi abitanti sono ostili a quanti ancora desiderano il calore, intrusi nella loro tana.

    Giganteschi predatori dal manto bianco si muovono con passo felpato per affondare i denti nella carne calda dei trasgressori, siano essi ambiziosi esploratori, cacciatori di mostri o cercatori di tesori. Le rovine della vecchia Beria pullulano degli spiriti dei suoi abitanti, che il tempo ha privato di memoria e coscienza, ma non dell'odio per i corpi caldi che disturbano i loro domini. Incatenati dal gelo perfino nella morte, sono eterni guardiani dei propri cimiteri. E a queste forze devono aggiungersi le imprevedibili bufere che sono all'origine di tante spedizioni perdute e che sembrano muoversi con accurata malizia tra i passaggi. Questo è quanto vedono la maggior parte degli esploratori, e a queste regioni più meridionali del Labirinto si fermano anche la maggior parte dei pellegrini Gelidi, che così hanno completato i propri obblighi nei confronti del proprio divino progenitore.

    Spingendosi ancora più a Nord, tra gli stretti passi montuosi, si scoprono però orrori deformati più profondamente dal Gelo, creature dal corpo livido e rigonfio che sono mosse non da fame, ma da un animato odio per i trasgressori, e ancora mostri di puro ghiaccio e vento che non hanno compassione per le creature di carne, e forse perfino i draghi dei tempi antichi che hanno perso il proprio cuore di fuoco e hanno ricevuto in cambio qualcosa di ben più sinistro. Qui le rovine cambiano aspetto e accennano a qualcosa di più antico, a reliquie dell'Età dei Molti che per nessun motivo dovrebbero essere disturbate. L'origine di queste strutture è ignota, e le molte speculazioni affondano le proprie radici in leggende popolari inaffidabili, ma quanti ne scopriranno i segreti certamente saranno ricordati tra i più celebri cronisti e savi del mondo. Pure, più in profondità ci si addentra più le tempeste si fanno crudeli, tanto che si mormora del Vero Freddo che può far tremare i Gelidi e di folate di magia che spazzano via gli incantesimi di protezione con la maestria di un arcimago.

    In ultimo, si dice che al termine del Labirinto sorgano le coste meravigliose del Mare del Tempo e i porti da cui salparono gli Eterni su bastimenti di solida luce, diretti verso altri mondi o forse verso nessun luogo. Ma queste sono solo leggende, nessuno ha mai raggiunto l'altra estremità del Labirinto, così come nessuno ha mai raggiunto il suo cuore per contemplare l'origine del Soffio.


    Personaggi Rilevanti


    «Non era mai successo che un oracolo sapesse indicarmi la posizione esatta di uno Strigotauro, e anche un tracciatore con indicazioni precise ha bisogno di almeno tre giorni nel Labirinto per tracciarne uno. Ma due volte Voskel mi ha detto dove avrei trovato la preda, e due volte ho trovato senza cercare.»

    ― (Isor Goa, cacciatore Ravdösh.)



    voskel
    Itram Voskel. L'anziano Voskel è un vecchio cieco di statura piuttosto modesta per un Gelido. Le cicatrici sul corpo dimostrano chiaramente che è stato un guerriero e cacciatore, e poiché ha raggiunto una veneranda età uno capace, ma nelle ultime due decadi si è lasciato alle spalle il duro stile di vita dei nomadi. Unico sopravvissuto di un gruppo recatosi in pellegrinaggio nel Labirinto, vive ai margini della propria tribù, ma si è guadagnato tra gli anziani una formidabile reputazione come oracolo e indovino, per quanto lo stigma sociale della passata sconfitta gli sia rimasto addosso.

    Non molti ricordano l'evento, né pare inusuale ai forestieri: un convoglio si inoltra nelle regioni meridionali del Labirinto per compiere i riti di passaggio, ma i capricci del Soffio condannano i viaggiatori e c'è un unico sopravvissuto. Però Itram era alla guida di quella spedizione, doveva proteggere i giovani della sua gente, e aver fallito nel proteggerli significa che la sua tribù ha perso una generazione di guerrieri e cacciatori. Peggio ancora, lui è fuggito per mettersi in salvo come un codardo, disonorando se stesso e la sua gente. I suoi lamenti su quanto è successo tra i ghiacci erano sconclusionati in principio, ma quando i suoi parenti non vi hanno dato ascolto li ha messi a tacere.

    Ora è un relitto del guerriero che fu, legge le ossa e riferisce i sussurri del Soffio a carovane e avventurieri che passano per Vas-Ravdosh, oppure mendica per sopravvivere e cerca di tenere a bada i ricordi e le voci. Corre però voce tra i cacciatori esperti che Itram Voskel abbia visto qualcosa di terribile nel Labirinto, qualcosa che non doveva essere visto, e questi sussurri sono avvalorati dall'accuratezza delle sue previsioni, che hanno sempre garantito rituali propizi e cacce fortunate a quanti hanno scelto di affidarsi a lui. Pare però che la finestra sia chiusa: il vecchio oracolo non ricorda o non vuole ricordare, e quanto si riesce a estorcergli dei suoi segreti è troppo confuso perché se ne possa ricavare qualcosa.



    «L'ho visto, sì. Cavalcava una pantera bianca e ha incrociato la sua ascia con il mio spadone. Il suo primo colpo ha crepato l'acciaio, tanto era freddo, e mi sono dovuto difendere da altre tre cariche. Svaniva nella tormenta come un fantasma, e poi semplicemente non è riapparso. Io... non tornerò, ho preso abbastanza, è il momento di appendere le armi al chiodo. Beh, quel che ne rimane...»

    ― (Morol-Gotti, avventuriero in pensione.)



    cavaliere_1_
    Il Cavaliere Blu. Cavalca un destriero livido, a volte un cavallo, a volte caribù. Brandisce una lancia o una spada, la punta arrugginita e incrostata di sangue. Alcuni dicono sia un Gelido, altri un Qytir o un umano, ma è difficile dirlo: l'elmo gli copre il viso e solo un respiro affannoso ne esce, la condensa ben visibile quando parla con voce tetra. Le mani sono scoperte e scarnificate, quei lembi di pelle che continuano a penzolare resi grigio-bluastri dal freddo delle profondità del Labirinto. L'armatura arrugginita è coperta di ghiaccio e sembra cadere a pezzi, ma da secoli i viaggiatori continuano ad avvistarlo.

    A volte sbarra il passo ad avventurieri solitari, incrocia le armi con loro tra le folate gelide e decide se sono degni di proseguire, concedendo la pietà dopo averli vinti in battaglia o falciandoli senza rimorso. A volte carica le creature selvagge per salvare un gruppo di giovani Ravdöshi dalla morte certa, e in questo modo risolleva le sorti di una tribù, e altre volte ancora carica assieme alle mostruosità del Labirinto per sgominare cacciatori di bestie e tesori. Tutti coloro che hanno incontrato il Cavaliere Blu e sono sopravvissuti per raccontarlo dicono di non ricordare chiaramente il suo volto o la sua voce, solo vaghe e terribili sensazioni e una lugubre ombra che lo seguiva ovunque, ma soprattutto non hanno più desiderio di inoltrarsi tra i cunicoli.

    Gli anziani delle tribù e i menestrelli sono molto inventivi, ma nessuno sa chi sia davvero il Cavaliere Blu. Alcuni parlano di uno spirito della terra legato all'antica Beria e mutato dal Soffio in maniera terribile, incatenato non diversamente dagli altri spiriti delle rovine congelate. Altri suggeriscono un re o eroe del passato ritornato per portare a compimento una antica e sconosciuta missione dalle conseguenze inconcepibili, o un campione soggiogato dal Soffio per un oltraggio al volere degli Eterni e costretto a custodire il Labirinto per i secoli a venire.



    «La bestia più feroce del Labirinto non è fatta di carne e ghiaccio, ma di solida pietra. Pure, non sembra che le sue cacce ci siano di ostacolo, la ricerca prosegue con regolarità.»

    ― (Mumul-Modrag, osservatore hederati.)



    doi
    Kralkan-Doi. Tra i veterani cacciatori di bestie Ravdöshi, che sono leggende tra i giovani delle tribù, la Mangiapietre Kralkan-Doi è una leggenda a sua volta. Questa amazzone di basalto ha vissuto per dieci anni nelle profondità del Labirinto, nutrendosi di rocce congelate e strisciando sui fondali frigidi e bui dei laghi di ghiaccio per sfuggire ai predatori. I suoi occhi di cristallo, inutili tra le tempeste di neve, si sono atrofizzati, e la testa ha assunto una forma bestiale mentre gli spigoli rocciosi del corpo sono stati levigati dai venti gelidi e dalla furia del Soffio. Più bestia che combattente, ha imparato a conoscere i misteri del Labirinto come pochi altri.

    Mai sazia di battaglie, Doi non rinuncia mai a un'occasione per competere con altri cacciatori o per cercare prede più grandi, ma di tanto in tanto collabora con gruppi meglio organizzati per spingersi in profondità. Purtroppo per i molti curiosi, non è facile comprendere quale ritmo segreto abbia percepito tra gli anfratti del Labirinto, ma è chiaro che stia cercando qualcosa di ben preciso, o qualcuno. La sua ossessione è spesso tradita da riferimenti criptici nel conversare, così che il suo modo di comportarsi risulta fuori luogo e alienante anche per gli altri Mangiapietre.

    La guerriera è nota come maestra di combattimento corpo a corpo a Vas-Ravodsh e nei dintorni in quanto compete nei tornei delle tribù di Gelidi e si dedica occasionalmente a lavori da cacciatrice di taglie e scorta armata, sgominando con facilità i briganti della regione che hanno la sfortuna di incappare in lei. Questo le consente non solo di mantenersi, ma anche e soprattutto di mantenere la propria reputazione e raccogliere informazioni sui combattenti più feroci della regione, così da sapere con largo anticipo quali sono i potenziali alleati e da chi guardarsi all'interno del Labirinto. I suoi modi bestiali però sono tanto famosi quanto la sua forza, e tra i veterani della caccia nel nord si sussurra che non sia troppo saggio darle le spalle dopo che la preda è stata abbattuta.


    Avvenimenti Attuali


    «cit.»

    ― (cit.)




    Edited by Tied - 30/11/2021, 16:53
     
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